[Labouracultura]il “SOCIALISMO” di L.Von Mises
sabato 7 marzo 2009 | Scritto da Redazione - 3.938 letture |
recensione critica di Socialista Eretico
Uno degli errori più grossi che si possono fare nel valutare un’ opera filosofica-politica è quella di giudicarla in base agli esaltati dogmatici che costituiscono il movimento che essa ha prodotto, vale per i testi di Marx , vale ancor di più per questo lavoro di Mises che consiglio vivamente a tutti coloro che sono socialisti , comunisti o semplicemente democratici.
Un’ altra avvertenza deve essere premessa su Mises come su tutti gli autori “sistemisti” : quella di star attenti a non confondere assiomi dei pensatori come dati reali acquisiti universalmente.
Se si accettano i paradigmi in cui è elaborata una tesi e l’autore di questa tesi è sufficientemente colto e lucido, si finirà per pensare “non può che essere così”.
In realtà, esperienza scettica insegna che non esiste teoria umana che non sia altro che una modellizzazione della realtà valida solo in presenza di determinate condizioni postulate dal modelizzatore stesso.
Solo dopo aver ben chiaro questo approccio si può affrontare la parte che più ha fatto sensazione del testo austriaco: l’ impossibilità del calcolo economico in regime socialista .
Potrebbe poi anche capitare di accorgersi che molte delle critiche di Mises sono ora tesi comuni anche a molti socialismi, ed infatti come scriverà di lì a poco Rosselli:
<< il socialismo non è che lo sviluppo logico del principio della libertà spinto alle sue estreme conseguenze . Considerato nel suo senso sostanziale e giudicato nei suoi risultati, il socialismo – in quanto movimento dell’ emancipazione concreta del proletariato- è un liberalismo in azione, è la libertà che si elabora per gli umili. Il socialismo dice: il riconoscimento astratto della libertà di coscienza e delle libertà politiche a tutti gli uomini, se rappresenta un momento essenziale nello sviluppo dell’umanità, ha tuttavia un valore ben relativo quando, per condizioni intrinseche o d’ambiente, a causa della miseria morale o materiale , la maggior parte degli uomini non sia messo in grado di apprezzarne il significato e di servirsene in modo concreto. La libertà è pura fantasia e non esiste per l’individuo, quando non è accompagnata e sorretta da un minimo di autonomia economica. In tali condizioni, l’individuo è schiavo della sua miseria >>( C.Rosselli, Socialismo liberale -edizione diretta da Aldo Garosci, pag.90)
lo stesso Mises forse aveva avuto sentore di qualcosa quando profeticamente scriveva:
<< per proteggere l’ideale socialista dagli effetti devastanti di tale critica, sono stati fatti di recente alcuni tentativi per migliorare la definizione comune del concetto di “socialismo”. La mia definizione di socialismo, quale politica rivolta alla realizzazione di una società nella quale i mezzi di produzione siano socializzati, è in accordo con tutto che che gli scienziati hanno scritto sul tema. […] Non è tuttavia il caso di litigare sulla definizione! Se a qualcuno piace chiamare socialista un ideale che conserva la proprietà privata dei mezzi di produzione, libero di farlo! ” >>
(Socialismo, prefazione alla seconda edizione tedesca , pag.37)
quando quindi Mises quindi scrive : <<Il problema che qui dobbiamo affrontare è quello della socializzazione della proprietà dei mezzi di produzione>>
non può che tornar in mente uno dei 13 punti rosselliani:
<<Che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo>>
che sposta la critica di Mises dal presunto cuore del socialismo(la socializzazione) alla positività o meno di un singolo mezzo dello stesso.
Non sempre il processo imbastito dall’austriaco scorre con eleganza razionale, in più punti, soprattutto quando ci si riferisce a Marx ma in misura minore anche per Fourier, Lassalle e Lenin, sembrano essere inquinato da pesanti umori di bile anche se talvolta vi sono , persino in questi momenti, delle trovate davvero pungenti come quando parlando del modo di far dibattito dei marxisti:
<< Il nemico non viene confutato: basta smascherarlo come borghese […] Il marxismo critica i lavori di tutti coloro che la pensano diversamente, presentadoli come servi prezzolati della borghesia. Marx ed Engels non hanno mai cercato di confutare i loro avversari con l’argomentazione. Li hanno insultati, ridicolizzati, derisi, calunniati e denigrati; e nell’uso di siffatti metodi il loro seguaci si sono dimostrati non meno esperti di loro>> (Socialismo – introduzione pag.51 )
Pare piuttosto forzata la leggerezza con cui l’autore dichiara secondari i problemi dell’eguaglianza tra i sessi in regime capitalistico (si ricordi, tra l’altro, che egli scriveva nel 1922, epoca ben lontana dalla condizione attuale delle donne).
