[Nucleare] Perchè da nuclearista convinto voto SI al referendum…
giovedì 9 giugno 2011 | Scritto da Isidoro Niola - 1.566 letture |
Nucleare sì o nucleare no è l’ultimo tormentone che affligge il Belpaese che venticinque anni ha deciso di mettere una pietra sopra alla produzione di energia elettrica da fonte nucleare e che oggi è chiamato di nuovo a pronunciarsi sul tema.
E così, ovviamente, non poteva mancare la divisione da stadio tra chi evoca scenari apocalittici in caso di ritorno al nucleare e chi, invece, in assenza di tale ritorno, preannuncia un’Italia alla canna del gas (non solo in senso metaforico, in quanto senza nucleare la dipendenza italiana dal gas – prevalentemente russo e libico – sarebbe ancora molto marcata).
Ad avere la meglio è stata però la disinformazione sia da parte di chi sostiene il nucleare sia da parte di chi lo avversa.
E quindi cominciamo col dire che il Piano di ritorno al nucleare è quanto di più strampalato Governo e Parlamento abbiano potuto produrre. Il tema è certamente delicato e, proprio per questo, imponeva chiarezza e ricerca del consenso (non quello dei sondaggi della Piepoli!) così da giungere all’attuazione del Piano in un clima di condivisione che fosse la più ampia possibile. E, invece, la partenza è stata contraddistinta da una serie di annunci roboanti e altisonanti che lasciavano chiaramente intendere che un’ottima occasione era stata persa: prima pietra entro il 2013, primo KWh prodotto entro il 2018; abbattimento della bolletta energetica del 20-30%! Del resto, dubito che questo Governo e questa maggioranza abbiano mai creduto veramente al nucleare in quanto se l’avessero fatto veramente, i suoi membri sarebbero andati in giro per il Paese a spiegare che i “pro” erano superiori ai “contro”, senza negare che esistano dei “contro” (ad. es. le spese di smantellamento o la localizzazione delle scorie). E se avessero creduto veramente nel nucleare avrebbero individuato nei tempi originariamente previsti i siti per la localizzazione degli impianti e delle scorie evidenziando le cd. “misure di compensazione” previste dal Piano, vale a dire i vantaggi economici che i territori che avrebbero ospitato centrali o siti di smaltimento ne avrebbero ricavato. Però, la data individuata per tali annunci era troppo a ridosso delle elezioni regionali e il rischio debacle elettorale era troppo grande per potersi esporre individuando i territori interessati, che poi di fatto non sono stati più individuati. Alla faccia della politica industriale che guardi al lungo periodo! Senza contare poi che alla famosa Agenzia per la sicurezza del nucleare, scelti (dopo non poche liti nel Governo) i membri (presidente il senatore PD Umberto Veronesi), non è stato concesso un euro per svolgere la propria attività tanto che non ha neanche una sede (i membri si riunivano al tavolo di un bar!). Alla faccia della piena fiducia nel rilancio del nucleare!
Per convincere i più scettici, si è allora puntato il dito sulla forte dipendenza energetica dell’Italia dall’estero (dato inconfutabile) e sul peso che lo sviluppo delle fonti rinnovabili aveva nella bolletta degli italiani (anche questo dato inconfutabile). Ma, del resto, neanche il nucleare poteva essere a costo zero per gli utenti finali visti gli ingentissimi costi necessari per la realizzazione delle centrali, per assicurarle in caso di incidenti, per smaltirne i residui e per bonificarle dopo la loro chiusura (eh sì, perché un impianto nucleare non dura per sempre!). Ad esempio, sui costi finanziari per costruire le centrali (cioè, il costo del denaro che i costruttori avrebbero richiesto alle banche) e sui costi assicurativi nulla si è detto come se non entrassero anch’essi in gioco e non fossero tra quelli più onerosi da sopportare. Ragion per cui era inevitabile (ma, in realtà, anche giusto) che (almeno in parte) questi costi sarebbero stati poi traslati in bolletta (come, del resto, accade in tutto il mondo).
