[Europeismi] Un nuovo europeismo per la sinistra
mercoledì 18 gennaio 2012 | Scritto da Redazione - 2.221 letture |
A pochi giorni dall’ennesimo vertice europeo, annunciato come momento cruciale nel definitivo salvataggio dell’Euro, e tuttavia già fallimentare nei suoi effetti nel contrastare la crisi del debito, a fronte di una spaccatura drammatica tra il Regno Unito di Cameron strenuo difensore dell’avido capitalismo finanziario della City e il resto dell’Europa appeso alle decisioni miopi e ideologiche della Germania di Angela Merkel, noi militanti del circolo Radio Londra di SEL sentiamo fortemente la necessità di reagire, proponendo un’alternativa forte sia alla rassegnazione al crollo della moneta unica sia alla subalternità culturale all’Europa dei tagli e delle politiche di austerità.
Ci rivolgiamo dunque a tutti gli iscritti, militanti e simpatizzanti di Sinistra Ecologia e Libertà con questo documento politico che ha uno scopo ben preciso: lanciare una mobilitazione forte sul piano politico e culturale per un nuovo europeismo di sinistra, che dia forza a un’idea di Europa diversa, fondata su principi democratici, attenta alle tutele sociali e tesa a ristabilire il primato della politica sull’economia e una più equa distribuzione della ricchezza.
L’Europa a un passo dal baratro
La crisi economico-finanziaria iniziata negli USA nel 2007, ha raggiunto poco dopo l’Europa, colpendo dapprima le banche e l’economia reale, per poi tramutarsi negli ultimi due anni in una crisi del debito sovrano. Iniziata dai paesi più periferici dell’Unione la crisi è sbarcata la scorsa estate nel cuore dell’Eurozona, colpendo in modo particolare ma per niente esclusivo, il nostro paese. Ai crolli quotidiani delle borse si accompagnava l’esplosione dei tassi di interesse sui titoli di stato.
Per mesi ci è stato ripetuto che la crisi dei debiti sovrani era un effetto diretto di una spesa pubblica sovradimensionata, principalmente dovuta ad un peso eccessivo del welfare, e che pertanto la ovvia e necessaria risposta politica alla crisi dovesse essere fatta di tagli e riduzione del ruolo dello stato nell’economia, in assoluta continuità con le ricette economiche rigoriste proprie del paradigma economico neoliberista.
Si è dunque reagito con una serie impressionante di vertici tra capi di stato, conferenze internazionali, trattative più o meno segrete, che hanno avuto come unica indicazione quella di implementare politiche di austerity volte a ridurre in tempi rapidi l’entità del debito pubblico dei paesi al centro della crisi.
Queste politiche restrittive sono state a vari livelli annunciate e messe in pratica, spesso in modo improvvisato e sulla scorta di diktat e imposizioni provenienti dai vertici politici (asse franco-tedesco, o meglio il duo Sarkozy Merkel) e finanziari (BCE) dell’Europa, in nessun caso producendo un risultato apprezzabile nel fermare la corsa al rialzo dei tassi di interesse.
Nel ripetersi del fallimento delle ricette economiche proposte dalle autorità politiche ed economiche dei paesi dell’Eurozona, è emersa con sempre maggiore forza una visione alternativa del processo economico in atto. Secondo questa interpretazione, la crisi del debito è la naturale conseguenza della crisi finanziaria del 2007 che ha messo in moto meccanismi speculativi inarrestabili (inarrestabili in quanto non sono stati poste in essere efficaci politiche di regolazione e controllo del sistema finanziario) che, facendo leva su difetti fondamentali nell’architettura monetaria e politica dell’Europa, si sono posti come obiettivo l’affossamento dell’Euro.
Questo processo è ormai sempre più vicino al compimento. Le speranze reali di salvare la moneta unica sono ormai davvero ridotte al lumicino e le risposte di politica economica che potrebbero arrestare il processo di avvitamento della crisi non sembrano essere all’ordine del giorno.
Nel momento in cui l’Europa si avvicina a passi da gigante verso la perdita della moneta unica, punta più avanzata in termini simbolici di un processo di integrazione durato 60 anni, non è più possibile ignorare le ragioni profonde di questo fallimento.
