[Labouratorio intervista Michele De Lucia] “Un buon accordo. Se venderanno le auto.”
giovedì 13 gennaio 2011 | Scritto da Redazione - 969 letture |
Labouratorio si fa serio per trattare questioni serissime. Ci troviamo quasi in imbarazzo ad ospitare sul nostro sito tre interviste di tre esponenti politici di primo livello.
Michele De Lucia, tesoriere e militante di radicali italiani, e’ un radicale a 24 carati. Gia’ nel 2002 scrive il volume ”Fiat quanto ci costi?”. E’ autore di molte delle più importanti proposte di legge depositate dai radicali nelle materie economico-sociali. E’ stato anche autore del best-seller “Il baratto. Il Pci e le televisioni: le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta”. Labouratorio e’ fiero di avere il suo punto di vista.
1) Come giudica il valore dell’accordo di Mirafiori, e più in generale la gestione Marchionne, per la strategia di rilancio della Fiat e il suo futuro in un mercato difficile come quello dell’auto?
È un buon accordo, che poteva essere ancora migliore se tutte le parti in causa avessero avuto maggiore disponibilità reciproca, e se la Fiom avesse badato agli interessi dei lavoratori più che alle proprie rendite di posizione. Mi spiego meglio: la Fiom è infuriata perché teme di perdere la rendita di posizione che le ha consentito di non sottoscrivere gli accordi e tuttavia di beneficiare ugualmente dei risultati di quegli accordi. Oggi il sindacato minoritario ha di fatto un potere di veto rispetto all’accordo firmato dalla coalizione sindacale maggioritaria, perché in ogni momento potrebbe proclamare lo sciopero contro il contratto stesso. Inoltre, è la legge in vigore a prevedere che il sindacato che non firma possa essere negato il diritto alla rappresentanza in azienda. Non mi pare giusto, ma così è. È una norma che i sindacati hanno voluto quindici anni fa, pensa un po’. Vedi, alla fine… i fatti si vendicano, e diventano misfatti. Al posto della Fiom, invece di parlare di “diritti costituzionali violati”, mi sarei concentrato e mi concentrerei sin d’ora sul pretendere da Marchionne, ogni giorno, il rispetto degli accordi presi. Faccio un esempio: che lo stabilimento Fiat di Termini Imerese fosse spacciato, noi radicali lo dicevamo dieci anni fa. Lo dicemmo durante un incontro con Mastrosimone, leader Fiom di Termini, e gli operai. La Fiom ha insistito per dieci anni, accontentandosi della cassa integrazione, sulla tutela dei posti di lavoro in astratto, non dei lavoratori in concreto (che possono essere riqualificati e occupati in altri settori non saturi come è invece quello dell’auto). I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Speriamo che ora Marchionne riesca a vendere le auto che pensa di vendere, ma ne dubito molto.
2) Il Governo ha dato appoggio incondizionato alla dirigenza della Fiat, sostenendo l’accordo di Mirafiori cosi come aveva fatto con Pomigliano. L’azione del governo ha perseguito l’interesse del paese nel difendere esclusivamente le ragioni del Lingotto?
Più che dare un “appoggio incondizionato”, il governo mi pare del tutto latitante rispetto al pur minimo simulacro di politica economica e di visione complessiva del Paese. “Non pervenuto”, insomma. Guardate le dichiarazioni di Berlusconi rilasciate ieri: nel merito possono essere anche condivisibili, solo che qualcuno dovrebbe avvisare Berlusconi che Berlusconi è il Presidente del Consiglio (e lo è stato per ben otto anni negli ultimi dieci). È lui che può e deve, attraverso l’azione di governo, affrontare e risolvere i problemi. È lui che deve adottare, fin quando è capo del governo, le misure necessarie a far crescere il Paese per migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Ma mi rendo conto che qui si entra nel campo dell’esoterismo, o della fantascienza…
3)Molti commentatori anche a sinistra sottolineano come l’accordo sia di fatto inevitabile per restare competitivi nel mondo globalizzato. Tuttavia questa visione sembra implicitamente assumere un progetto di sviluppo del paese ancora incentrato sulla grande industria. Qual è la sua opinione in merito? E’ sensato puntare ancora sulla FIAT o e’ possibile pensare a un piano di sviluppo credibile che prescinda dall’azienda torinese, anche in considerazione del valore produttivo della PMI nell’economia italiana?