Ma anche sul fronte dei detrattori non è mancata la disinformazione. In primis, questa famosa alternativa nucleare/rinnovabili è una panzana. Gli impianti nucleari permettono una produzione cd. “baseload” (cioè costante durante l’arco della giornata essendo fonti cd. programmabili). Al contrario, l’energia rinnovabile (tranne l’idroelettrico) è per definizione non programmabile in quanto per produrre i relativi impianti hanno bisogno che ci sia il sole o che soffi il vento (e questo non lo si può prevedere). Inoltre, ad oggi, non è ancora possibile l’accumulo di energia prodotta, la quale quindi deve essere consumata nello stesso momento in cui viene prodotta. La stessa Germania, ad esempio (a prescindere dalla scelta scellerata di chiudere le centrali entro il 2022 dopo aver indotto un bel po’ di investitori a spendere miliardi di euro) combina nucleare e rinnovabili. Le rinnovabili da sole non bastano e non possono sostituire le fonti di produzione convenzionali.
In secondo luogo, non si può tacere circa il fatto che senza nucleare l’Italia non raggiungerà mai gli obiettivi del famoso 20-20-20 concordati a livello comunitario. Infatti, gli impianti di produzione da energia nucleare sono a emissioni zero così che proprio il raggiungimento di obiettivi di politica ambientale potrebbe spingere gli Stati membri nella direzione del nucleare.
Detto ciò, orientarsi al voto al referendum è difficile. Per quanto mi riguarda, io voto SI’ al referendum, pur non avendo niente di contrario al nucleare, perchè piuttosto che tornare al nucleare come pensa(va) di fare il Governo, preferisco farne a meno. Gli investimenti richiesti sono troppo elevati per affidarli ad un manipolo di dilettanti allo sbaraglio. So che la vittoria dei SI’ (e, ovviamente, il raggiungimento del quorum) di fatto sarebbe per almeno altri 25 anni la pietra tombale sul ritorno al nucleare ma, se così fosse, la responsabilità più grande non sarebbe di ambientalisti e comitati referendari (che difendono le loro legittime idee) quanto di chi ha proposto il rilancio del nucleare non credendoci fino in fondo e non avendo la più pallida idea della materia di cui stava trattando. Se questi ultimi avessero sin da subito cominciato quell’opera necessaria di (corretta) informazione al fine di coinvolgere l’intera società nel progetto di rilancio del nucleare, gli italiani non si sarebbero fatti spaventare dall’incidente di Fukushima perché si sarebbero resi conto che esso aveva riguardato un impianto vetusto (non come quelli che sarebbero dovuti essere costruiti da noi) e, per lo più, situato in una zona sismica (dove la legge italiana espressamente vieta la costruzione di infrastrutture di questo tipo). E poi si sarebbero resi conto che in Giappone 17 delle 18 centrali nucleari installate avevano resistito ad uno tsunami! E, invece, tocca sentire Chicco Testa che dice in televisione che è vero che a Chernobyl ci sono stati dopo l’incidente del 1986 4.000 bambini malati di cancro ma solo 15 di questi sono morti. Come se un cancro è un raffreddore e come se un cancro (come un raffreddore) è qualcosa che va via da solo o con cui ci si convive senza troppe preoccupazioni.
Tirando le somme, direi che l’argomento è troppo importante e gli investimenti in ballo troppo ingenti per affidarli a questo manipolo di sbandati e se il SI’ al referendum significa buttare via il bambino con l’acqua sporca, poco importa, quel bambino è ormai affogato da tempo nelle acque torbide della demagogia e della disinformazione così si tratterebbe di buttare via un cadavere, al quale va garantita una degna sepoltura…Come al progetto di italiano di tornare al nucleare.
Isidoro Niola_azzeccagarbugli, in realtà non ne azzecca davvero una, facendo perdere a Labouratorio tutti i ricorsi per le multe per divieto di sosta.
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