[Nuclearismi] Italia – Giappone 0 -3 , ovvero “Siamo tutti terremotati”
venerdì 25 marzo 2011 | Scritto da Stefano Del Giudice - 1.924 letture |
No, per favore, niente sorrisini di compatimento. La faccenda è seria, talmente seria da imbarazzare anche un bieco spacciatore di cinismo e realpolitik come il sottoscritto: mentre l’Italia si appresta a festeggiare i 150 anni di unità nazionale, il Giappone tecnologico, patria del sushi, dei Manga e delle nuove tendenze underground, annaspa sotto i colpi di un terremoto di violenza inaudita, di uno tsunami devastante e di una nuova catastrofe nucleare.
Il fatto è che loro, i giapponesi della tecnologia al limite della fantascienza, si ricordano di essere stati anche qualcosa di più e di fronte alla furia incontenibile della natura reagiscono senza incertezze, in silenzio, mantenendo la calma per non peggiorare le cose. La terra trema e la gente sa esattamente cosa deve fare: resta immobile , senza prendere iniziative inconsulte, perché chi convive con i terremoti sa che mettersi a correre e ad urlare non serve a nulla, ma aumenta solo l’esposizione al pericolo. Scarseggiano i viveri e si va a prelevare velocemente quello che serve al supermercato, ma è scontato che fra qualche giorno, passato il peggio, tutti torneranno alla cassa per pagare quello che è stato preso in fretta e furia.
C’era l’incubo concreto di una catastrofe nucleare e allora, mentre 150 volontari si sacrificavano restando al proprio posto di lavoro in una centrale danneggiata e con le emissioni radioattive fuori controllo, sono state razionate le scorte di energia per affrontare l’emergenza: 3 ore al giorno di black out totale ed il palazzo imperiale non fa eccezione. Questo Giappone d’emergenza, alla faccia della sciagura che si è abbattuta su di un’economia ormai ferma da anni, merita solidarietà, ma soprattutto ammirazione e profondo rispetto ,al punto che piacerebbe persino al severo Mishima, l’intellettuale che criticava la prevalenza della tecnologia sui valori tradizionali e che si suicidò con il rito degli antichi samurai per incompatibilità con i “tempi moderni “delle radioline e delle moto da corsa.
E noi? Noi che c’entriamo? Eh, si sa, noi italiani siamo sempre bravi a chiamarci fuori. Siamo bravi,soprattutto, a far finta di ignorare che il nostro bravo terremoto lo stiamo vivendo anche noi,tsunami e catastrofe nucleare incluse nel pacchetto. Non sto parlando,naturalmente,dei fenomeni sismici che hanno colpito periodicamente la penisola (dal Belice,al Friuli, all’Abruzzo), né delle sciagure che continuiamo nonostante tutto ad inseguire, per esempio continuando a costruire edifici abusivi sulle pendici di un Vesuvio ritenuto “a rischio”: sto parlando del terremoto istituzionale che ormai da tempo ha devastato la Repubblica Italiana, mentre uno tsunami occupazionale ed una catastrofe radioattiva detta “futuro incerto” si diffondono fra gli strati di una società sempre meno coesa e sempre più in crisi nei propri punti fermi.
Dite che sto esagerando? Non credete alle mie parole? Bene, affar vostro pensare che io stia ingigantendo le cose, perché la verità è che il terremoto istituzionale c’è ed è in piena fase di moto sussultorio ondulatorio: la nostra bella Costituzione, voluta da italiani che scrivevano in modo chiaro e comprensibile, grazie agli ottimi studi ed alla ricchezza di idee, è quotidianamente svilita ed umiliata da politici di forte ambizione ed incerta istruzione,i quali credono di poterla rivoltare come un calzino vecchio.