Come dicevo prima, magari ci fosse un “progetto di sviluppo” del Paese da valutare, da condividere o criticare. Tu lo conosci? A me pare di non vederlo da nessuna parte. Il problema oggi non è costituito dalla Fiat in sé, che è stata per decenni campione di “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite”. E sono stati tutti d’accordo: partiti, Confindustria, sindacati, con solo noi radicali contro. Per tornare alla tua domanda, c’è un dato su cui riflettere: l’Italia è il penultimo Paese tra quelli dell’UE quanto a capacità di attrarre investimenti stranieri. Questo perché abbiamo un sistema di relazioni industriali e una giustizia che mettono in fuga… non solo gli stranieri, ma anche, sempre di più, gli italiani. Quanto alle PMI, sono d’accordo con te. Sono da sempre sacrificate agli interessi delle grandi, al punto che vengono usate dalle grandi come veri e im-propri sportelli bancari: commissionano i lavori, non le pagano o le pagano con centinaia di giorni di ritardo, e quelle – che costituiscono la parte più sana del nostro sistema produttivo – spesso falliscono. Per rimediare a questa situazione scandalosa abbiamo presentato una proposta di legge, il deputato radicale Marco Beltrandi e il tesoriere del PD Antonio Misiani. Solo che nessuno lo sa, nemmeno gli elettori del PD, perché di queste cose in tv non dobbiamo poter parlare. Occhio, però, al “piccolo è bello”: è necessario che vi sia una crescita dimensionale delle imprese, e che le piccole si mettano assieme. Altrimenti non ci sono i soldi per investimenti in ricerca, innovazione e sviluppo, che sono indispensabili per rimanere competitivi.
4)L’accordo di Mirafiori, così come in precedenza quello di Pomigliano, hanno rappresentato una cesura netta nell’ambito delle relazioni sindacali. Finito il tempo della concertazione, Marchionne ha imposto il suo diktat a sindacati in una posizione di estrema debolezza. Cosa implicano questi accordi per il futuro ruolo dei sindacati nella tutela dei lavoratori?
Se il sindacato è debole, la responsabilità è soprattutto sua. Per sessant’anni è stato la perfetta interfaccia della Confindustria, ha giocato un ruolo spesso da veto player e da corporazione, ha usato lo strumento (importantissimo e sacrosanto) dello sciopero in modo improprio, comportandosi come un partito politico invece che come un sindacato. Senza dimenticare che non ha mai voluto l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione. E poi oggi parlano di diritti costituzionali violati? Se il sindacato tornerà a fare il sindacato, se rinuncerà al sistema delle trattenute automatiche in busta paga (passaggio fondamentale per restituire agli iscritti il controllo sulle proprie organizzazioni), se sceglierà la strada della democrazia sindacale e delle riforme, avremo un sindacato nuovo, capace di fare il suo mestiere, e con un grande futuro davanti a sé. Sarebbe un bene per tutto il Paese.
5)Di fronte alla difficoltà di coniugare la difesa di diritti e tutele per i lavoratori con il futuro degli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori e dei posti di lavoro, il PD non è stato in grado di esprimersi con una voce chiara. Come giudica le mosse dei partiti della sinistra rispetto alla questione Fiat?
Se è vero che il PD è in confusione, e che fa un grave errore nel non valorizzare e sostenere al massimo le proposte del professore (e parlamentare PD) Pietro Ichino, che anche noi radicali, con Emma Bonino, abbiamo sottoscritto al Senato, va anche detto che IDV e SEL hanno fatto anche peggio. Prendete Vendola, ad esempio: sembra il portavoce della Fiom! E pensa di candidarsi alla guida del centrosinistra sostenendo quelle posizioni? Fossi Berlusconi, stapperei un intero camion di bottiglie di spumante: una candidatura Vendola rappresenterebbe una vera e propria assicurazione sulla vita politica del premier. Per inciso: ieri Vendola è andato davanti ai cancelli di Mirafiori, ma alla domanda “lei voterebbe sì o no al referendum?” alla fine mica ha risposto!
6) Ampliando un pò la prospettiva, la vicenda della Fiat inquadrata nel contesto generale della crisi economica e della globalizzazione economica sembra indicatrice di un cambio di paradigma anche nei rapporti tra Capitale e Lavoro. Il XX secolo sembra essersi portato via tanto il compromesso socialdemocratico quanto l’ultimo trentennio di entusiasmo neoliberista. In quali forme pensi che possa evolversi il conflitto tra capitale e lavoro nel nuovo scenario globale?
Il problema è che in Italia ha sempre prevalso il metodo (malsano) della combinazione tra capitale e lavoro mediata dallo Stato, nel contesto di un sistema corporativo e concertativo. L’Italia non ha un problema di “socialdemocrazia” o di “neoliberismo”, che come evocazioni ideologiche lasciano il tempo che trovano. L’Italia ha un problema di riforme: delle rappresentanze sindacali, delle relazioni industriali, della contrattazione. Il “contesto generale” da noi sconta l’aggravante delle riforme mancate degli ultimi trent’anni, almeno. E ora quelle riforme mancate presentano un conto salato: se non si fa niente, si finisce di andare a fondo. Se invece saremo capaci, con coraggio e visione, di incardinare le riforme, di dare all’Italia regole finalmente in linea con quelle dei Paesi UE più avanzati, ci sarà ancora speranza. Ma per poter fare questo dovremmo, come radicali, avere accesso a quei Porta a Porta, AnnoZero, Ballarò, etc. rispetto ai quali continuiamo ad essere dei desaparecidos.
i radicali su labouratorio non saranno mai desaparecidi…
E proprio oggi, Susanna Camusso ha chiesto che finalmente si metta mano prima a un accordo e poi a una legge per attuare finalmente l’articolo 39 della Costituzione
Dopo il referendum, ci voleva una socialista in CGIL per portare aria nuova anzichè l’odore inebriante ma foriero di morte dello scontro duro e puro