Il percorso che ha portato alla nascita dell’unione monetaria è nato e si è sviluppato in un momento storico dominato da una concezione monolitica dell’economia, che poneva l’enfasi sulla riduzione del ruolo dello stato come agente economico e sulle capacità taumaturgiche di un mercato lasciato libero a sè stesso, il tutto in un contesto mondiale di globalizzazione che si traduceva in deregulation e nella definitiva liberazione del capitale dal vincolo nazionale. Il portato in termini di distribuzione della ricchezza è stato un trasferimento netto di risorse dai ceti medio bassi, tramite compressione dei salari e perdita progressiva di potere d’acquisto, al mondo del turbocapitalismo che vive di rendita finanziaria, vero responsabile della costruzione del castello di carta derivata iniziato a crollare nel 2007.
Questi processi storici si sono riflessi in un processo di integrazione guidato, negli ultimi venti anni, quasi esclusivamente dagli interessi economici e finanziari, che vedevano in un mercato unico e in un’unica valuta un’imperdibile occasione di profitto, prima ancora che di sviluppo. Il trattato di Maastricht ha sugellato la nascita di un percorso fatto di vincoli di bilancio agli stati nazionali accompagnati da una dottrina monetaria europea di derivazione tedesca che vedeva nel controllo dell’inflazione l’unico obiettivo della politica economica europea, che si andava di fatto progressivamente a sostituire a quelle nazionali. Non è un caso che in queste condizioni tutti o quasi i paesi dell’Eurozona abbiano sensibilmente ridotto i proprio tassi di crescita perdendo posizioni relative rispetto al resto del mondo.
Accanto a questo processo di integrazione economica è per di più mancato un altrettanto ambizioso percorso di integrazione politica. Il governo economico dell’Eurozona è, a un decennio di distanza dalla nascita dell’Euro, tuttora un miraggio, sostituito da poco comunitari vertici intergovernativi, perfino a due o tre paesi. In termini di istituzioni democratiche, siamo tuttora fermi al Parlamento Europeo, attore sostanzialmente inerte perfino in questo drammatico momento.
La crisi attuale è figlia di questi errori storici e può avere conseguenze devastanti sul futuro della stessa Unione Europea. Di fronte al pericolo di frantumazione dell’Euro troverebbero gioco facile tutti i meccanismi della reazione conservatrice che, facendo leva sulla necessità di ragionare in termini di interessi nazionali, accompagnerebbero alla inevitabile recessione un contorno di guerriglia strisciante tra i paesi dell’Unione. Già si intravede il ritorno dei nazionalismi, dei fascismi, dei movimenti populisti xenofobi e perfino di una sinistra nazional statalista di risulta, che troveranno argomenti e fiato di fronte alla deflagrazione provocata dal crollo della moneta unica.
Un’altra Europa è possibile
Gli errori commessi nel percorso di costruzione europea hanno segnato storicamente un percorso altrimenti senza precedenti nella storia. 60 anni di pace, di progresso, di sviluppo economico e avanzamento sociale sono certamente sotto gli occhi di tutti ed in particolare di quelli dei militanti dei movimenti politici progressisti e socialisti. L’idea stessa di un economia sociale di mercato, prodotto più avanzato del “compromesso socialdemocratico” che accompagna alle libertà economiche un forte sistema di welfare a sostegno della classi svantaggiate, rappresenta la punta più avanzata di organizzazione sociale mai creata nella storia, e rischia ora di scomparire sotto l’attacco coordinato di un’offensiva speculativa al debito e una offensiva ideologica all’idea stessa di welfare, condannato come tutta la spesa pubblica vista a prescindere dal suo scopo sociale.
Tornare indietro nel processo di integrazione sarebbe contrario ai nostri interessi, desideri e perfino alla ovvia e necessaria direzione del mondo verso un’integrazione sempre maggiore di popoli e istituzioni. La dissoluzione dell’unità politica Europea costituirebbe l’inizio di un processo generale di instabilità politica ed economica che non potrà che avere ripercussioni sostanziali sulla stabilità degli equilibri mondiali, tuttora alla ricerca di un nuovo ordine dopo la fine del mondo unipolare dominato dalla superpotenza americana.
