[E poi ci sarebbe da leggerlo st’accordo] Pomigliano, Mirafiori ed il disastro Italia
giovedì 13 gennaio 2011 | Scritto da Redazione - 990 letture |
articolo di Stefano Ferrini
si dice che il modo migliore per parlare di un argomento sia conoscerlo ed il limite maggiore della politica italiana sia il discutere sul niente, il “parlarsi addosso”… Qui si cerca di fare in primo luogo un po’ di chiarezza su cosa dice questo benedetto/maledetto accordo di Mirafiori. Non è poco. A ognuno il suo giudizio, al neolabourante Stefano il suo.
L’Italia arranca, è ferma, al palo. Malgrado la previsione del Fondo Monetario Internazionale che prevede di chiudere il 2010 con crescita del PIL dell’1% e prevede per il 2011 una crescita dell’1,3% (nell’Eurozona rispettivamente 1% e 1,6%), il rapporto “Obiettivo crescita”, diffuso dall’Ocse rileva il crescente divario dell’Italia dalle grandi economie del mondo. Il nostro Paese si colloca in 19esima posizione su 29. Tra le cause della scarsa performance italiana la minore produttività e il basso utilizzo del lavoro, soprattutto tra giovani, anziani, donne e nel Sud. Altri fattori di debolezza su cui intervenire sono la riduzione della proprietà pubblica e delle barriere normative alla concorrenza, il miglioramento del sistema di istruzione, soprattutto universitario con più incentivi per la ricerca, e il decentramento della contrattazione salariale.
Senza contare che l’energia italiana costa in media il 56% in più che nell’Eurozona. Tornando invece al FMI, per la differenza del Pil pro capite rispetto agli Usa, la Penisola registra un divario superiore al 30% rispetto al 2007. Non solo; negli ultimi dieci anni è l’Italia il Paese che è cresciuto meno al mondo: sempre il FMI colloca il nostro paese al 179esimo posto su 180, dietro di noi solo Haiti per motivi facilmente intuibili legati alle catastrofi naturali. La crescita in Italia è quindi ferma da tempo; analizzando gli ultimi dieci, periodo sul quale si basa l’esito di questa ricerca, l’Italia ha viaggiato su ritmi di crescita molto bassi, con una ricchezza aumentata appena del 2,43%. Risultati deludenti se paragonati a quelli di altri paesi come Spagna (22,43%), Usa (17,77%), Francia (12,53%), Germania (8,68 %), Portogallo (6,47 %) solo per citarne alcuni.
In questo quadro dire di no ad investimenti che mantengono produzioni in Italia è semplicemente folle ed irresponsabile! Se vogliamo continuare a dare una prospettiva di sviluppo e di crescita dell’economia italiana, se non vogliamo perdere produzioni industriali e lasciare all’Italia solo un futuro di “Disneyland europea”, come disse anni fa Giuliano Amato, dobbiamo accettare le sfide della globalizzazione. Non abbiamo scelta, non c’è un piano B e chi ne alimenta l’idea sparge solo una demagogica illusione contro cui proprio il mondo del lavoro rischierebbe di fare i conti. Conti drammatici.
Gli accordi di Pomigliano e Mirafiori cosa chiedono e cosa danno ai lavoratori?
Mediamente, 10 minuti in meno di pause durante il lavoro, che però sono retribuite.
Riduzione dell’assenteismo colpendo, nella eventualità che l’assenteismo per malattia non si riduca al 6 % nel 2011 e al 3,5% dopo il 2012, i casi di ripetuti certificati medici di 5 giorni nelle giornate lavorative che precedono o seguono festività, ferie o riposi non pagando 1 o 2 giorni di malattia. Chi fa il furbo, quindi. Una commissione paritetica tra azienda e sindacati individuerà però i singoli casi dove non sia applicabile tale azione per oggettive situazioni di malattia. E sono naturalmente esclusi i casi di infortunio sul lavoro o quelli di gravi malattie (tumori, morbi rari, patologie gravi, ricoveri ospedalieri, fasi termminali di vita). In realtà dove l’assenteismo è molto forte, si capisce bene come queste misure siano assolutamente necessarie.
