[150 anni e…sentirli tutti] Trasformerò il Parlamento in un bivacco per i miei…ippopotami
venerdì 25 marzo 2011 | Scritto da Antonella Soldo - 1.424 letture |
Quanti anni hai? 150? Dai non ci credo, te li porti così…male! La nostra Antonella Soldo ha pubblicato questo pezzo su Notizie Radicali dove ci spiega come e perché, dati alla mano, il più importante organo rappresentativo della nostra democrazia, il Parlamento, sia di fatto svuotato delle sue prerogative per diventare mero “approvificio” dei desiderata del Governo, tramite la decretazione d’urgenza. Dopo averlo letto, non abbiamo potuto che riproporlo!
“I provvedimenti pensati dal Governo entrano in Parlamento come focosi destrieri e ne escono come ippopotami”. Si lamentava così Silvio Berlusconi qualche settimana fa mentre il Parlamento implodeva nella discussione sul decreto Milleproroghe. La metafora del Premier non è semplicemente una battuta di spirito ma sintetizza qualcosa di molto più inquietante. Il potere legislativo in Italia ormai è quasi del tutto nelle mani del Governo. L’esecutivo ha fagocitato il legislativo, la decretazione d’urgenza ha annientato la divisione dei poteri dello Stato. D’altra parte il continuo ricorso alla fiducia da parte del Governo non fa altro che esporlo continuamente ai ricatti della sua stessa maggioranza.
Come nasce un ippopotamo: Il decreto milleproroghe
Voglio usare come paradigma per la lettura di questo problema proprio il cosiddetto decreto Milleproroghe. Nato come strumento quasi innocuo per evitare che scadenze amministrative bloccassero provvedimenti necessari, il Milleproroghe inaugura ogni anno l’attività legislativa, ed è diventato ormai il veicolo dei provvedimenti più disparati, l’ultimo tentativo per tentare di rifilare norme bocciate nel corso dell’anno precedente, l’ultima spiaggia per strappare qualche ricatto al Governo da parte della sua stessa maggioranza. Un testo del genere nasce già come “ippopotamo”. Sotto il titolo di “Proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie” si capisce bene come abbiano provato ad infilarci di tutto. Il decreto, infatti viene emanato il 29 dicembre 2010 e dal primo passaggio al Senato (il 16 febbraio) ne viene fuori con oltre 100 modifiche, approvate con un maxiemendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia. E così si trovano insieme: il rinvio del pagamento delle quote latte, il condono delle multe per i manifesti elettorali abusivi, gli interventi per l’estensione del potere dei prefetti, le concessioni aereoportuali, le proroghe di casse integrazione o di magistrature onorarie, la social card, i finanziamenti per l’alluvione del Veneto e del terremoto dell’Abruzzo, il wi-fi libero, lo smaltimento dei rifiuti sulla frammentazione degli autoveicoli, i brevetti di salvamento acquatico, la sicurezza nelle miniere o nella guida dei ciclomotori, le correzioni di errori nella riforma universitaria, i programmi di pesca, la gestione del ciclo dei rifiuti, le istituzioni scolastiche all’estero, provvedimenti sull’editoria e televisioni, e molto molto altro ancora. Tutto insieme nel calderone.
La lettera di Napolitano
Ma anche al peggio c’è un limite. Così Giorgio Napolitano il 22 febbraio invia una lettera ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio. Il messaggio del Presidente della Repubblica è un documento importantissimo per giudicare lo stato di salute della nostra democrazia e vale la pena di essere ripreso. Napolitano evidenzia innanzitutto come “molte di queste disposizioni aggiunte in sede di conversione sono estranee all’oggetto quando non alla stessa materia del decreto, eterogenee di assai dubbia con i principi e le norme della Costituzione”. Ma il punto più interessante del testo è sicuramente quello in cui il Presidente lancia l’allarme sul frequente ricorso alla decretazione d’urgenza, sull’impossibilità materiale per le Commissioni di analizzare una tale mole di provvedimenti, e sulla posizione della fiducia: “Questo modo di procedere, come ho avuto modo di far presente ai Governi che si sono succeduti a partire dal 2006, si pone in contrasto con i principi sanciti dall’articolo 77 della Costituzione. L’inserimento nei decreti di disposizioni spesso prive di requisiti di straordinaria necessità ed urgenza elude il vaglio preventivo spettante al Presidente della Repubblica in sede di emanazione dei decreti legge. Inoltre l’eterogeneità e l’ampiezza delle materie non consentono a tutte le Commissioni competenti di svolgere l’esame referente richiesto dal primo comma dell’art 72 della Costituzione, e costringono la discussione da parte di entrambe le camere nel tempo tassativo di 60 giorni. Si aggiunga che il frequente ricorso alla posizione della questione di fiducia realizza una ulteriore pesante compressione del ruolo del Parlamento”. Dopo la lettera di Napolitano la Camera è costretta a scremare il provvedimento. Non lo riporta al testo originario ma almeno elimina alcuni dei punti che più avevano fatto scandalo, come la norma sulle demolizioni in Campania, la normativa sui precari della scuola e l’assunzione per provincia, due norme sulla riorganizzazione della Consob, quella sugli immobili acquisiti al partimonio di Roma capitale, la norma che avrebbe aumentato il numero di consiglieri ed assesori del Comune di Roma, quella sull’incrocio tra televisione e giornali. E’ rimasta nel decreto la norma che abbona ai partiti le multe per l’affissione abusiva dei manifesti nella campagna elettorale del marzo 2010. Il 25 febbraio viene chiesta la fiducia alla Camera su un nuovo maxiemendamento, e il 26 febbraio il Senato approva definitivamente il provvedimento.
