[LABOURACOULTURA] Antonio Rezza e Flavia Mastrella: Abbiamo deciso di diventare miti contemporanei
lunedì 14 luglio 2008 | Scritto da Redazione - 2.297 letture |
A cura di: ANTONELLO CRESTI
Tempi disperati. Tempi di infertile decadènce…Nulla si staglia all’orizzonte che possa scrollare il torpore degli zombies che barcollano per le strade del mondo…L’unica differenza tra loro ed i morti sono i vermi che casualmente non affollano i corpi della categoria “semovente”!
Come de-finire il lavoro concettuale che Rezza e Mastrella ci propongono ?
Difficile incasellarli in qualsiasi esiguo gregge,difficile pensare ad un semplice compiacimento estetizzante: a noi pare che questi due grandi artisti (?) siano i due massimi messaggeri di un mondo pensante che ne ha abbastanza di speranze e consolazioni: l’orizzonte che ci propongono è la radicale negazione di ogni utopica speranza.
Rezza pur non essendolo (ma,ci chiediamo:cosa mai egli sarà?) è divenuto persino scrittore.
Bompiani pubblica il nuovo “Credo in un solo oblio”, programmatico apice di letteratura letterata.
Questo libro è un virtuosismo al di là della modalità,uno stream of consciousness libero da (fra)intendimenti di ordine intellettualistico.
Affascinati da questi messaggeri dell’apocalisse immanente abbiamo deciso di porre alcune domande a Antonio Rezza e Flavia Mastrella per cercare di capire,se mai c’è qualcosa da capire.
Le parole,si intende,sono in totale libertà.
-Antonio ha affermato di interpretare i vostri spettacoli e i vostri lavori cinematografici per pura libidine.Mi chiedo se questa sia una libidine sfrenata e caotica o non si nutra essa di qualche progettualità perversa,ma precisa.
Rezza: Non ci può essere progettualità in una cosa che non so dove mi porterà.Non ci sono obiettivi,è l’opera che ci guida non viceversa. Per me è molto più importante quello che faccio di quello che sono. Senza l’illusione di poter inventare qualcosa mi sarei già ammazzato.
-Dunque contempli l’idea di “creazione”
Rezza: Essa è alla base di ogni mio pensare anche quando non faccio niente
Mastrella: Io ho semplicemente una esigenza di esprimermi. Però questa esigenza è una incognita senza forma né tempo: io mi sento semplicemente alla deriva.
-Negli spettacoli che state portando avanti,mi sembra molto importante,vista l’organizzazione del proscenio,la diversa concezione dello spazio che vi anima.Potete darmi qualche ragguaglio?
Mastrella: Io parlerei di non-spazio:uno spazio che lotta contro la convenzione. Cambiando continuamente l’allestimento scenico,abbiamo visto che la gente percepisce lo spettacolo come diverso ed infine,anche noi lo viviamo in maniera diversa.
-Ricordo una frase del vostro film “Escoriandoli” (capolavoro uscito nel 1996) che dipinge così la realtà : “il paesaggio urbano è perfettamente modellato a misura di poveraccio”.
C’è forse un anelito antimodernista nel vostro lavoro?
Rezza: Non penso di criticare la modernità,poiché non facciamo quello che NON c’è.Noi facciamo spettacoli solo per noi stessi.Dunque anche sfruttiamo lo spazio teatrale,pur detestandolo.
-E’ forse un rito quello che fate?
Rezza: Vista la sua rigorosità estrema certamente. Io penso che dovrebbero essere arrestati coloro che suscitano false emozioni in teatro.
-Già! E invece l’unico arresto cui assistiamo regolarmente a queste recite di stato (res-citare) è quello cerebrale!
Rezza e Mastrella (all’unisono): Noi siamo alternativi a tutto!
Mastrella: I riferimenti alla realtà ci sono,ma sono così aberrati che semplicemente divengono un nuovo modo di essere.
-“Il morto è l’espressione più alta del comunismo perché non ha reddito ed è uguale agli altri morti”. Un altro bersaglio della vostra ironia è la correttissima cultura alternativa di sinistra italiana. Vi chiedo allora: Che prezzo ha essere liberi in questo paese?
Rezza: Il prezzo è altissimo,semplicemente non ti fanno esprimere. Siamo costretti a combattere con una dialettica di distribuzione,cosa che non vorremmo fare. Ma ci va bene anche questo.
Mastrella: Non ci uccidono,ma ci perseguitano.Vorrebbero farci esprimere all’interno di una specie di bolla…Non vorrei che questo servisse a farci divenire servi del potere.
Rezza: No,io credo che il nostro lavoro possa sopravvivere a prescindere da costoro.Noi siamo due miti contemporanei.La gente che esce dai nostri spettacoli si sente liberata.
-In effetti l’unico modo per dimostrare rispetto verso il pubblico è stupirlo, andare fuori dall’ovvio.
Rezza: Questo è anche l’aspetto più deteriore del nostro lavoro : il voler mostrare alla gente quanto siamo bravi. Invece una grande idea esiste a prescindere dal fatto che qualcuno venga a conoscenza di essa. Ma del resto noi tra Santità e Mito abbiamo scelto il Mito.
Mastrella: Il Mito è senza dubbio più fecondo!
-Mi interesserebbe capire il tuo rapporto con la letteratura.Si sono fatti molti riferimenti,ma hanno una qualche consistenza? C’è del progetto?
Rezza: L’analfabetismo va difeso! Io non conosco una parola dei surrealisti,che sono stati scomodati!
Io scrivo perché sento la necessità,poi viene anche pubblicato,ma questo è un fatto secondario come abbiamo appena detto.
-Avete qualche dichiarazione epocale da lasciare ai posteri?
Mastrella: Per carità…I posteri devono imparare a reggersi sulle proprie gambe e fare da soli!
E pensare che con la scusa di offrire “un mondo migliore a chi verrà” hanno fatto il deserto e l’hanno chiamato pace…
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