“La vostra generazione sarà la prima, dopo almeno sessant’anni, a vivere in condizioni peggiori rispetto a quelle conosciute dalla generazione precedente”: è questo il ritornello che i giovani italiani hanno imparato a sentirsi ripetere negli ultimi anni, il tormento che inutilmente cercano di allontanare, il tema politico per eccellenza dei nostri giorni, al di là della fuffa mediatica e delle guerre per bande di cui sono zeppi telegiornali e quotidiani vari.
Non a caso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, uomo di grande cultura e lucidità (qualità, purtroppo, sempre più scarsamente riscontrabili nel devastato scenario della politica italiana) ha dedicato proprio ai giovani il messaggio augurale di fine anno sottolineandone il fondamentale ruolo politico e sociale (“ non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi”) e invitandoli a non farsi paralizzare dall’ansia per un futuro che si presenta a tinte fosche. E proprio ascoltando Napolitano, capace di illustrarci con serietà tutta una serie di sfide che dovremo affrontare in Italia e in Europa (dalla crisi economica al governo della globalizzazione, dalla riduzione del debito pubblico alle mancate riforme economico-sociali, dal rilancio dell’Università alla disoccupazione), viene naturale riflettere sul rapporto fra le nuove generazioni e la politica e sul processo di formazione delle classi dirigenti.
Ma bisogna porsi anche un interrogativo: siamo così sicuri che la freschezza delle idee, la capacità di innovare, l’occhio sveglio sul mondo, l’anticonformismo, la “modernità”, siano prerogativa dei giovani in quanto tali? E’ su questo luogo comune che spesso si fonda la protervia di alcuni giovani politici che appena hanno un minimo di successo (assicurato da un’elezione e/o dall’esposizione mediatica) pensano di aver capito tutto, di essere i salvatori della Patria in grado di far subito tabula rasa della vecchia classe dirigente considerata attempata, compromessa e incapace di capire il mondo che cambia. Intendiamoci, quello del mancato ricambio generazionale è un problema enorme in un paese in cui vengono considerati giovani politici che hanno cinquant’anni.
I giovani dirigenti, infatti, vengono di regola cooptati dai vertici, e mancano spesso e volentieri di coraggio e spirito d’iniziativa: quasi sempre finiscono col diventare piccoli replicanti dei leader di riferimento. Questo è il modo peggiore per formare una classe politica. In un quadro del genere trionfano attendismo, conformismo, mera conservazione del potere e incapacità cronica di elaborazione di proposte innovative. D’altro canto il narcisismo imperante e l’ipermediaticità dei tempi attuali hanno imposto all’attenzione del pubblico una nuova schiera di giovani smaniosi di far carriera in tempi rapidi: i vecchi inconsapevolmente hanno fatto il loro gioco, ma la capacità di una leadership non simisura certo col metro delle apparizioni televisive o con quello della demagogia, tanto meno con la mancanza di una proposta seria e realmente alternativa sapientemente dissimulata dall’abilità nel creare slogan e organizzare raduni, veri e propri happening nei quali il minimo comune denominatore è uno e uno solo: la cacciata dei vecchi. Se a questo aggiungiamo il continuo “calo del desiderio” dei giovani (come della maggior parte dei comuni cittadini) nei confronti della politica (né impegno, né mero interesse) allora il quadro diventa davvero desolante.Ma non possiamo né farci paralizzare dall’ansia (come giustamente ammoniva Napolitano), né farci assalire dalla desolazione: non ce lo possiamo permettere. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare; proprio per questo non possiamo continuare a riporre la nostra fiducia nei confronti di chi si è già dimostrato totalmente inadeguato, né possiamo illuderci sulle virtù taumaturgiche di chi vuole cambiare tutto per non cambiare nulla (e garantirsi un posto a tavola domani). Il problema della formazione di una classe dirigente che sia seriamente “nuova ed altra” diventa quindi di fondamentale importanza. Ma se i nuovi/vecchi partiti sono cronicamente sterili da questo punto di vista, abbiamo ancora la possibilità, se non di creare, quantomeno di immaginare nuovi percorsi? Potrà sembrare illusorio e minimalista, ma credo che i giovani, siano essi militanti o semplici cittadini interessati alla politica, possano giocare un loro ruolo nel futuro solo se sapranno liberarsi da logiche di cooptazione e velleità rottamatorie, se cominceranno a studiare la complessa storia di questo paese evitando le letture di parte e mistificatorie, se concepiranno la politica come servizio reso nei confronti della collettività, se avranno pazienza e ostinazione, se in qualche modo sapranno “fare rete” (internet aiuta molto in questo senso), se sapranno non cadere nelle trappole del narcisismo e del presenzialismo, se sapranno dare ascolto a quelle poche voci libere (e spesso si tratta di “ragazzi” dalla veneranda età) che ancora resistono nel nostro martoriato paese.
