[La fine…delle seghe movimentiste] In strada, col megafono
mercoledì 9 novembre 2011 | Scritto da Redazione - 2.189 letture |
Su questo pezzo la Redazione di Labouratorio, tanto per cambiare, si è spaccata. Di più, a finito per azzannarsi in una sterile diatriba. Il tutto per la parte iniziale di questo accorato appello, che alcuni potrebbero trovare verbosa. Ma noi lo proponiamo lo stesso invitandovi ad arrivare fino in fondo e a dedicare 60 secondi di orologio a pensare a cosa direste voi, col megafono, in strada…
Ci sono voluti un pò di giorni prima di fare un’analisi di quello che ho visto e vissuto in via Merulana ed in via Cavour. Dall’adrenalina di quei momenti, alla rabbia, al rimorso: il rimorso di non aver potuto portare a termine una bellissima giornata, un momento di gioia.
Adesso, come a Genova (e solo in questo possono essere paragonabili), non stiamo più parlando del perchè eravamo lì. Stanno oscurando tutto. Non è importante tanto parlare di complotti, infiltrazioni o sabotaggi, quanto confrontarci sui nostri problemi e costruire passo dopo passo un senso di collettività, quel senso comune che (idee chiare o meno) è riuscito a far ritrovare 300000 persone: il più grande risultato per lo meno di tutta Europa.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il primo è il divieto di manifestare in corteo per la FIOM, ma ne seguiranno altri.
Mi soffermo un attimo sulla questione del rapporto tra violenza e non-violenza, una chiave di lettura prettamente pragmatica che voglio condividere con voi.
Molti indicano i manifestanti come traditori per aver applaudito l’intervento delle forze dell’ordine, ma si dimenticano che, aldilà di qualsiasi giudizio sulla figura che ricoprono, sono anch’essi vittime della crisi, come il 90% della popolazione italiana.
Senza cadere in un dibattito sterile, vorrei ricordare che il governo ha tagliato fondi pari a 60 milioni di euro a polizia, vigili del fuoco e guardia forestale. Per questo, ad esempio, le pattuglie, sulle tracce di importanti boss della famiglia dei Casalesi, sono state costrette a sospendere le indagini per mancanza di benzina.
Non ho intenzione di fare distinzioni, vorrei semplicemente che quel 90% si ritrovasse più unito possibile.
Chi pensa invece che questi atti di vandalismo siano un segno della frustrazione che stiamo vivendo dice il vero, ma non possiamo negare che colpire indistintamente macchine, banche, agenzie interinali, monumenti storici, vetrine dei negozi e delle poste (per non parlare dei saccheggi), sia il simbolo di questa società che rifiuta la complessità dei fenomeni e che ha bisogno che tutto sia ridotto a demagogia, lasciando abbandonati i giovani.
Essi sono paradossalmente i figli di questo sistema: un circuito che vorrebbe creare confusione nelle menti delle persone, appiattendole, portandole ad avere paura, a scendere in piazza. Qual è la distinzione tra chi brucia macchine o distrugge un alimentari e chi ti colpisce e ti rende precario a vita? Fra chi con bombolette spray imbratta il Colosseo ed un governo che taglia sulla cultura? C’è chi si scaglia contro la polizia chiamandoli “servi del potere”, ma cosa ne pensa di questo sistema che alimenta la guerra tra ceti medio-bassi?
Mi ha colpito in particolare un articolo di una ragazza che diceva che, anche se il corteo si fosse concluso pacificamente, non saremmo qui a parlare di finanziarizzazione, di debito pubblico e di banche, poichè non ci sarebbe stata pubblicità da parte dei mass media. Ha perfettamente ragione.
Questo fa riflettere anche su quanto siamo diventati oltremodo schiavi di un mondo basato su un virtualismo informatico che distanzia i rapporti, mentre dovremmo parlarci, riprendere la bellezza del contatto visivo e fisico. Ecco l’occasione che abbiamo davanti.
Voglio essere onesto in tutto e per tutto con voi: ho molti dubbi, nonostante il gran numero di partecipanti alla manifestazione di sabato, che sia chiaro a tutti quale sia il nemico da sconfiggere. I 300000 in realtà sono il risultato di una crisi che inevitabilmente sentiamo, ma quando ero in corteo ho avvertito che siamo ancora lontani, ad esempio, dagli indignati americani, andati pacificamente per le strade del quartiere di Wall-Street(uno dei nodi centrali).
