[La fine di…Silvio] Addio Presidente Berlusconi
mercoledì 9 novembre 2011 | Scritto da Michele Morrocchi - 1.926 letture |
E così siamo arrivati a dirsi addio. E a ricordarci dei momenti belli sperando di dimenticare quelli brutti. E
dire che ti ricorderemo per il tutto e per il niente che ci lascerai. Per il tutto della tua straripante presenza.
Per l’essere stato sempre con noi. Che ti amassimo o che ti detestassimo con tutte le nostre forze, unico
nell’imporsi come paradigma, metro di paragone di un’intera società, fatto di costume prima che fatto
politico. E il tutto che ruotava intorno a te ti è bastato, maledicendoti, facendoti credere che il solo fatto
di esistere e rappresentare gli altri a misura di te stesso ti sollevasse dal fare e ti salvasse dal niente per cui
ti ricorderemo. Il niente della rivoluzione mancata, degli anni sprecati, dei consiglieri inetti. Di questi venti
anni, che chiameremo tuoi, l’odore del cerone sopravanzerà sempre quello della polvere che si depositerà
sulle carte e sugli atti che ci lascerai.
Lascerai un vuoto, è indubbio, ma non pensare nei tuoi sodali di oggi. Quelli hanno in mente solo di
sopravvivere e non saranno afflitti ma solo impauriti. E se nemmeno uno di questi avrà la pietà di un
soldato di fronte a Napoleone che lascia, per la seconda e ultima volta, la Patria sarà anche colpa tua, che
hai sostituito negli anni i liberi pensatori ai cortigiani, gli intellettuali ai dilettanti. TI bastavi e pensavi che
ciò fosse sufficiente; oggi rischi il contrappasso di una solitudine agiata, della mortalità in vita, tu che (ad
occhio e croce) della morte sei ossessionato come e di più di tutti noi.
Un po’ di più soffriranno i tuoi nemici, a loro mancherai certo di più. In venti anni sei stato la loro vera
ragion di vita, la scusa alla quale imputare la loro pigrizia e la loro incapacità. L’anomalia che salvava,
giustificava e premiava la loro macroscopica anomalia. In quale mondo parallelo avremmo potuto avere
un ornitorinco politico come il PD se non in un mondo in cui le regole (sostanziali ma ahinoi non formali) le
scrivevi tu.
Ma non li vedi che i tuoi nemici (giacché son nemici veri mica oppositori e di questo dovresti andarne
persino fiero) son gli unici a decretarti omaggi persino sovradimensionati a te e soprattutto al tuo operare?
Ti chiamano Cesare, Duce, parlano di una dittatura strisciante, uno (quello che parla strano ma tutti dicono
che sia un gran narratore) ha persino detto che hai creato un antropologia culturale di questi anni. Moretti
ha disegnato per te una fine grandiosa, quel finale del Caimano, che è così lontana da te. Basterebbe
conoscerti davvero poco (e non immaginarti appoggiando su di te incubi e sogni dei propri passati) per
sapere che non ci lascerai nel puzzo di benzina dei roghi per le strade ma nel dosciatro olezzo delle creme
lubrificanti.
Eppure ti sarebbe bastato poco, tre leggine per riformare la giustizia. E saresti scampato pure ai tuoi
processi, facendo felici anche milioni di italiani. Ci potevi alleggerire le tasse e tagliare gli sprechi, invece
che farci fuori centinaia di euro al mese di nuove tasse. Non lo hai fatto ma sei rimasto, aldilà di ogni
ragionevolezza, aldilà del limite che avremmo mai pensato immaginabile per un uomo come te. E non ci
bastano le spiegazioni dei detrattori, di chi dice che lo fai per sfuggire alla galera. Non ci possiamo credere.
E non ci rassegniamo a vederti finire così, non certo per moralismo ché abbiamo perso ben giovani le prime
diottrie su baci saffici visti non dal vivo, noi materialisti che non capiamo perché non ci guardi già da un
bel po’ da una bianca spiaggia panamense, col mojito nella mano destra e la sinistra a palpeggiare un culo
sontuoso e finalmente libero di dire a chi ti pare, senza paura di essere intercettato, che quello che hai
lasciato è proprio un Paese di merda.
E non raccontarci che lo fai per i figli, per le aziende. I figli son grandi, sapranno cavarsela e se in questi anni
non hai messo da parte un bel po’ di soldi all’estero inattaccabili grazie alle leggi che tu stesso hai fatto, beh ecco allora saresti proprio una fava.
E invece, non crediamo per una qualche forma di coscienza, resti qui con noi con la merda che hai
contribuito a creare o a cui non hai impedito di crescere. E ci dispiace che la fine sarà lunga quanto invece
fulmineo fu il principio (almeno per chi osservava distratto).
Nel dirti addio, preventivamente ma immaginiamo per poco, ci piace pensare che ancora una volta saprai
stupirci sparendo nel nulla come solo i veri miti sanno fare, così per l’eternità ci chiederemo dove sarai
finito e alla fine, in tal modo, non ti dimenticheremo mai.
Michele Morrocchi, nume tutelare della Redazione di Labouratorio.
[…] me è toccato dire a addio a […]
L’espressione di Silvio “post-caduta”, dopo il voto, è qualcosa di impagabile! 😀 Vale da sola centomila facce amorfe di Monti! 😀