Si spiegano così i troppi progetti di riforma per lo più improvvisati ed i Presidenti del Consiglio che dimostrano di non avere ancora imparato,nonostante gli anni,che parlare ad un Parlamento non è esattamente come parlare ad un meeting aziendale di rivenditori porta a porta. La Repubblica , è bene ricordarlo, non aiuta più i capaci e meritevoli, “ancorchè privi di mezzi”, a conseguire un’istruzione che soddisfi e valorizzi le attitudini e le giuste aspirazioni ; la Repubblica ,per di più, non riesce più a fondarsi sul lavoro ,dal momento in cui un giovane su tre risulta disoccupato. I parlamentari rappresentano la nazione ( quindi anche coloro che non li hanno votati) ,ma qualcuno di loro va in televisione a chiedere voti e ad imbonire gli elettori alludendo ad un immaginario “contratto”, mentre ancora nessuno ha capito per quale motivo, piuttosto che varare una complessa e costosa riforma denominata “federalismo municipale”, non ci si è limitati a dare una vera e funzionale autonomia finanziaria alle Regioni: ma non è forse vero che il Costituente le aveva volute per realizzare un modello efficiente di decentramento amministrativo? Nel frattempo,gli studenti di giurisprudenza si scervellano sul significato del concetto di “responsabilità sociale dell’impresa”, citato dalla Costituzione, e si trovano di fronte l’esempio di un Marchionne qualunque che minaccia di portare all’estero gli stabilimenti Fiat, forse per togliersi di torno i sindacati o forse per avere in premio dalla famiglia Elkan il sospirato maglioncino nuovo in pura lana vergine. Ma non gli bastava il misto cashmere che gli regala ogni anno l’assemblea degli azionisti?
Nel frattempo, lo tsunami di posti di lavoro che saltano costringe integerrimi padri di famiglia a trasformarsi in venditori di qualsiasi cosa pur di tirare a campare ,mentre troppi disoccupati,giovani e non, si rassegnano in fretta a restare tali finchè si può. Si è mestamente indotti a dubitare che il compagno d’università che non si è mai laureato, perché preferiva spacciare coca e girare in Porche , sia quello che forse ha capito davvero tutto della vita e che l’esempio di troppi illustri delinquenti, quelli che fanno i soldi fra traffici vari ed il minimo sindacale di arresti domiciliari, sia il vero distillato di saggezza per vivere bene nei tempi moderni. Intanto,però,il ministro Gelmini dice che bisogna impegnarsi e studiare con profitto per conquistarsi un futuro nella vita: basta, ovviamente,che in famiglia ci sia chi può pagare la scuola privata al giovane rampollo. Per quelli che non hanno questa fortuna, il futuro è andato a farsi benedire, insieme al sistema scolastico fottuto dal sei politico e dal congiuntivo trapassato ( nel senso di morto e sepolto,come del resto i concetti di grammatica e sintassi).
Nel frattempo, qualcuno ha capito di essere troppo giovane per andare in pensione e troppo vecchio per imparare qualsiasi cosa,mentre qualcun altro va avanti alla come viene ,senza sapere che quando non potrà più lavorare al nero o a tempo determinato sarà in mezzo ad una strada,perché non avrà diritto a nessuna pensione e non sarà in grado di costruirsene una.
Mentre scrivo, penso ai molti amici che vivono di partita Iva ed hanno passato i quarant’anni sapendo che nessuna banca farà mai loro un mutuo prima casa solo perché hanno un contratto di lavoro “a progetto”. Niente casa,niente famiglia da costruire e niente sogni di felicità. La precarietà è infatti l’unico stato possibile e si irradia dal lavoro ai rapporti sociali fino ai meandri più reconditi della vita affettiva: altro che contaminazione radioattiva !!! Ma intanto Sky-Sport ci dice che Milan -Inter sarà decisiva per lo scudetto e tutti noi ,come un mucchio di drogati all’ultimo stadio, ci lasciamo anestetizzare il cervello ed il buon senso , facendo anche finta di interessarci alla polemica stucchevole sull’opportunità di dichiarare festivo il 17 marzo ,fatidico giorno in cui cade il centocinquantesimo anno dell’Italia Unita. Ma siamo sicuri che il problema sia quello di un giorno festivo in più sul calendario ? Ecco,se faccio il confronto con i terremotati giapponesi, mi viene di pensare che dovremmo piuttosto imporre una giornata di silenzio e chiedere scusa per lo spettacolo indecente del nostro continuo e dissennato urlare e lamentarci.