Se chiedi in giro tanti ancora ti parleranno della “casta politica”, qualcuno invece ti dirà che sono tutti uguali…Il punto è che abbiamo bisogno come il pane di fare politica (bene infatti su questo punto ciò che dichiarano gli indignati italiani) e che essa ci sia rendendoci utili nel nostro piccolo e nella vita quotidiana. Abbiamo bisogno di non sentirci soli, di cancellare la competitività che sentiamo l’un l’altro e lo spirito individualista che ci pervade.
Per farlo dobbiamo capire perchè siamo arrivati a questo punto.
Circa 30 anni fa vi è stato un cambiamento evolutivo (o meglio “disevolutivo”) dal capitalismo che accettava il “compromesso sociale”, al capitalismo finanziario ( se vogliamo turbocapitalismo). In questa fase il disegno era ben preciso: la destrutturazione della democrazia per sovvertire l’ordine e rendere subalterno l’indirizzo politico all’indirizzo economico-finanziario. La sempre più crescente subalternità della politica in toto (anche le sinistre europee si erano appiattite al sistema) ha permesso di creare ed incrementare, a livello globale, una forbice di disuguaglianza sociale, favorendo i pochi, i ricchi.
Noi siamo stati a guardare e pian piano, dalle grandi battaglie del ’68 fino agli anni ’70, siamo diventati sempre di più schiavi di quei teleschermi. Ci hanno fatto credere che il problema era la “casta”, l’extracomunitario che, vittima anch’esso della globalizzazione nel mercato libero, veniva da noi. Abbiamo perso il contatto con la realtà, perso il lavoro fisso, i nostri diritti, siamo diventati competitivi, distanti tra noi, siamo stressati e abbiamo creato una generazione senza futuro.
Ma chi sono i “mostri”? I mostri sono gli speculatori, le agenzie di rating, le grandi multinazionali che, a differenza degli stati non hanno confini, ma sono sopratutto le banche private e non, che hanno gonfiato all’estremo i debiti “pubblici” di tutto il mondo.
Cosa sta succedendo adesso? Adesso i governi, schiavi di questo sistema a circuito chiuso ed astratto, stanno cercando di ricapitalizzare e salvare le banche. Esattamente chi ha causato la crisi del 2008!
Chi ci rimetterà? Tutti noi: diminuiranno drasticamente i posti di lavoro, chiuderanno le fabbriche, aumenteranno i prezzi, diminuiranno gli stipendi, la cultura, l’istruzione, la ricerca…Tutto per proteggere qualcosa che concretamente non esiste! Un pezzo di carta, il denaro, contro la vita stessa, l’uomo e l’ambiente.
Eccoci dunque arrivati al punto. Questo momento di silenzio ci regalerà una grande occasione e proprio perchè abbiamo bisogno di coinvolgere tutti, perchè si tratta del destino di tutti noi, è nostro dovere rendere coscienti ed obiettive le persone. Superiamo qualsiasi barriera, indignati e non, politicanti e non, associazionisti o semplici cittadini, l’importante è rendere chiare le cose! Ecco la proposta: prima di elaborare una qualsiasi alternativa, abbiamo il coraggio di fare 1-2 giorni con microfono o megafono in mano, piazza per piazza, quartiere per quartiere e spiegare con parole semplici chi sono i nostri nemici e il perchè ci troviamo in queste condizioni? E’ essenziale. So bene che non è semplice ed è per questo che chiedo la disponibilità a tutti voi: se questo messaggio avrà un’ottima adesione possiamo cercare di costruire un appello che verrà letto e riletto in ogni angolo di città, per farlo arrivare a tutti. Senza bisogno di televisione, perchè se “Maometto non va alla montagna è la montagna che va da Maometto”. E proprio perchè sono convinto che rendere consapevoli milioni di persone è molto più pericoloso che tirare qualche bomba carta e creare il caos, lascio a voi queste parole. Siamo tutti colpevoli della situazione in cui ci troviamo. Smettiamola di essere complici!
“Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo” [M.Gandhi]
Ottavio Herbstritt, cittadino.
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