[E poi c’è il mondo…] E se il G20…
lunedì 20 aprile 2009 | Scritto da Redazione - 2.380 letture |
articolo di Filippo Bovo
Il tempo ci dirà se ciò che abbiamo visto a Londra sia stata l’ennesima ripetizione, allargata stavolta a 20 paesi in luogo dei precedenti sette o otto, dei vecchi e noiosi G8 in cui l’unica nota di colore era portata dalle proteste dei pacifisti e dei no-global. Erano quelli dei G7 e dei G8 frettolosi e superficiali, nei quali si pensava di risolvere i problemi del mondo nel giro di poche ore e soprattutto facendo i conti senza l’oste: parlare dei problemi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina senza neppure una rappresentanza formale o parziale di quest’ultimi è sintomatico di una mentalità da Congresso di Berlino del 1878 e difatti il clan dei paesi privilegiati, in questi suoi vertici contestatissimi, ha agito con ottica e finalità neocolonialiste piuttosto che di illuminato progressismo. Che ci piaccia o meno, di progresso se ne parlava molto di più, e con molta più volontà e maggiori risultati, ai vertici dei paesi non allineati di Bandung, o nei vari patti di Casablanca e di Monrovia che videro muoversi personalità di tutta eccezione come gli indimenticati ed indimenticabili Mitterand, Nkrumah, Nehru, Soekarno, e compagnia bella.
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