[Mondoperaio in Labouratorio] Il futuro dei giovani, il futuro della politica.
domenica 13 marzo 2011 | Scritto da Filippo Modica - 1.306 letture |
“La vostra generazione sarà la prima, dopo almeno sessant’anni, a vivere in condizioni peggiori rispetto a quelle conosciute dalla generazione precedente”: è questo il ritornello che i giovani italiani hanno imparato a sentirsi ripetere negli ultimi anni, il tormento che inutilmente cercano di allontanare, il tema politico per eccellenza dei nostri giorni, al di là della fuffa mediatica e delle guerre per bande di cui sono zeppi telegiornali e quotidiani vari.
Non a caso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, uomo di grande cultura e lucidità (qualità, purtroppo, sempre più scarsamente riscontrabili nel devastato scenario della politica italiana) ha dedicato proprio ai giovani il messaggio augurale di fine anno sottolineandone il fondamentale ruolo politico e sociale (“ non siete semplici spettatori, perché la politica siete anche voi”) e invitandoli a non farsi paralizzare dall’ansia per un futuro che si presenta a tinte fosche. E proprio ascoltando Napolitano, capace di illustrarci con serietà tutta una serie di sfide che dovremo affrontare in Italia e in Europa (dalla crisi economica al governo della globalizzazione, dalla riduzione del debito pubblico alle mancate riforme economico-sociali, dal rilancio dell’Università alla disoccupazione), viene naturale riflettere sul rapporto fra le nuove generazioni e la politica e sul processo di formazione delle classi dirigenti.
Ma bisogna porsi anche un interrogativo: siamo così sicuri che la freschezza delle idee, la capacità di innovare, l’occhio sveglio sul mondo, l’anticonformismo, la “modernità”, siano prerogativa dei giovani in quanto tali? E’ su questo luogo comune che spesso si fonda la protervia di alcuni giovani politici che appena hanno un minimo di successo (assicurato da un’elezione e/o dall’esposizione mediatica) pensano di aver capito tutto, di essere i salvatori della Patria in grado di far subito tabula rasa della vecchia classe dirigente considerata attempata, compromessa e incapace di capire il mondo che cambia. Intendiamoci, quello del mancato ricambio generazionale è un problema enorme in un paese in cui vengono considerati giovani politici che hanno cinquant’anni.
I giovani dirigenti, infatti, vengono di regola cooptati dai vertici, e mancano spesso e volentieri di coraggio e spirito d’iniziativa: quasi sempre finiscono col diventare piccoli replicanti dei leader di riferimento. Questo è il modo peggiore per formare una classe politica. In un quadro del genere trionfano attendismo, conformismo, mera conservazione del potere e incapacità cronica di elaborazione di proposte innovative. D’altro canto il narcisismo imperante e l’ipermediaticità dei tempi attuali hanno imposto all’attenzione del pubblico una nuova schiera di giovani smaniosi di far carriera in tempi rapidi: i vecchi inconsapevolmente hanno fatto il loro gioco, ma la capacità di una leadership non simisura certo col metro delle apparizioni televisive o con quello della demagogia, tanto meno con la mancanza di una proposta seria e realmente alternativa sapientemente dissimulata dall’abilità nel creare slogan e organizzare raduni, veri e propri happening nei quali il minimo comune denominatore è uno e uno solo: la cacciata dei vecchi. Se a questo aggiungiamo il continuo “calo del desiderio” dei giovani (come della maggior parte dei comuni cittadini) nei confronti della politica (né impegno, né mero interesse) allora il quadro diventa davvero desolante.Ma non possiamo né farci paralizzare dall’ansia (come giustamente ammoniva Napolitano), né farci assalire dalla desolazione: non ce lo possiamo permettere. Abbiamo bisogno di non nasconderci nessuno dei problemi e delle dure prove da affrontare; proprio per questo non possiamo continuare a riporre la nostra fiducia nei confronti di chi si è già dimostrato totalmente inadeguato, né possiamo illuderci sulle virtù taumaturgiche di chi vuole cambiare tutto per non cambiare nulla (e garantirsi un posto a tavola domani). Il problema della formazione di una classe dirigente che sia seriamente “nuova ed altra” diventa quindi di fondamentale importanza. Ma se i nuovi/vecchi partiti sono cronicamente sterili da questo punto di vista, abbiamo ancora la possibilità, se non di creare, quantomeno di immaginare nuovi percorsi? Potrà sembrare illusorio e minimalista, ma credo che i giovani, siano essi militanti o semplici cittadini interessati alla politica, possano giocare un loro ruolo nel futuro solo se sapranno liberarsi da logiche di cooptazione e velleità rottamatorie, se cominceranno a studiare la complessa storia di questo paese evitando le letture di parte e mistificatorie, se concepiranno la politica come servizio reso nei confronti della collettività, se avranno pazienza e ostinazione, se in qualche modo sapranno “fare rete” (internet aiuta molto in questo senso), se sapranno non cadere nelle trappole del narcisismo e del presenzialismo, se sapranno dare ascolto a quelle poche voci libere (e spesso si tratta di “ragazzi” dalla veneranda età) che ancora resistono nel nostro martoriato paese.
Se solo si fosse dato ascolto all’Ernesto Rossi di Abolire la miseria sessant’anni fa, quanto sarebbe diversa oggi la condizione dei giovani! E quanto avremmo bisogno di economisti, scrittori, giornalisti, politici di tal livello! Non disperiamo di averne nel prossimo futuro, molto dipende dal nostro impegno e dalla nostra determinazione.
Filippo Modica_32 anni, sempre più scettico riguardo ai destini della politica italiana, sogna di trasformarsi in Diogene e andare alla ricerca della classe dirigente del futuro. Non ama rottamatori e cooptati, predilige contadini, ingegneri, architetti, muratori… A buon intenditor, poche parole!
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