Se solo si fosse dato ascolto all’Ernesto Rossi di Abolire la miseria sessant’anni fa, quanto sarebbe diversa oggi la condizione dei giovani! E quanto avremmo bisogno di economisti, scrittori, giornalisti, politici di tal livello! Non disperiamo di averne nel prossimo futuro, molto dipende dal nostro impegno e dalla nostra determinazione.
[Mondoperaio in Labouratorio] Il futuro dei giovani, il futuro della politica.
domenica 13 marzo 2011 | Scritto da Filippo Modica - 1.307 letture |
[Labouratorio 38] Nuove Paroxetine Rosapugnanti – Autoreferenzialitudini
mercoledì 19 novembre 2008 | Scritto da Filippo Modica - 4.267 letture |
Nell’ultima settimana ho notato come uno dei pezzi più letti e commentati di Labouratorio sia stato Paroxetina Rosapugnante di Lorenzo Perferi, non un articolo degli ultimi numeri, ma addirittura risalente al 18 febbraio di quest’anno: ben nove mesi fa!
Gira e rigira siamo sempre là, ripiegati sui nostri dolori e le nostre nostalgie per quel che poteva essere e non è stato o, quantomeno, non è più…
In realtà, cos’è che non c’è più? L’amato simbolo sulla scheda elettorale? La possibilità di costruire un soggetto politico radical-socialista (o come direbbe Pannella: al 100% laico, socialista, liberale, radicale)? Un gruppo parlamentare unitario?
Tutto vero, ma ciò che ci manca di più è proprio quella speranza che nasceva nei mesi a cavallo fra il 2005 e il 2006 per poi afflosciarsi, giorno dopo giorno, nei mesi successivi alle elezioni politiche.
Non sto qui a tediarvi sulle eventuali colpe delle dirigenze, radicali e/o socialiste, riguardo al fallimento di quello che poteva e doveva essere il soggetto nuovo della politica italiana.
Parliamo, invece, un po’ di noi… La disperazione che ci ha assalito nell’ultimo anno (e magari anche prima…) non è forse figlia di una generosa illusione di cui siamo stati in parte artefici?
Credetemi, non faccio il professorino col ditino puntato verso gli allievi ignoranti perché mi considero quasi il capofila degli illusi/delusi…
Dopo la sconfitta referendaria del 2005, la Rosa nel Pugno fu un corroborante necessario per tutti noi. Per me, in particolare, rappresentò il coronamento di un sogno che, dopo anni di solitudine politica, riuscivo finalmente a condividere con altri compagni.
Ma perché vi parlo di una generosa illusione?
Perché, purtroppo, non abbiamo considerato fino in fondo quali fossero le difficoltà oggettive insite nell’operazione: la storia, in questo senso, poteva soccorrerci rammentandoci, ad esempio, la breve esperienza del Partito d’Azione, il complicato rapporto fra PR e PSI negli anni della Prima Repubblica (grandi battaglie comuni, ma anche reciproche e sistematiche incomprensioni), il fallimento del polo laico PR-PRI-PLI alla fine degli anni Ottanta…
Tutta una serie di nodi, insomma, che si sono puntualmente ripresentati e non sono stati mai sciolti, forse si sono pure moltiplicati tenendo conto della vera e propria incomunicabilità intercorsa fra SDI e Radicali soprattutto quando si trattava di dare una forma definita al soggetto politico.
Ripeto, non sto qui a dire chi avesse ragione o chi avesse meno torti, fatto sta che in tutta questa vicenda noi giovani rosapugnanti non siamo stati affatto protagonisti (e non lo potevamo essere)…
Oggi, però, se vogliamo costruire qualcosa in ambito politico, dobbiamo, a mio parere, fare sempre più affidamento a noi stessi. Non possiamo più solo affidarci ai “detentori delle chiavi dei nostri sogni” di cui parla Lorenzo nel suo articolo.
La nostra paroxetina (che per esperienza personale conosco molto bene) potremo fabbricarcela solo
se avremo voglia di organizzarci, proporre, fare rete, aprirci dei varchi nel dibattito politico italiano.
In questo senso, la proposta di Tommaso di fare di Labouratorio una vera e propria associazione politica mi vede favorevole perché ci permetterebbe di uscire dalla fase depressiva in cui siamo piombati da ormai troppo tempo: sarebbe per noi una sfida di maturità fondamentale che ci consentirebbe di fare politica in maniera autonoma, senza in qualche modo delegare i “grandi”.
Di più, potrebbe essere, nel suo piccolo, un progetto molto solido e nient’affatto improvvisato come purtroppo si è dimostrata la bicicletta radical-socialista.
Se ieri con la Rosa nel Pugno tutto sembrava possibile, oggi in sua assenza tutto sembra impossibile: esaspero i concetti, forse, ma credo che soprattutto il nostro inconscio collettivo abbia subito questo up ad down fondato su percezioni che non aderivano e non aderiscono perfettamente alla realtà storicamente vissuta.
