[n.28] Labouratorio e le scissioni atomiche
giovedì 26 giugno 2008 | Scritto da Tommaso Ciuffoletti - 2.223 letture |
Come editoriale leggete il contributo dell’amico e compagno Danilo Di Matteo. Questa breve premessa va invece rubricata alla voce “Istruzioni per l’uso”. Perché se su Labouratorio il dibattito intorno al Congresso del Partito Socialista è avvenuto in maniera franca ed aperta, non si può dire lo stesso per altri, ben più rilevanti, casi. Ci pare infatti che nell’aria di alcuni ci sia voglia, se non di scissione, almeno di fuga. Prova ne sia lo scontro continuo ed ormai pressoché monotematico, specie negli ultimi giorni, sullo svolgimenti dei congressi territoriali. Lo diciamo chiaramente: non ci piace né il gioco allo sfascio, né gli accordi collettivi di salvaguardia. Aggiungiamo infine che ancor meno ci piace il gioco di chi quegli accordi di salvaguardia propone, o dice di accettare, e poi li fa saltare all’ultimo momento per arroccarsi nella cittadella della purezza (chissà poi quale), tacciando gli altri di scorrettezza. E’ un gioco che, per quanto tatticamente comprensibile, non ci sembra preludio a niente di buono.
Questo è un congresso per mozioni, potrà non piacere, ma così è, quindi si voti e si conti chi è maggioranza e chi è minoranza con le annesse responsabilità del caso. Tra queste crediamo che figuri anche quella di evitare scissioni atomiche, tradizione socialista che per una volta non ci dispiacerebbe veder tradita.
Cari compagni, parlate di socialismo… di Danilo di Matteo
In ogni congresso si corre il rischio dell’autoreferenzialità. Così mi sento di ricordare ai compagni del Ps che ai più interessano poco le mozioni e le diatribe interne. Con ciò, però, non si possono eludere i temi di fondo: non basta illustrare i singoli “punti” programmatici; occorrono idee-guida, serve un metaprogramma.
Un congresso non può dirimere tutte le questioni più controverse che da anni mettono a dura prova le menti e i cuori di pensatori e militanti; un congresso, però, non deve neppure rimuoverle. A iniziare dalla domanda che anche un bambino porrebbe: che significa la parola socialismo oggi? Perché l’aggettivo democratico, al quale un tempo la si univa, sembra ormai non bastare? Dirsi liberalsocialisti è un modo per salvare a ogni costo il termine socialista?
Sappiamo da decenni che il socialismo, oltre che come sistema, può essere inteso come movimento, alla Bernstein. Ma movimento verso dove? E con chi?
Zapatero parla di socialismo dei cittadini; senz’altro una formula suggestiva. Ma quale deve essere il rapporto fra lavoratori e consumatori-utenti? E quello fra meriti e bisogni? E scavando ancora: non dovrebbero essere anche il liberalismo e la democrazia tout-court rivolti ai cittadini? E di cattiveria in cattiveria: cosa differenzia il senso della giustizia sociale proprio di chi si ispira al cristianesimo da quello dei socialisti?
I temi etici rappresentano una frontiera del dibattito sulla libertà e sulla giustizia. Più che mai oggi il perseguimento dell’eguaglianza si fonda sul rispetto della differenza. Eppure sovente si ha l’impressione che quegli argomenti vengano usati come una sorta di stampella, di fronte a una visione nebulosa delle moderne ragioni del socialismo.
SOMMARIO DEL NUMERO 28
- [n.28] Labouratorio e le scissioni atomiche
- [SuperQuark] Gatto Berlusconi gigioneggia con topolin Veltroni
- [Spunti Congressuali] Senza arroccarci su noi stessi
- [Spunti Congressuali] Il futuro della Sinistra dipende dal futuro del Partito Socialista
- [Bufale mediatiche e culturali] Di mafia e Massoneria
- [LABOURACOULTURA] The Smilin’ Shaman’s Speaking – Intervista a Matteo Guarnaccia
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