[Maggianate] Penetrazioni Cinesi (V.M.18)
sabato 29 gennaio 2011 | Scritto da Alessandro Maggiani - 1.742 letture |
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13 Gennaio 2011, un serafico ministro degli esteri italiano annuncia che il presidente Ben Ali è saldo al potere e che la diplomazia italiana è al lavoro per la stabilità del mediterraneo. Da Parigi gli fa eco il ministro francese che con sicumera dichiara che la Francia si è attivata per garantire un uscita pacifica alla rivolte e ai tumulti di piazza. Solo ventiquattr’ore dopo Ben Ali sale su un aereo con moglie, corte e probabilmente oro trafugato dalle casse della banca centrale, direzione Arabia saudita, viaggio di sola andata.
All’Eliseo un imbufalito presidente Sarkozy commenta: ’’avrei potuto sapere di più sulla situazione tunisina consultando la giovane moglie (magrebina ndr) del ministro Besson!’’. Imbarazzato silenzio da Roma; non pervenuto, al solito, Lord Ashton,’’ministro degli esteri’’ dell’Unione Europea. Si consumano cosi due giorni drammatici nei quali per la prima volta dai tempi della guerra di liberazione algerina le potenze della sponda nord del mediterraneo dimostrano di non avere più influenza, contatti di intelligence e controllo di storiche aree di influenza. Una domanda scuote cosi le diplomazie occidentali: chi comanda ora nel Magreb? Chi muove le fila dell’economia, determinando la politica?
Per rispondere a questo quesito è necessario partire da un dato marginale nelle economie occidentali ma fondamentale in quelle in via di sviluppo: il prezzo dei cereali, balzato in un solo anno di circa l 83%. Possono sistemi sostanzialmente di stampo nazional-socialista come quelli algerino, tunisino o egiziano sostenere un simile aumento del costo delle materie prime senza nessuna ripercussione sociale?
Evidentemente no, non possono. Lo dimostrano i fatti di questi giorni, lo dimostrano i tumulti di piazza e la fuga del Rais di Tunisi di fronte alla rabbia di un popolo giovane, spesso scolarizzato e secolarizzato ma sopratutto con il potere d’acquisto ridotto ai minimi termini.
Ma chi determina il prezzo dei cereali nel mercato globale? Parafrasando la teoria secondo la quale un battito di ali di farfalla in una determinata zona del mondo possa provocare un uragano altrove, si può dire che lo tsunami economico politico e sociale del nordafrica sia stato scatenato da un balzo della tigre cinese sul mercato delle materie prime alimentari. E’ il capitale che fa il prezzo e a Pechino capitali ve ne sono addirittura troppi, certamente abbastanza per comprare grano, avena e simili a prezzi irraggiungibili per chiunque altro. La Cina ottiene cosi un doppio beneficio: in prima battuta interno, garantendo alimenti a una popolazione numerosissima, e poi dal punto di vista strategico, usando l’arma delle materie prime per estendere la sua area di influenza in qualsiasi zona del pianeta stretta da questo cappio alla gola.
Non casualmente è toccato al Nord Africa subire gli effetti della stretta alimentare, operazione rischiosa ma non complessa , parte di una strategia di costante e lenta ascesa dell’Impero di Mezzo come potenza dominante del ventunesimo secolo, strategia che si sviluppa su due rotte commerciali: la via della seta e la trans-sahariana, entrambe con direzione mediterraneo,Europa. In questa ottica è necessario per Pechino stabilizzare nel lungo termine l’area del Magreb con classe dirigente di fiducia, a garanzia degli ingentissimi investimenti del fondo sovrano cinese per l’Africa che, ottenuto il monopolio delle materie prime del continente nero,ha pesantemente investito nei porti marocchini, algerini, tunisini ed egiziani, scali di interscambio dei container pieni di semilavorati verso l’Europa. La Pax Cinese dopo tumulti rischiosi e di buona durata potrebbe essere realizzata pescando in quelle elite borghesi di commercianti che si stanno arricchendo attorno ai grandi scali commerciali, adeguatamente sostenute in termini di capitali, liberati dalle oligarchie familistiche dei precedenti regimi.Un nuovo corso quindi,probabilmente a libero mercato con un partito forte di riferimento in istituzioni solo formalmente democratiche,facilitato nella lotta allo spettro del fondamentalismo da un impetuosa crescita economica e da incentivi illimitati a tutela degli investimenti orientali.
Creato cosi il ponte commerciale tra nord e sud del mondo via mediterraneo, Pechino potrà marciare dritta verso l’Europa, sostenendola a debito in funzione anti-dollaro, facendo shopping sull’alta tecnologia tedesca arrivando cosi a ‘’fare il prezzo’’ del sistema economico occidentale. A Berlino sembrano aver compreso perfettamente questo meccanismo e i dati della crescita del PIL lo testimoniano, un meccanismo secondo il quale si è tecnicamente vassalli di Pechino, processo storico ineluttabile e per questo da gestire come impeccabilmente sta facendo la Cancelliera Merkel. A Washington invece, mentre sono impantanati nella copertura della via della seta in Asia Centrale, hanno visto i cinesi giungere a occidente passando da sud,con il Corno d’Africa,gia presidiato con portaerei degne di quelle americane in vista della futura ascesa anche militare nel mediterraneo. A Roma,al solito, si inneggia alla cristianità e ci si candida al ruolo di valvassini dei tedeschi, continuando a foraggiare Gheddafi a protezione dello spauracchio debole,marginale e simbolico del Islam radicale che sarà nel lungo periodo travolto dai capitali e dal relativo benessere in arrivo da oriente. Il ministro Frattini è solito citare le 36 regole dell’arte della guerra cinese, nonostante a quanto pare non le sappia interpretare. Noi rozzi come siamo ci limitiamo alle parole di un poeta sabino e sommessamente e un po preoccupati ci chiediamo come possa uno scoglio arginare il mare…
Alessandro Maggiani,buon uomo religioso ed onesto, è mantenuto dai suoi genitori per assenza di speranze. Campione di polemica ai giochi della gioventù del 1997, ha come unico hobby la contemplazione delle donne. Bombarolo mancato, ha sbagliato epoca in cui nascere.
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