[Regole d’oro] Troppi crauti fanno male
martedì 30 agosto 2011 | Scritto da Matteo Pugliese - 1.723 letture |
Se per George Bernard Shaw l’unica regola d’oro è che non esistono regole d’oro, Nicolas Sarkozy non è dello stesso avviso. La ‘regola d’oro’ proposta è quella che la Germania ha già introdotto a livello costituzionale ed impegna al pareggio di bilancio il governo federale, ma non è ancora operativa. Sembra che la Francia voglia seguire l’esempio tedesco e non solo su questo punto.
L’urgenza ed il precipitare degli eventi hanno costretto, come sempre accade, le due più forti economie europee a serrare le fila in quell’asse franco-tedesco, già sperimentato per altre finalità politiche e talvolta esteso alla Polonia nel Triangolo Weimar, sogno erotico del ministro Westerwelle.
Le ultime settimane hanno dimostrato che neppure il colosso tedesco è al sicuro dalla speculazione finanziaria. Per correre ai ripari Angela Merkel ha praticato una svolta europeista ma germanocentrica, commissariando la politica italiana e imponendo la sua linea all’Eliseo.
La conferenza stampa con cui i due leaders hanno tentato di frenare la rovinosa caduta delle borse nazionali era costellata di proposte innovative ma tardive e interessate. Ciò che più colpisce è senz’altro la proposta di un governo economico dell’Eurozona, presieduto dal gettonatissimo Van Rompuy, per la sua attitudine all’asservimento. Ma proprio questa proposta pone il primo problema, grande quanto il debito pubblico italiano: per descriverlo si può usare una citazione dall’editoriale di Thomas Klau per East: “Eppure la verità è che basta un esame obbiettivo dei precedenti della Ue per ricevere un messaggio estremamente chiaro: le politiche europee sono state efficaci laddove sono state organizzate secondo un modello di integrazione, un modello che dispone un reale trasferimento di sovranità al livello europeo di policy-making. Le politiche sono state invece invariabilmente deboli laddove hanno poggiato su un sistema di cooperazione e di coordinamento, persino nei casi in cui il sistema prevedeva sanzioni.” Perciò la proposta Sarkozy-Merkel è destinata al fallimento nella prassi. Governi che devono allo stesso tempo fare gli interessi nazionali e comunitari? Quegli interessi quasi mai coincidono. Da qui si arriva a bomba al secondo problema, centrale in questa riflessione: come conciliare la necessità di maggiore potere per le istituzioni comunitarie senza rinunciare ad una parte della sovranità nazionale?
La Corte costituzionale tedesca ha stabilito, dopo aver esaminato il Trattato di Lisbona, che il limite massimo di trasferimento di poteri dal livello nazionale a quello comunitario è stato raggiunto e oltre non si può andare. Questo problema si pone prepotentemente in altri stati a costituzione rigida e laddove c’è stata una revisione in senso nazionalista come l’Ungheria di Orban.
La domanda che, anche noi europeisti, dobbiamo ora porci è: quale Europa politica vogliamo costruire? Daniele Capezzone qualche anno fa scrisse ‘Un fantasma si aggira per l’Europa: l’Europa’. Ma di fantasmi, a ben vedere dagli ultimi eventi, ne compaiono più d’uno.
Quando Rossi, Spinelli e Colorni elaborarono il Manifesto a Ventotene, che idea di Europa unita avevano in mente? La questione del nazionalismo ci arresta come un macigno, perché per compiere il passo più lungo, l’unità politica del Vecchio Continente, bisogna rinunciare definitivamente e dolorosamente ad una porzione di sovranità.
Dal punto di vista costituzionale, questa scelta è quasi impraticabile, giacché prevedrebbe una revisione costituzionale di tutti i paesi membri. Un processo lungo e quasi impossibile data la vasta influenza parlamentare dei partiti (ultra)nazionalisti. Senza contare che un’ipotetica federazione, con un forte governo centrale e ampi poteri in politica economica ed estera (un miraggio), contrasterebbe con il principio arcaico che vede il monarca al vertice dei poteri.
Una fetta rilevante dei paesi membri sono monarchie, anche se ridotte a funzioni poco più che simboliche.
Fatte queste premesse, si giunge a due diversi sbocchi del problema. Il primo, più semplice ma meno incisivo, è tentare la costruzione di un modello costituzionale di Europa politica ‘soft’, mantenendo il carattere sovranazionale della federazione nonostante la delega sostanziosa in alcuni settori. Il secondo, più efficace ma più lungo e faticoso, è un iter di modifica costituzionale, stato per stato, ove è possibile anche con la rimozione delle monarchie grazie alle forze progressiste e repubblicane. Questa soluzione si può anche operare in seguito ad eventi traumatici, sul modello della liberazione del proletariato nella Prima guerra mondiale con l’intervento bellico o nella Seconda a seguito della Resistenza col tentativo di instaurazione di un regime da parte del PCI prima di Yalta. Fantapolitica? Forse, ma nessuno 60 anni fa avrebbe creduto agli eventi che oggi leggiamo sui giornali.
In merito all’ultimo ragionamento, sarebbe opportuno che il Partito del Socialismo Europeo, opposizione al conservatorismo, spingesse con vigore nella direzione dell’integrazione comunitaria ed avesse il coraggio di proporre scelte drastiche. Una prospettiva piuttosto lontana. Sarebbe anche giusto chiudere un capitolo imbarazzante per il movimento socialista in Europa, con l’affermazione che socialismo democratico e monarchia sono princìpi inconciliabili.
E’ paradossale che nel 2011 il repubblicanesimo sia ancora rifiutato da parte del PSE.
Gli esempi nel mondo non mancano, cerchiamo e adattiamo la migliore forma federativa che possa rendere efficaci le politiche europee e che non creino un’abissale ingiustizia sociale tra l’idraulico polacco e il manager de La Defénse.
Un altro fantasma che aleggia è la questione degli Eurobond, causa di un acceso dibattito tra i leaders e gli economisti. Sarkò ha affermato che, nonostante il principio sia corretto, è necessario aspettare il completamento dell’adesione all’Unione prima di parlarne. George Soros ha spiegato dalle colonne del Sole perché è favorevole ai titoli di debito UE, presentando motivazioni abbastanza condivisibili. Il leader dei socialdemocratici tedeschi, Sigmar Gabriel, giudica gli Eurobond “una necessità urgente”, contraddicendo le dichiarazioni di altri membri del PSE. La realtà è che nella disperata situazione in cui l’Europa naviga, non troviamo soluzione migliore che perpetrare il nefasto uroboro della speculazione finanziaria, questa volta a livello comunitario. A questo appuntamento con la Storia, l’Europa si è presentata in ritardo e sarà difficile recuperare il tempo perduto.
Matteo Pugliese 20 anni, nel 1946 non ha votato per la monarchia.
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