Correggere la rotta è necessario, urgente, imprescindibile.
E’ di fondamentale importanza aggredire prioritariamente quella che è La questione di fondo che inficia la legittimità di tutti i progetti politici in atto: la questione democratica.
A fronte di un processo di globalizzazione che ha di fatto esautorato dalle decisioni che contano i vertici degli stati nazionali che soli sono frutto di una legittimazione democratica, è compito assolutamente ineludibile quello di dotare l’Europa di istituzioni democratiche in grado di operare scelte e politiche nell’interesse e per conto dei cittadini europei.
Occorre procedere senza indugio verso un cammino di integrazione politica, a livello di stati, partiti, associazioni. Un percorso federalista rispettoso dell’individualità delle parti costituenti e attento agli equilibri culturali e politici, oltre che economici.
Senza affrontare la questione democratica non è possibile correggere l’impostazione economicista che ha viziato fin qui il processo di integrazione europeo. Soltanto un governo europeo legittimato dal voto popolare può essere il naturale esecutore delle esigenze di progresso, non solo economico, che attengono al popolo europeo tutto.
L’ampiezza della sfida è, di fronte alla portata degli eventi in atto, assolutamente proibitiva.
E’ dunque prioritario lanciare un messaggio di speranza, di coraggio, di sfida. E’ necessario un segnale politico che dica ad alta voce che di fronte al fallimento dell’Europa delle banche, dei bilanci, del rigore, e delle politiche finanziarie come orizzonte politico, noi rilanciamo la necessità del sogno europeo, di un comune destino dei popoli dell’Unione.
Appello per una mobilitazione immediata
Per questo auspichiamo che Sinistra Ecologia e Libertà si faccia urgentemente promotrice di una manifestazione per un nuovo europeismo, che riprenda il filo spezzato del progetto federalista proprio del patrimonio della cultura socialista e progressista. Una giornata di mobilitazione per ricostruire l’Europa attorno a dei pilastri politici e sociali all’altezza della sfida, a partire dai valori internazionalisti,di pace, libertà, giustizia sociale e democrazia.
Una giornata in cui chiamare a raccolta le moltitudini di cittadini che, oggi come 60 anni fa, hanno trovato nell’Europa la risposta alle loro aspirazioni professionali, di studio, di libertà, cosi come dei giovani che si sono formati nei progetti Erasmus e hanno scoperto il mondo con un interrail, che trovano lavoro e si trasferiscono in altre città d’Europa sentendosi comunque a casa.
Una manifestazione che ponga le basi per una campagna in cui riunire sotto la bandiera di un europeismo di alternativa radicale tutti i movimenti politici internazionalisti, siano essi partiti socialisti o socialdemocratici, verdi, o appartenenti al variegato mondo del fronte anticapitalista. Un’occasione concreta per creare le basi di una nuova unità dei movimenti politici della sinistra, nel segno di un nuovo corso di politica economica, e della centralità della questione democratica.
Il sociologo polacco Zygmunt Bauman circa un anno fa, diceva:
“Il potere (che è capacità di realizzare le cose) e la politica (che è capacità di decidere quali cose necessitano di essere fatte) ora sono separati. Il potere è stato globalizzato, la politica è rimasta localizzata. O legata a personaggi. Queste due entità devono essere riunite in un livello sovrastatale. Questa sfida probabilmente consumerà la parte migliore della presente generazione. Ma è un obiettivo a cui dobbiamo per forza mirare.” 1
60 anni prima di lui, in una piccola isoletta al largo delle coste del Lazio, dove erano stati confinati dal fascismo, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, terminavano il loro Manifesto di Ventotene con queste parole, che sono la migliore conclusione del presente appello:
“Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredità di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.
La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà.”
Note:
1 lectio magistralis tenuta all’Università la Sapienza tenuta a Roma, Dicembre 2010
2 “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto“, Agosto 1943
Commenti recenti