[il ControEditoriale] Riformismi e PD
venerdì 24 luglio 2009 | Scritto da tomasoboyer - 1.775 letture |
Negli ultimi giorni i toni, ma soprattutto gli argomenti, usati dai due principali candidati alla segreteria del Partito Democratico, si sono improvvisamente accesi, dando vita ad un batti e ribatti fatto di accuse, delegittimazioni e chiamate alle armi dei rispettivi colonnelli. I giornali hanno cominciato a pubblicare improbabili schemi, che rappresentano la “galassia democratica”, dove i nomi di politici, cantanti, artisti e giornalisti sono collocati più o meno vicino ad uno piuttosto che all’altro candidato.
Conseguentemente a questa escalation, la discussione si è spostata su un livello diverso, più televisivo e più duro. Il modo in cui i due candidati stanno impostando le rispettive campagne elettorali, somigliano molto a strategie già usate: da una parte l’attacco, usato per anni contro Berlusconi; dall’altra la creazione di un orizzonte ideale nuovo, che era stato punto di forza di Veltroni nel congresso del Lingotto.
Slogan ideali sui grandi temi e attacco frontale dell’avversario sono stati, negli ultimi anni, uno dei punti su cui Ds e Margherita hanno puntato maggiormente, fatta eccezione per il fertile e già bruciato periodo dei primi circoli per l’Ulivo.
Veltroni aveva giustamente criticato l’idea che il PD potesse fondarsi sull’antiberlusconismo, rafforzando invece la componente ideale e passionale. Nel periodo in cui è stato segretario, il suo operato è stato per gran parte rivolto al tentativo di creare un orizzonte nuovo, una “frontiera” nuova per il riformismo italiano. Un rinnovamento innanzitutto stilistico e comunicativo, al quale si sarebbe dovuto accompagnare un rinnovamento politico, dirigenziale, strategico e programmatico, che purtroppo non c’è stato.
Le posizioni politiche del PD sono state spesso poco chiare e poco decise, ma soprattutto sono emerse solo ed esclusivamente in conseguenza di disegni di legge proposti dal PDL.
Al PD è rimasto l’orizzonte ideale, ma ha perso completamente la capacità di interpretare gli umori e i bisogni dei cittadini e di tradurli in una linea politica chiara e riconoscibile, lasciando suo malgrado emergere solo le due caratteristiche più negative della tradizione di sinistra: lo snobismo e l’arretratezza.
Io continuo a pensare che la risposta di rappresentanza che un partito deve dare ai propri elettori sia doppia: da una parte deve dare un’idea di paese, mentre dall’altra deve interpretare gli interessi e i bisogni individuali dei cittadini. Solo in questo modo può raggiungere quel consenso necessario nel cruciale momento elettorale.
Diventa quindi necessario per il PD, avviare una riforma interna dei propri processi di discussione politica, prima che dirigenziale. Quello che il PD deve promuovere, sono i processi di discussione e analisi dei problemi, i circoli, i blog e tutte le realtà dove i militanti e i simpatizzanti possono confrontarsi e proporsi.
Deve guardare con interesse e ammirazione ad altri partiti riformisti dove spesso tale processo è più fervido, accogliendo le loro idee e innovazioni, coinvolgendoli senza egemonizzarli, secondo la classica prassi della sinistra italiana.
L’idea di indire elezioni primarie per l’elezione di un segretario, senza che ci sia democraticità sulla definizione dei programmi, nè sulla scelta dei candidati, mi pare sia una strada fallimentare in partenza.
Se il PD non avvierà questi processi, temo che uscirà dal congresso sempre più indebolito, costringendosi all’opposizione e regalando voti e visibilità a Di Pietro.
_ Tomaso Boyer, 27 anni, Genova
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