[A’ Francesi…] Tenetevi Carlà ma non toccateci i gioielli!
venerdì 25 marzo 2011 | Scritto da Gabriele Bardini - 1.275 letture |
Che “Odissey dawn” non sia una guerra umanitaria ormai s’è capito, così come s’è colto che l’eliseo nano voglia recuperare nei sondaggi che attestavano uno spostamento considerevole di voti verso la figlia di Le Pen rinfocolando il sentimento sciovinista del popolo francese quale PRESUNTO esportatore di libertà. Se persino il “philosophe” dei miei sabots Daniel Cohn-Bendit si trasforma in apologeta dell’operazione in nome della liberazione del popolo libico dall’oppressione gheddafiana significa che l’operazione propagandistica ha sortito l’effetto sperato.
Ma sarebbe ingenuo credere che l’analisi degli scopi di questa operazione si concluda così rapidamente: soddisfatto l’ego del piccolo Bonaparte, che potrà tornare a sollazzarsi con la nostra compatriota amica dei brigatisti, i vari potentati d’Oltralpe andranno a spartirsi in caso di vittoria lo sfruttamento delle ingenti risorse naturali della nostra antica colonia, chissà magari anche le partecipazioni libiche nelle nostre società. Basti pensare all’uranio cirenaico, fonte primaria dei reattori nucleari che l’Esagono cerca di piazzare ovunque a costo di portar avanti una campagna disinformativa di stampa dai toni catastrofici sul reattore di Fukushima (guarda caso insieme a Repubblica di Debenedetti “Sorgenia”); e al petrolio estratto da Eni, che se scalzata in favore di Total (sebbene già presente, ricordiamo che Sarkò ricevette Gheddafi all’ELISEO!) permetterebbe a quest’ultima di sopravanzare il nostro amato Cane a sei zampe nella produzione di greggio.
Parallelamente all’offensiva militare, i “cugini” transalpini continuano a comprare aziende italiane operanti in settori chiave della nostra economia nazionale, per quanto a volte i tentativi non giungano a buon fine. Per esempio il 10 marzo, la Consob impose alla Groupama, assicurazione francese, di lanciare un’OPA obbligatoria nel caso in cui fosse entrata, attraverso un aumento di capitale, nell’azionariato della Fondiaria-Sai, la banc-assicurazione di Ligresti, con il 20% del totale in un patto para-sindacale con la famiglia Ligresti che avrebbe detenuto più del 30% (in parole povere, se un socio o un insieme di soci arriva a possedere più del 30% di una società scatta l’offerta pubblica di acquisto perché è come se comandasse in autonomia senza essere del tutto padrone). Ma essi avrebbero gradito prendere il controllo dei pacchetti azionari “pesanti” della Fondiaria (0,77 % di Unicredit con Ligresti stesso consigliere, 7% circa di Mediobanca che detiene il 14% delle Generali, primo gruppo italiano per fatturato nonché diretto concorrente) sborsando meno soldi: dopo la sentenza Consob, l’Unicredit forse interverrà per cercare di evitare un ulteriore assalto ad una società fortemente indebitata come la Fondiaria, di cui peraltro è prima creditrice (grazie a Geronzi) ma detentrice di partecipazioni nella Stanza dei bottoni del capitalismo italiano, che se finissero in mano francesi porterebbero i transalpini a controllare il 30% di Mediobanca. Inoltre, l’avanzata di Lactalis in Parmalat insospettisce ulteriormente, giacché se mai riuscissero a comprarla otterrebbero il controllo di uno dei maggiori gruppi lattiero-caseari italiani, settore per noi strategico, e della sua cospicua liquidità.
Al di là dei singoli casi di cui ho parlato, è evidente la tendenza francese a inserirsi nei nostri comparti produttivi pregiati in diretta competizioni con i loro: l’agro-alimentare e il lusso sono i due più noti esempi, ma non meno importanti sono l’industria bellica e quella petrolifera.
E in questo inizio di secolo segnato da una forte recrudescenza dei nazionalismi figli dei protezionismi economici, a loro volta figli degli arrocchi dei sistemi industriali in crisi, noi italiani dobbiamo salvaguardare i pezzi pregiati del nostro “tesoro” già razziato nell’infausto biennio ’94-‘96: non per scelta ideale, ma per necessità di sopravvivere a un nuovo XIX secolo d’imperialismo economico in cui le risorse scarseggiano e non s’è ancora stabilito un nuovo ordine geo-politico; al fine di essere efficaci, dovremo evadere dalla logica delle scatole cinesi di partecipazioni che permettono a un capitalismo bizantino di sopravvivere con scarsità da capitali all’ignavia delle grandi famiglie.
E dunque, per il momento, la Francia, nostra diretta competitrice, è il “nemico”: dunque, ammesso che non cambi ancora idea, Berlusconi ha ben deciso opponendosi al comando francese delle operazioni militari sulla scena libica ottenendo un conseguente avvicinamento alle posizioni tedesche, la cui economia è complementare alla nostra e non in contrapposizione. Ragion per cui dovremmo cercare di stabilire un accordo organico con la Germania per agganciare il treno della crescita.
Ma l’amara verità è che le sirene nazionaliste condurranno noi Europei, presto o tardi, nelle secche dell’irrilevanza politica: il Vecchio continente, come ebbe a dire il mio sodale di pensieri, si trasformerà in un‘Italia pre unitaria in cui tutti gli stranieri trarranno vantaggio e tiranneggeranno . Auspichiamoci dunque un futuro Risorgimento europeo, magari condotto meglio di quello italiano.
Gabriele Bardini_latifondista mancato,gia maestro in Cuore di De Amicis svolge la nobile professione di precettore. Morigerato, religioso ed onesto ha la perversione dello studio della fisica.
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