Decretazione d’urgenza e fine del potere legislativo
Il vero problema del decreto Milleproroghe, dunque, è nel fatto che sia un decreto. Alle scuole elementari ti insegnano che l’Italia è uno stato di diritto, e che c’è la divisione dei tre poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Le maestre più motivate ti spiegano che tutto questo ha cambiato la storia delle nazioni, ed ha avuto origine con la Rivoluzione Francese. La teoria è sempre la stessa ma nei fatti le cose sono cambiate: la maggior parte delle leggi in Italia oggi sono decreti-legge. L’iniziativa legislativa è ormai in mano al Governo e il Parlamento si limita a ratificare i provvedimenti. Questo è stato possibile grazie all’abuso e lo stravolgimento dell’articolo 77 della Costituzione che prevede che il Governo può in casi “straordinari di necessità ed urgenza”, possa adottare “provvedimenti aventi forza di legge”. Nonostante il regime di eccezionalità che qualificava, nella sua formulazione originaria, il decreto- legge, quest’istituto (altrove sconosciuto) ha assunto nella prassi il ruolo di via ordinaria e privilegiata di legislazione, configurandosi come un fattore di squilibrio fra Governo e Parlamento.
Dall’inizio della legislatura i decreti d’urgenza convertiti in legge sono stati 61, ovvero il 30% di tutte le leggi approvate. Se a questo dato si aggiunge quello delle leggi di bilancio (27) e leggi di ratifica (82), che per la loro tipologia competono all’esecutivo, possiamo tirare le somme: 170 provvedimenti su 207 sono di iniziativa governativa, ovvero l’86% contro il 16 % di iniziativa parlamentare(34 leggi). Questo meccanismo va avanti almeno da tre legislature, infatti non aveva fatto meglio il Governo Prodi in cui le leggi di iniziativa governativa sono state l’88% del totale, mentre nella legislatura 2001-2006 il 78%. Del potere di legiferare dell’esecutivo è sostanzialmente impossibile regolarne l’abuso, tanto che alcuni studiosi parlano di “emergenza infinita”, considerando che la separazione tra democrazia e parlamentariato era al centro della teoria nazista della sovranità, e che il decreto è stato il principale strumento di governo dello Stato fascista.
Decretazione d’urgenza e ricattabilità
Il Governo cerca di monopolizzare il potere legislativo, ma il fatto di porre continuamene la questione di fiducia finisce con l’esporlo continuamente ai ricatti della sua stessa maggioranza. Il voto di fiducia è un pacchetto chiuso a cui si può dire si o no, senza discutere ulteriori emendamenti. Quindi l’opposizione ha le mani legate, e i gruppi di maggioranza possono contrattare qualche provvedimento per sé da inserire nel pacchetto. Per esempio la Lega non avrebbe votato la fiducia se il Governo non avesse inserito nel maxiemendamento la proroga del pagamento delle multe sulle quote latte, così come nella discussione sul federalismo fiscale Forza Sud ha ventilato di non votare la fiducia se il Governo non avesse rivisto il decreto sugli incentivi sulle energie rinnovabili. In definitiva all’abuso della decretazione d’urgenza si aggiunge l’aggravio di un mercanteggiamento per votare la fiducia. Potranno mai nascere leggi giuste con questi meccanismi?
Antonella Soldo
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