[Berlusconaria] Quo usque tandem abutere, Berlusconi, patientia nostra?
domenica 23 gennaio 2011 | Scritto da Plex - 5.283 letture |
Così iniziava uno storico discorso pronunciato da Cicerone l’8 novembre del 63 avanti Cristo. Lui ce l’aveva col sovversivo agitarore Catilina.
Labouratorio invece, si rivolge al sovversivo agitatore Berlusconi, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.
Fino a quando abuserai, Berlusconi, della nostra pazienza?
Non c’è astio nè odio in questa semplice domanda. Soltanto una semplice constatazione, accompagnata dall’enfasi retorica che accompagna il gusto della citazione. Ed è senza nessuna particolare gioia che gliela esponiamo, Presidente.
Lei si è cacciato in un vicolo cieco dal quale non ha possibilità di uscire.
Vivacchia ormai da mesi, ostaggio com’è di un parlamento senza più il sostegno di quella che era un tempo la Sua maggioranza, costretto a comperare di volta in volta in voti che Le garantiscano di non essere sfiduciato.
Tentenna continuamente, desideroso di andare al voto ma impossibilitato a scegliere la strada delle urne per via di una legge elettorale da Lei voluta che garantisce in modo inequivoco l’assenza di una maggioranza al Senato, nel quadro politico che Lei ha imposto alienandosi di volta in volta l’appoggio di consistenti settori della Sua parte politica.
Avvampa di rabbia senza via di fuga, braccato com’è da magistrati forse a Lei pregiudizialmente ostili, ma certamente decisi ad inchiodarla su un’inchiesta riguardante comportamenti illeciti frutto di una Sua colpevole debolezza (si badi bene, si può discutere, e abbiamo già iniziato a farlo, la metodologia d’indagine impiegata e le maliziose scelte investigative che hanno portato alla luce il tutto proprio ora, con tempistica forse sospetta, ma ci sembra più che fondata l’accusa di avere compiuto “atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica” come recita l’articolo 600 bis del Codice Penale).
Si tormenta per l’immagine sfuocata di un governo incapace di produrre risultati tangibili e riconosciuti al di là del risanamento economico, di cui sa però bene si intesterà il merito il Suo ministro dell’economia, che Lei stesso ormai accredita come capofila di coloro che vogliono farLe la pelle, all’interno di un partito di zombie, meta’ servi e meta’ pallidi figuranti.
Arso dall’ossessione di ripulire un’immagine ormai irrimediabilmente macchiata che La rende zimbello dei maggiori quotidiani dei paesi occidentali e che la tormenta nella sua zelante adorazione di sè stesso.
A questa lampante assenza di prospettiva Lei però oppone un ostinato rifiuto della realtà. Lei risponde alle gigantesche ragioni di opportunità politica che Le consigliano un passo indietro con una pervicace resistenza a oltranza, che in virtù della sua posizione di privilegio politico ed economico, e al suo perdurante conflitto di interessi, si traduce quando va bene in un perdurante stallo della vita politica del paese, e quando va male in un imbarazzante scempio della dignità nazionale.
Come il Creso descritto da Erodoto, Lei è accecato dalla “hubris”, la tracotanza di chi si crede superiore alle leggi umane e divine. Fino a quando?
Qual è il suo limite Presidente? Fin dove condurrà la sua smania di sopravvivere a sè stesso?
Ha da tempo varcato la sottile distinzione tra l’essere “grande comunicatore” o “venditore di fumo privo di qualsivoglia credibilità” arrivando a fare uso degli stessi strumenti di propaganda, vecchi quanto il mondo, usati da dittatorucoli da quattro soldi. Ha fatto scempio della prassi istituzionale, ha fatto terra bruciata del dialogo e rispetto tra i vari corpi dello stato. Ha da tempo smesso di mostrare di credere al valore della forma, che Si costringe a fare finta di ignorare essere in democrazia sostanza. Il tutto per perseguire una sopravvivenza senza direzione.
Noi non siamo tra quelli che non hanno provato a comprendere le ragioni politiche che l’hanno portata a ripetuti successi elettorali. Riteniamo tuttora legittima la prospettiva di una “rivoluzione liberale”, nei termini in cui la presentò durante la sua discesa in campo del 1994. Riteniamo fondata la preoccupazione per un governo retto da una fetta consistente dell’inetta classe dirigente del centrosinistra, che tanta parte è stata delle sue fortune politiche. Aborriamo sinceramente il moralismo giustizialista di matrice illiberale contro il quale Lei ha sempre mostrato di voler combattere.
Ma quand’è stata, Presidente, la rivoluzione liberale? Non è la classe dirigente cresciuta alla sua ombra ancor più inetta e incapace di quella cui doveva contrapporsi? Non si è rivelato il rimedio peggiore del male? Con che diritto Lei sbraita oggi contro i giudici che la incastreranno dopo avere sempre anteposto la risoluzione legislativa dei suoi problemi personali a una grande riforma sistemica della giustizia italiana?
Non possiamo nasconderci che per colpe soprattutto sue Lei ha finito per farsi macchietta delle più caricaturali descrizioni dei suoi avversari più acerrimi, che ciechi ad ogni ragione politica facevano dell’antiberlusconismo fine a sè stesso la propria ragione di esistenza politica. Ma Lei, con la sua irriducibile incapacità di accettare i propri limiti politici e umani, ha finito per dare ragione a chi aveva torto.
A lei che continua a dire di voler resistere, tenendo il paese in ostaggio delle sue smanie, Labouratorio chiede allora di nuovo: fino a quando abuserai, Berlusconi, della nostra pazienza?
Andrea Pisauro_26 anni, ciceroniano convinto fin dall’età della ragione, non ha ancora raggiunto l’età della ragione. Dedica questo pezzo al suo professore di latino e greco.
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