[Quella notte del 1987] Diciamocelo…Ben Alì salì al potere grazie all’Italia
sabato 29 gennaio 2011 | Scritto da Matteo Pugliese - 2.364 letture |
Ben Alì assunse il potere in Tunisia in un golpe incruento avvenuto 23 anni fa.
Come andò quella notte tra il sei e il sette novembre 1987 a Tunisi ce lo racconta Matteo Pugliese.
Fulvio Martini, ammiraglio della Marina, capo dei Servizi segreti militari (SISMI) per sette anni, pilastro dell’intelligence italiana sotto governi di qualsiasi colore, stimato da colleghi Nato e sovietici, fama di gentiluomo, elettore PRI e artefice di Sigonella. Nel 1999 l’Ammiraglio depone in commissione Stragi del Parlamento Italiano ed in seduta segreta racconta per la prima volta cosa accadde in Tunisia. Purtroppo non scese nei particolari né lì né in seguito (l’ammiraglio morì 4 anni dopo), essendo Ben Alì ancora nel palazzo di Cartagine in cui Martini lo pose.
Sappiamo che negli anni Ottanta già ardeva la crisi israelo – palestinese e le frange integraliste islamiche minacciavano le terre del Tramonto, Maghreb in arabo, Tunisia compresa. Le conseguenze di un’eventuale escalation islamista erano del tutto evidenti a chi, come l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, in quegli anni aveva fatto del Mediterraneo il perno della sua politica estera, di egemonia ed autonomia.
Martini ricevette ordine, Craxi premier e Andreotti Ministro degli Esteri, di preparare la successione all’ottantaquattrenne presidente Bourguiba, patriota berbero che guidava la Tunisia da 30 anni con una politica più ba’thista prima, di stampo kemalista poi. Bourguiba, ormai demente ed isolato, voleva risolvere il problema del radicalismo islamico con qualche fucilazione sommaria. Il SISMI coordinato da Martini operò una prima fase di contatto coi pezzi grossi del regime, spianando i punti di contrasto, poi impose una successione pacifica di cui si vantò sempre per non aver sparso “una goccia di sangue”.
L’erede al trono designato dai Servizi (con la collaborazione di altri attori) era un uomo dalla folgorante carriera: militare professionista, capo e fondatore della Sicurezza nazionale tunisina, ambasciatore in Polonia, Ministro degli Interni e Primo ministro. Ben Alì, che convinse i medici di Bourguiba a dichiararlo incapace e assunse la Presidenza della Repubblica tunisina con il beneplacito di tutti. L’unica vittima – come tenne a sottolineare Martini – fu il suo omologo francese, che perse il posto perché anticipato dai piani italiani. Guarda caso, un mese dopo il golpe, il presidente dell’Eni, il socialista Franco Reviglio, si recò a Tunisi accompagnato da Bettino Craxi per concludere un accordo energetico. Anni dopo, proprio Craxi sarà protetto ad Hammamet da Ben Alì.
Quando Ben Alì ha ceduto alle proteste fuggendo all’estero, lo ha fatto essenzialmente per due motivi: il timore di essere rimosso da un colpo di Stato violento ed il mancato appoggio internazionale, unito a probabili azioni di intelligence di cui è prematuro parlare.
Pare che venerdì 14 gennaio, il presidente si sia allontanato da Tunisi su un aereo scortato da due caccia dalla dubbia nazionalità. Contemporaneamente, un portavoce del governo di Malta annunciava che “poco dopo le 19.00 l’aereo di Ben Alì ha sorvolato lo spazio aereo maltese in direzione nord”. Nel frattempo le autorità francesi passavano dal ‘prendere atto’ dell’arrivo di Ben Alì, al definire “indesiderata” la sua visita . C’è un vuoto di qualche ora in cui dell’aereo non si sa nulla. Tuttavia verso sera un Falcon tunisino chiede permesso di atterraggio a Cagliari per rifornimento; inizialmente l’equipaggio si rifiuta di far salire a bordo la polizia, infine avviene il controllo e sia Frattini che Maroni assicurano che a bordo non vi sia Ben Alì. Ma, dopo il decollo del Falcon dalla Sardegna, giunge la notizia che il presidente tunisino è diretto a Gedda in Arabia Saudita, il cui governo accetta di fornirgli asilo.
Il rifiuto di Parigi è dovuto forse a due ragioni, il timore di ospitare un personaggio impopolare tra la folta comunità tunisina in Francia ed il rancore per un uomo che grazie all’Italia scavalcò i piani dei servizi francesi, tradizionalmente influenti nella politica maghrebina.
Algeria, Libia ed Egitto versano nelle medesime condizioni della Tunisia, oppresse da regimi mascherati e tollerati dall’Europa come sicuro baluardo contro l’avanzata islamica. Ed il perno che regge tutto è proprio l’Egitto. Caduto quello, cade il Maghreb.
Matteo Pugliese_20 anni e un’onorata carriera nel Sismi. A dirla tutta, è l’infiltrato di Labouratorio nei servizi.
Sì questa è la versione più verosimile dell’affaire tunisino, che vide per la prima volta l’italia dal dopoguerra, agire con peso determinante, sullo scacchiere internazionale.
Anche se Bobo Craxi si ostina a fare il diplomatico e ha recentemente dichiarato in una intervista che Martini è stato una sorta di millantatore, che si attribuì più meriti di quelli che non ebbe, mirando ad escludere il coinvolgimento politico dell’allora primo ministro italiano, suo padre.
Infatti, sinceramente, la posizione di Bobo Craxi mi ha lasciato un po’ stupito. Perché è chiaro che, in quello che ci ha riportato Matteo in questo bell’articolo, esiste un disegno che è rintracciabile e che è verosimile e che peraltro è confermato dal fatto che il sistema di potere cade quando non è più sostenuto dall’equilibrio internazionale che lo ha creato. Non penso che sia giusto definire Martini un millantatore senza spiegare perché, allora, il regime si è instaurato all’epoca ed è caduto oggi. Trovo la posizione di Craxi nell’intervista a cui Alessandro si riferisce francamente anacronistica: va bene difendere le ragioni di famiglia, ma fino a dove e fino a quando?
Risulta dalle visite del nostro sito che ci stanno leggendo anche dalla Tunisia!GRANDI!
Beh Crucio ho i miei contatti diciamo 😛
[…] originale: http://www.labouratorio.it/2011/01/29/quella-notte-del-1987-diciamocelo%E2%80%A6ben-ali-sali-al-pote… […]