[Cineserie] I “cinesi Han” non esistono … e se vogliamo dirla tutta nemmeno la Cina esiste
mercoledì 15 luglio 2009 | Scritto da Tommaso Ciuffoletti - 1.679 letture |
In una nota di mercoledì 8 luglio, l’agenzia Adnkronos fa un rapido quadro della composizione etnico-religiosa della Cina e ci informa che “nello Yunnan, la provincia sudoccidentale della Cina, mosaico di etnie, tra le bancarelle per turisti fuori dai templi buddisti si trovano commercianti Han (etnia che comprende il 95 per cento dei cinesi) che vendono cibi tipici cinesi”.
Ebbene questo è solo uno dei tantissimi esempi che si potrebbero fare riguardo all’approssimazione con cui, anche cronisti capaci, trattano di Cina. Il problema è che muoversi tra le ombre cinesi non è facile e farlo affidandosi a presunte certezze è la cosa più rischiosa che si possa fare. Il caso della “etnia Han” è, in questo senso, assolutamente esemplare.
L’errore della nota riportata in apertura sta, infatti, in quel riferimento alla fantomatica “etnia Han”. Han non è il nome di un’etnia, ma di una dinastia che governò, dal 206 a.C. al 220 d.C., un territorio oggi per la grandissima parte compreso entro i confini della Repubblica Popolare. Un territorio entro cui già allora conviveva una molteplicità di popoli che non parlavano nemmeno la stessa lingua. Niente a che vedere, dunque, con qualsivoglia concetto di etnia. Per usare una battuta, potremmo dire che fare riferimento ad un “cinese Han”, sarebbe grossomodo come parlare di un “italiano sabaudo”.
Per essere ancora più chiari credo sia utile una citazione dal bel libro “Ombre cinesi” di Stefano Cammelli (se vi interessa la Cina lasciate perdere Rampini per favore e compratevi questo volume edito da Einaudi).
“I popoli xiongnu, che dei cinesi furono rivali mortali e irriducibili, definiscono i loro nemici con il nome della dinastia che li governa. I cinesi furono dunque prima qinren durante il regno della dinastia Qin (221-206 a.C.) e successivamente hanren durante il regno della dinastia Han; ove naturalmente ren significa uomo. Questa usanza restò popolare nella Cina stessa per secoli: i cinesi non erano dunque definiti dal nome di un luogo o di una presunta razza, ma dalla dinastia che li governava. […] Quando il termine hanren, “uomo di Han”, viene preso come definizione di un popolo e trasformato in “cinese han” da affiancare a “tibetano”, “mongolo”, “giapponese”, “coreano”, ecc. si compie non soltanto un errore gravissimo, ma si accredita l’idea di una sorta di uniformità etnica che non è mai esistita […] Il “cinese Han” che tanta letteratura popolare definisce con abbondanza di particolari e affianca agli altri popoli dell’Asia non è semplicemente mai esistito. E’ una definizione errata e da cancellare: serve, se proprio se ne vuole trarre una certa utilità, ad individuare chi scrive di Cina o ne parla senza averne una conoscenza nemmeno approssimativa”.
Questo spunto offrirebbe l’occasione per aprire una riflessione fondamentale su quanto errati siano gli strumenti che solitamente ci vengono proposti per leggere ciò che noi chiamiamo Cina. A partire dalla considerazione che la definizione di “Cina” esiste solo in Occidente. Non è però questa la sede per addentrarsi in una disquisizione articolata su ciò che realmente si debba intendere quando si parla di Cina. Per farla breve basti la citazione di uno dei più grandi sinologi contemporanei (morto pochi mesi fa all’età di 86 anni), Lucian W. Pye, o se preferite il nome cinese Bai Luxù: “China is a civilization pretending to be a state”.
Cina, se proprio dobbiamo usare questo termine, non è un luogo, non è un’entità statuale, non è un’etnia; Cina è un’idea, un principio. Se lo si vuole comprendere sarebbe bene iniziare a studiarlo, invece di ripetere la noiosa litania che vuole la Cina tanto vicina.
Commenti recenti