E proprio prendendo spunto da queste riflessioni, credo che per il futuro dovremo occuparci di più di psicologia, non solo di politica politicante, diritto, storia, economia e chi più ne ha più ne metta…
Solo così potremmo metterci davvero in sintonia con i cittadini e riuscire a partorire proposte che siano non solo valide ma anche convincenti tenendo conto soprattutto del fatto che troppo spesso sottovalutiamo quale sia il processo di formazione delle decisioni umane.
Gilberto Corbellini ci ricorda, infatti, che “quando scegliamo o giudichiamo in modo spontaneo non lo facciamo certo calcolando razionalmente per massimizzare i risultati che possiamo ottenere: per utilizzare delle strategie decisionali davvero razionali o per evitare di giudicare in modo intollerante dobbiamo mettere sotto controllo le nostre intuizioni psicologiche e morali innate”.
Cominciamo, quindi, questa seduta collettiva di psicanalisi e ricordiamoci che, sebbene non compaia più sulla scheda elettorale, malgrado non abbia più un gruppo parlamentare, la Rosa nel Pugno vive: siete voi, siamo noi…
SOMMARIO LAB 38
- [Labouratorio 38] Nuove Paroxetine Rosapugnanti – Autoreferenzialitudini
- [Solo Provocazioni?] Per una chiusura costituzionale delle Università.
- [Giovanili Primarie … democratiche] Intervista a Giulia Innocenzi
- [Labouratorio di Squola dibatte] Proposta – Coordinamento Cittadino: una necessità e un’occasione del movimento di protesta
- [Appello in Rosa] Niente quote, “solo” merito
[Giovanili Primarie … democratiche] Intervista a Giulia Innocenzi
mercoledì 19 novembre 2008 | Scritto da Filippo Modica - 2.597 letture |
Giulia Innocenzi, 24 anni, coordinatrice degli Studenti Luca Coscioni e membro del Comitato Nazionale di Radicali Italiani, è candidata alle primarie del 21 novembre che eleggeranno il primo segretario dei Giovani Democratici.
Cura il blog www.giuliainnocenzi.com attraverso il quale è possibile conoscere il programma e le varie iniziative intraprese durante la campagna elettorale.
Il 14 novembre scorso abbiamo avuto modo di realizzare questa intervista che vi proponiamo di seguito.
D – Una radicale che si candida alla segreteria di una federazione giovanile di partito potrebbe sembrare un paradosso… Per i radicali, che non hanno mai avuto tale organismo perché ritenuto fonte di ghettizzazione dei giovani, è cambiato qualcosa?
R – No, per la leadership radicale non è cambiato nulla. I radicali sono contro la ghettizzazione dei giovani all’interno di una determinata sezione come può essere un’organizzazione giovanile proprio perché preferiscono che essi abbiano lo stesso spazio garantito a tutti gli altri per fare politica, la politica vera. Quindi qualsiasi iscritto a Radicali Italiani può presentarsi come candidato segretario e, infatti, abbiamo una lunga storia di segretari a 19-20 anni… In realtà, le primarie dei Giovani Democratici permettono di affrontare un’altra questione: la non democraticità di alcuni partiti (il PD stesso, per esempio) nei quali è difficile dare spazio ai soggetti più emarginati come le donne piuttosto che i giovani. Queste stesse primarie rappresentano formalmente un’iniziativa lodevole in quanto l’art.1 del Regolamento prevede siano aperte. In realtà, però, non si sono verificate finora come erano previste nella lettera del Regolamento ed io ho continuato a denunciare tutte le irregolarità che ho riscontrato.
Per un Partito Democratico così macchinoso e burocratico, un’organizzazione giovanile potrebbe fungere da stimolo per una politica innovatrice, ma solo se sarà salvaguardata la sua autonomia.
[Vestivamo alla zuava] Grazie Roma, che bel XX Settembre …
martedì 23 settembre 2008 | Scritto da Filippo Modica - 2.788 letture |
Il XX settembre in Italia è una ricorrenza per pochi illuminati, per élites di “nostalgici” del Risorgimento, per quei pochi liberali che, invece di perdere tempo a professarsi tali, cercano di conquistare tanto per sé quanto per gli altri quel minimo di libertà indispensabili all’individuo venendo continuamente derisi e bollati come “ottocenteschi”.
Ma a pensarci bene, da alcuni anni, è il giorno prediletto anche dai revanchisti, dalla Militia Christi, dal codazzo di reazionari più o meno devoti che urlano ferocemente contro “l’intolleranza anticristiana”, da tutti quei perbenisti di naso fino che respirando la “nuova” aria putrida di questi ultimi tempi farebbero a gara per mostrarsi più papisti del Papa.
In fin dei conti, è roba per pochi, la stragrande maggioranza se ne fotte: sommando le fazioni in lotta e i loro supporters probabilmente non si arriverebbe nemmeno al 10% della popolazione italiana.
E quindi immaginatevi l’attenzione che possono riscuotere le polemiche sulla celebrazione ufficiale del XX settembre…
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