Produzioni mediamente su 3 turni per 5 giorni settimanali (una di 4 giorni, e una di 6 giorni settimanali), esclusa la manutenzione che sarà ovviamente sempe presente con 3 turni per 7 giorni. In caso di picchi di produzione, si aumenteranno i turni sempre di 8 ore e si potrà procedere, in via sperimentale e con l’assenso dei sindacati, a turni anche di 10 ore, con 40 minuti di pause e mezz’ora per la refezione (questa sempre presente anche con le 8 ore). Le ore effettive di lavoro che superano le 8 (nello schema sperimentale a 10 ore ad esempio) saranno pagate al lavoratore di più.
Sugli straordinari, fermo restando un 20% di personale che potrà rifiutarsi per motivate esigenze, potranno essere gestiti dall’azienda per far fronte alle necessità produttive e di mercato, previo preavviso di 4 giorni.
Creazione infine di varie commissioni paritetiche azienda/sindacati per affromtare varie questioni.
Tutto questo per portare dagli USA nuove produzioni in joint venture tra Fiat e Chrysler di Suv ed auto per Alfa Romeo e Jeep, da piazzare per oltre il 50 % all’estero e specialmente in America.
Oltre 1 milardo di euro, 1000 auto al giorno, 250/280.000 auto all’anno!
Concludendo, l’accordo prevede:
1. più flessibilità, remunerata in più;
2. investimenti per oltre 1 miliardo;
3. Mirafiori stabilimento strategico per la joint venture Fiat Chrysler;
4. possibilità di aumenti occupazionali.
Perchè la FIOM non ha firmato?
Davvero pensa di fare gli interessi dei lavoratori dicendo no a tutto sempre e comunque? Si può evitare di stare nella globalizzazione e nelle sue sfide, visti i dati pessimi sull’Italia elecati all’inizio? Dove è la violazione dei diritti sindacali e dei lavoratori in questo accordo? Si dice che la norma del contratto che esime l’azienda dal dare seguito ai suoi impegni di fronte ad atti contro l’accordo (come uno sciopero) viola il diritto dei sindacati. Ma se sono i lavoratori, democraticamente, con la partecipazione al referendum, a dire sì o no a questo contratto, dove si violano diritti e democrazia? E’ più importante il parere, per quanto autorevole di un sindacato o quello della maggioranza dei lavoratori? Conta di più il 51% o il 49% (ammesso che queste siano le cifre del risultato finale)? Certo, forse, se TUTTO il sindacato fosse stato unito nel voler accettare la sfida di GOVERNARE LA GLOBALIZZAZIONE (E NON DI SUBIRLA, COME DI FATTO PROPONE LA FIOM), si sarebbe potuto ottenere un po’ di più. Ma se si va ad un tavolo con l’obiettivo di rompere perchè più che sindacato si fa politica, diventa difficile parlare di unità sindacale ed alla fine chi ci rimette solo solo i lavoratori che si trovano un fronte sindacale diviso.
Chi lavora in fabbrica, legga bene questo accordo e si chieda se è poi così negativo come la FIOM lo descrive. Confronti come lavora lui e come lavorerebbe con tale nuovo accordo e comunque lo inquadri su quei dati elencati sul disatro Italia e negli stabilimenti di Pomiglianio e Mirafiori, con le loro modalità di assenteismo che tutti conosciamo. Non credo che alla fine arriverebbe a dire no all’accordo, perchè malgrado l’indebolimento del fronte sindacale provocato dalla FIOM col suo atteggiamento, quello che hanno strappato FIM e UILM e gli altri sindacati firmatari è davvero molto.
C’è invece cosa che assolutamente non va e su cui occorre porre rimedio: l’esclusione della FIOM dalla rappresentanza sindacale in fabbrica. Questo è davvero inaccettabile, in ogni organismo democratico hanno diritto di stare maggioranze ed opposizioni. Chi è in maggioranza deve poter governare, chi è all’opposizione deve farla, senza rivendicare però nessun diritto di veto. Questo deve avvenire anche nelle rappresentanze sindacali. Su questo la politica, assolutamente assente prima e durante l’accordo, deve fare la sua parte.
Stefano Ferrini, 42 anni, vive nella ridente cittadina di Piombino dove è impiegato alla Lucchini -azienda siderurgica- non avendo ancora capito l’oggetto del suo impiego. Si diletta da vari anni in politica sostenendo sempre posizioni minoritarie in un partito ormai da tempo minore ed ha ripreso ad allenarsi a rugby dopo un po’ di anni di assenza. Amando la musica, nel poco tempo libero, tra una bizza e l’altra delle sue 2 bimbe, organizza con altri svitati un festival nazionale della canzone.
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