[Alienamenti] Di Breivik o delle colpe della nuova destra
martedì 30 agosto 2011 | Scritto da Redazione - 1.131 letture |
Enrico Peroni, new entry su Labouratorio, riprende il tema dell’eccidio norvegese inaugurato la scorsa settimana da questo bellissimo pezzo di Tommaso Gazzolo. Sarà mica il caso di leggerli entrambi?
Chi diffonde paure inesistenti è colpevole: di procurato allarme, di rischi per la società e per i singoli individui. Se chi diffonde queste paure lo fa per ottenerne un vantaggio elettorale, inoltre, è due volte colpevole. Perché dicendo le bugie e prendendo voti si compie un furto.
La nuova destra populista radicale, capace di raggiungere brillanti risultati elettorali accarezzando pregiudizi e stereotipi contro immigrati e/o minoranze etniche, era quindi, fino al 22 di Luglio del 2011, colpevole di procurato allarme, di istigazione all’odio e di furto. Da quel giorno è colpevole anche di essere stata la base ideologica di un attentato terroristico che ha avuto come vittime la classe dirigente giovane di uno dei partiti socialdemocratici e riformisti migliori del mondo.
Vittime giovani. Giovani impegnati in politica. Per una politica migliore. Migliore perché aperta al mondo, capace di accogliere i principi e i valori dell’eguaglianza, della giustizia, della solidarietà, dell’accoglienza del diverso.
La nuova destra radicale europea si è forgiata sui principi opposti. Odio e paura sono le parole chiave della nuova destra. Odio contro il diverso per il solo fatto di essere diverso. Odio contro chi vuole una società aperta. Odio nei confronti del principio comune alle tradizioni socialista riformista, liberale democratica e cattolica per il quale la persona ha una propria intrinseca dignità e che l’individua abbia per sé una serie di diritti civili, politici e sociali. E paura. Principalmente due paure. Una concreta, dei ceti medio-bassi, di perdere alcuni diritti sociali a favore di qualcuno che non si ritiene degno di averli perché non è nato in un determinato luogo o non ha il colore della pelle, la religione, gli usi o i costumi uguali a quelli locali. E una simbolica, tipica di ogni ceto sociale, di perdere la propria identità. Etnica, nazionale. Inventata o reale. La propria identità che, per assurdo, in molti casi, è stata già persa quando nascono questi movimenti identitari. Ne sono un esempio le Fiandre: quando il cattolicesimo che teneva unita la società è stato indebolito dallo sviluppo economico e soprattutto dalla secolarizzazione della società, si sono rafforzati i movimenti indipendentisti. Spesso razzisti anche con gli immigrati (Vlaams Belang), o per lo meno intolleranti con i valloni (quasi tutti gli altri partiti delle “ricche” Fiandre).
In breve le paure e i pregiudizi sono stati usati per rafforzare l’ideologia dell’odio, che sente l’Europa “invasa” dagli immigrati, indebolita nel suo vigore etnico dalle politiche delle forze progressiste e di sinistra, umiliata per via della perdita della propria purezza. A questo proposito valgono due riflessioni ulteriori di carattere storico, una valida per l’antichità, una per la storia contemporanea.
La prima, necessaria, è quella relativa alla purezza e all’etnia (o alle etnie) europea (europee). L’Europa è stata e sempre sarà un crogiuolo di popoli: linguisticamente si vede, dal punto di vista biologico non ne parliamo. Le pianure russe ad est sono una porta d’accesso all’Europa così semplice da rendere impossibile nella Storia la creazione di uno spazio etnico chiuso nel nostro continente.. Inoltre, la grandissima facilità di spostamento per via dei climi temperati, ha prodotto sempre migrazioni e commerci intraeuropei impossibili in continenti disposti nord-sud come America e Africa. Riassumendo, la forza dell’Europa antica e la sua superiorità tecnologica si devono alla mescolanza etnica e alla disposizione geografica del continente. Di purezza, nessuna.
La seconda è quella relativa alla situazione degli Stati europei all’indomani delle due guerre mondiali. Nel 1946 una eredità il Nazismo l’aveva lasciata. Gli Stati europei erano tutti – ripeto, tutti – diventati omogenei dal punto di vista linguistico-culturale. Le costruzioni nazionali dell’800 avevano creato nazionalismi che nel 900 hanno portato a Stati monoculturali. L’Italia, la Francia, la Spagna, l’Austria, la Polonia (ecc) nel 1946 erano stati senza minoranze etniche. Le migrazioni intraeuropee per portare ad una teorica omogeneità culturale hanno prodotto un fatto assurdo. Nel 1946 essere nazionalisti nella maggior parte dell’Europa significava avere le armi spuntate: non c’erano piú minoranze etniche da usare. L’idea della guerra era mal vista dopo che due generazioni erano state bruciate nei campi di battaglia. Infine, il terzo motore possibile del razzismo, la povertà, venne derubricato rapidamente grazie alle politiche del Piano Marshall da un lato e al fallimentare ma stabilizzante sistema comunista dall’altro.
Queste due riflessioni sono utili per comprendere da una parte il limite dell’ideologia neofascista, che non parla più di una superiorità razziale ma che sostiene la superiorità dell’Europa su basi economiche o sociali che non hanno senso alla luce della considerazioni fatte. Dall’altra parte si può capire lo shock di vasti strati sociali della popolazione europea cresciuti in un contesto di omogeneità culturale profonda, quasi eccessiva. Fino al 1970-75 la gran parte della Francia non conosceva la multiculturalità (fa eccezione Parigi), fino al 1995 Spagna e Italia avevano tassi d’immigrazione risibili. Ad Est la storia è un po’ diversa: si puó dire che la cappa comunista aveva azzerato i problemi interetnici con la polizia militare.. Finito il comunismo molti postcomunisti hanno riscoperto vecchi attriti (Jugoslavia, Slovacchia-Ungheria) e soprattutto miti di grandi stati, inventandosi umiliazioni storiche (La Grande Ungheria, la Grande-Romania, la Grande Moravia).
Tutto questo fino ad oggi aveva prodotto disastri nelle coscienze, nelle urne e nell’umiliazione di diritti di minoranze ed immigrati. Il 22 di Luglio ha prodotto 2 attacchi terroristici. E’ forse ora che tutti in Europa cominciamo a fare un muro contro questa nuova destra, uscendo dall’errore enorme di considerarlo un attore con cui si puó dialogare. L’FPO di Strache o il VB nelle Fiandre, il Front National in Francia e alcuni personaggi della Lega Nord in Italia (e si puó ovviamente continuare) sono da considerare come soggetti minanti la nostra società, il nostro modello sociale, la nostra cultura, la nostra libertà, i nostri diritti. Non solo per le politiche razziste che pongono in essere. Ma anche perché con le loro parole di odio e paura aizzano gli squilibrati.
E’ ora che tutti, la sinistra riformista ma soprattutto la destra moderata mettano una linea. Un argine. Una trincea. Chi non lo farà sarà colpevole. Di procurato allarme, di istigazione all’odio, di furto di voti. E di contribuire a costruire il clima da cui la violenza razzista trae alimento.
Enrico Peroni, scambiato per serbo in Serbia, per tedesco in Germania, per svizzero in Spagna e per inglese a Roma, è veneto da diverse generazioni e sogna l’Europa Unita fin dalla fanciullezza. Fondatore di un’associazione ghei a 19 anni in una città piccolo borghese del nordest, innamorato della Spagna e dei suoi abitanti di sesso maschile, ad oggi Segretario di Partito della stessa città di cui sopra.
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