Sotto la minaccia delle scosse, noi urliamo e corriamo in ogni dove, piangiamo e ci raccomandiamo, ma soprattutto evitiamo di alzare le chiappe e darci una mossa ,perché comunque “ci deve pensare lo Stato”. Teniamo la dignità nelle mutande e riteniamo che la soluzione stia semplicemente nel porsi dalla parte giusta,quella che fa il bunga bunga e di fronte alla tragedia collettiva resta comunque al sicuro. Siamo opportunisti, cinici,privi di qualsiasi afflato di solidarietà e,se necessario,bravi a fare i froci con i culi degli altri. Abbiamo la dignità di una puttana di strada del Pireo ed andiamo in televisione esibendo figli e numeri di conto corrente per organizzare collette che serviranno a finanziare le cure di bambini perfettamente sani…Sempre meglio che lavorare, giusto?
Intanto,”altrove”,il popolo giapponese si rialza e comincia a ricostruire, ricco della propria dignità.E pensare che loro non hanno proprio nulla da festeggiare,perché l’incombere della catastrofe nucleare causata alle centrali dai danni del terremoto non è esattamente un evento ben augurante per il futuro…strano,vero? E pensare che ben pochi,in Italia,hanno il coraggio di ammettere che i cari vecchi Jap, nonostante oggi siano ancora pressoché inermi di fronte al disastro, stanno per darci l’ennesima lezione.
Intanto, però, noi abbiamo l’anniversario dei 150 anni ed a me toccherebbe, ora, l’ingrato compito di scrivere qualcosa di interessante e possibilmente anche un po’ intelligente sulla ricorrenza: ecco, ci sono, magari potrei dire che i giapponesi ci hanno dato una sacrosanta lezione e che questa storia dell’anniversario dello Stato unitario meriterebbe ben altro atteggiamento da parte nostra , quantunque i politici siano solo capaci di esprimere concetti traboccanti di retorica e strumentalità . Mi viene di scrivere Italia –Giappone 0-3, ma non per stucchevole esterofilia, né per disfattismo. Voglio scriverlo a titolo di provocazione, di sfida, per vedere se qualcuno capisce che il Paese ha un futuro solo se ritrova una sua dignità e la pianta di fare l’altalena fra la sceneggiata napoletana dei terremotati di Stato e l’autocelebrazione in diretta nazional –popolare del duo Baudo- Vespa (hanno mandato in onda un programma intitolato “150” alludendo forse alla somma dell’età dei due dinosauri). Basta piagnistei,basta accampare scuse,basta eludere la legge in modo sistematico e truffaldino. Cominciamo a far passare il concetto che “fregare” rende l’uomo un po’ meno uomo e che rimboccarsi le maniche è il modo migliore di chiedere aiuto; cominciamo a parlare di doveri per avere più diritti e proviamo a diventare più severi con noi stessi, a non perdonarci i nostri soliti difetti e magari a diventare un po’ meno ipocriti. Proviamo a riprenderci concetti fondamentali quali la “legalità”, il “futuro”e il “dovere”, magari cercando di far capire alle persone, una volta per tutte, che un’esistenza libera e dignitosa, magari senza Porche ma con un lavoro da vivere responsabilmente, non ha prezzo. Cerchiamo di far passare il concetto, insomma che la parola “crisi” nasconde in sé anche il senso dell’opportunità di una riscossa, ma a patto di saper cogliere il senso più vero dell’idea di “responsabilità”,la NOSTRA “responsabilità .
Questo, in sostanza, è l’unico vero regalo che dovremmo farci per questi 150 anni di unità d’Italia, sempre che alla fine non ci piaccia continuare a perdere tre a zero e piangerci addosso pensando che in fondo è tutta colpa dell’allenatore.
Stefano Del Giudice_nato a Montevarchi 45 anni fa, nonostante l’età e studi classici conserva il gusto per il “politicamente scorretto” ed i punti di vista rigorosamente impopolari.
beh leggere articoli così, mi fa star bene…sperando che la riscossa abbia inizio!