[L’uomo col megafono] Ti scatterò una foto.
lunedì 16 maggio 2011 | Scritto da Redazione - 2.688 letture |
“We were young, we were reckless, arrogant, silly, headstrong — and we were right! I regret nothing.” – Abbie Hoffman
Era il 21 aprile del 2008 in via Carracci 69, a Bologna, quando tre coinquilini, colti
abitualmente da spleen, presero la grande decisione: fondare un blog che fosse una cronaca verso la fine del mondo. Con tutto quello che ci passava per la testa, quello che non ci andava bene, quello che ci piaceva. E’ così che nacque 2012, il primo sito ad avere come nome la data della sua fine. Che, però, avvenne molto prima..qualcosa, però, è rimasto: alcuni articoli e una proposta: candidare l’autore del qui presente articolo – Jacopo Frenquellucci – a leader della coalizione di centrosinistra alle elezioni del 2013. Altro che Bersani e Vendola. Noi avevamo (abbiamo) un megafono e qualcuno, dietro il megafono, ad urlarci dentro.
Questo articolo data 01-05-2008. 3 anni dopo c’è ancora il Primo Maggio. E che cosa è cambiato, in fondo?
E’ una delle deduzioni sociologiche più banali e abusate degli ultimi tempi, ma fa gioco ripeterla: dopo Orwell e il suo grande fratello, dopo il quarto d’ora di celebrità di Warhol, dopo la Endemol e il suo grande fratello, finalmente i videofonini hanno completato l’opera. Sissignori, possiamo fregiarci a pieno titolo di essere la civiltà della sovraesposizione mediatica ad ogni costo. Evitando tavole rotonde stile “Studio Aperto” o “L’Italia sul Due”, propongo piuttosto un processo di riqualificazione.
Figlioli, giovinastri in età da motorino, smettete di filmare professori che fumano in classe, pestaggi, bullismi, amichette di una sera nei bagni della discoteca (ma se sono carine, legalmente capaci di intendere e di volere, interessate a quella intellighenzia in via d’estinzione.. sulla destra c’è la nostra mail.), usate le centinaia di euri di cellulari che mamma e papà hanno sborsato per una giusta causa (la mail è sempre qua di fianco.)
Oggi è il primo maggio.
La festa dei lavoratori.
Che non è solo un giorno di vacanza in più.
E’ insieme giornata delle memoria e festa della Liberazione in fieri.
Sono soprattutto mille morti in tutto il resto dell’anno. Tre al giorno, peggio della guerra in Iraq, almeno per noi.
“Vi faccio vedere come muore un italiano”, aveva detto proprio in Iraq uno un po’ guardia del corpo un po’ mercenario, non si sa come diventato eroe.
Io so come muore davvero un italiano.
Un italiano muore carbonizzato con la pelle che si stacca nel forno di una acciaieria dopo un turno di straordinario obbligatorio, perché una fabbrica conviene chiuderla e intanto abbandonarla a sé stessa per mesi piuttosto che mettere a norma gli impianti di sicurezza.
Un italiano muore cadendo dal terzo piano di un cantiere, dove non sia mai che si lavori con imbragature e impalcature, che si perde tempo, chè adesso c’è la flessibilità, prima si finisce prima si viene pagati prima si può incominciare un altro lavoro, ma perché dico adesso che funzionava così nella Sicilia di Verga e Rosso Malpelo?
Un italiano muore schiacciato da un macchinario che costa milioni, ma che fare la revisione mica vale la pena.
Ecco come muore davvero un italiano.
O un rumeno, un albanese, un nigeriano.
Quelli che ci fanno tanta paura.
O quelli che alle sei del mattino danno il cambio alle loro cugine o sorelle o mogli sui viali, e ugualmente si vendono, e il ricco professionista benpensante li carica sulla Mercedes Station Wagon, e li porta a tirar su un terrazzo nella sua villa, o a rimettere a posto il tetto.
Perché loro, gli avvocati e i commercialisti, i soldi se li sudano, e allora mica li possono sprecare con i contratti in regola e i permessi edilizi.
A me non fa paura l’uomo nero stupratore compulsivo dei TG in orario casalinghe – perché nessuno accenna mai che nella stragrande maggioranza dei casi gli aggressori sono conoscenti delle vittime? -, a me fa paura questo nuovo borghesotto, questi ricchi di bassa lega, totalmente privi di solidarietà sociale tanto sono impegnati a difendere quello che hanno.
Non solo mi fanno paura: a dir la verità mi fa proprio schifo quell’imprenditore che vedendo morire uno di questi nuovi schiavi mentre lavorava in casa sua ha ben pensato di sotterrarlo in giardino, nemmeno seppellirlo, per non avere problemi di sorta, e poi in fondo ne arrivano così tanti..
Il primo maggio è di questo milite ignoto, e degli operai della Thyssen, e del muratore moldavo.
Ed è nostro dovere difenderli, se siamo ancora esseri umani.
Quando vedete una impalcatura traballante o non protetta – sarà che io vivo circondato dai cantieri -, o un estintore che non viene ricaricato da anni, un’uscita di sicurezza bloccata da un bidone, tirate fuori quel cellulare che loro non potranno mai permettersi, e fate una foto.
Poi che ne so, mandatela a un giornale, fatele vedere alle neonate sezioni di quartiere del partito che rifonderò a breve, o speditela a noi, la mail ormai sapete che è lì a destra
Denunciate, penalmente e moralmente, tutti questi piccoli tentati omicidi.
Abbiate il coraggio di non stare zitti, di essere persone.
Un poeta diceva “nessuno ci vendicherà: la nostra pena non ha testimoni”.
La loro ne ha, e siamo noi: ascoltate la vostra coscienza.
Buon primo maggio, allora.
Jacopo Frenquellucci, 23 anni, un passato brillante e un futuro da giornalista. O da leader della sinistra italiana.
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