Sempre sulla questione di genere si respira in generale un’aria da pantofolaio borghese conservatore, con sfumature che oggi inquieterebbero come quando afferma:
<< L’educazione impartita nella segregazione di un istituto porti all’omosessualità e alla nevrosi >> (Socialismo- l’ordine sociale e la famiglia)
Curioso che già Mises richiami Malthus (ricordo di nuovo: scrive negli anni 20) e qui una piccola polemica sulla sostenibilità dello sviluppo. Le cassandre si dividono in due tipi: quelle di Sinistra che gridano alla necessità di limitare la crescita per evitare il de-pauperamento del Pianeta, quella liberiste che invece insistono sulla necessità di limitare le nascite per evitare l’ingigantirsi di masse povere(che destabilizzerebbe il tranquillo ordine borghese). La contraddizione è che entrambi sono sempre pronti ad attaccare la tesi altrui e cioè , ad esempio, un ultra-liberista sbraiterà contro un ecologista di Sinistra poiché quest’ultimo insiste a limitare la crescita economica mentre lo stesso ecologista avrà più che qualche perplessità a ritenere la povertà nel TerzoMondo sia risolvibile con una riduzione delle nascite.
Altrettanto curiosa, e non del tutto giustificabile come l’analisi di “altro socialismo” , è il pontificare di Mises sul cristianesimo.
La cosa è da sottolineare perchè , come succede per Marx, anche per Mises si ha un branco di sedicenti discepoli pronti a confrontare ogni nuova teoria e sussulto della Storia con l’opera del loro Maestro e gridare al mondo la propria indignazione per la freddezza con cui Mises viene guardato, talvolta facendo intendere propri e veri oscurantismi di moderni complottanti sacerdoti dell’economia socializzante desiderosi di nascondere la “Verità economica incarnata”.
E forse lo scrivere da tuttologo di Mises incoraggia(va) tale mentalità.
Contestabile, personalmente, la teoria che il fascismo ed il nazismo siano forme di socialismo perchè si tende a dimenticare il lato inegualitario dei due movimenti . Naturalmente ognuno pul individuare la caratteristica che più gli aggrada e dividere i fenomeni secondo questa, per cui si potrebbe anche dividere il mondo tra coloro che hanno un neo sulla schiena e coloro che non lo hanno. Ci sarebbe però da discutere se tale divisione sia sensata o meno. Se , secondo Mises, il novecento è comunque il “secolo del socialismo” sarebbe più sensato cercare di evidenziare la differenza enorme tra le democrazie occidentali, il comunismo sovietico, il nazifascismo invece di cercare di inserire tutto nel grande calderone di questo mondo(socialista) infame a cui contrapporre , l’ideale del puro capitalismo trionfante, nuovo mondo non per forza felice ma cmq senza guerra (e si dica poco!!)
Interessante la concezione della democrazia che ricorda quella di un altro grande scettico come Salvemini:
<< la democrazia è non solo non-rivoluzionaria, essa cerca piuttosto di estirpare la rivoluzione. Il culto della rivoluzione, della rivolta violenta a qualsiasi prezzo che è tipico del marxismo . Non ha proprie niente a che fare con la democrazia>>
ed il suo riconoscere che non è un problema la presenza di elites politiche, anzi.
Infine credo vada esaminata la questione della mobilità sociale che insieme alla interpretazione della volontà “collettiva” come non-Mercato è la questione che mi allontana dall’austriaco.
In sostanza , Mises critica ogni possibilità di intervento di “ente collettivo”. In altri lavori saranno attribuiti chiaramente all’intervento pubblico persino le crisi cicliche dell’economia capitalistica(o dovremmo dire “socialista” visto che si è , per Mises, nel “secolo del socialismo”? ), qui si legge più semplicemente che l’intervento pubblico falsa la capacità di stabilire i prezzi e la decisione sulla quantità necessaria di un bene . Personalmente mi sono sorti i seguenti dubbi:
a) stabilire che l’ “istituzione collettiva” non è Mercato non è un procedimento simile a quello della divisione marxista tra valore e prezzo della merce? Non è cioè stabilire una nuova divisione “morale” tra cosa è “giusto” e cosa è “sbagliato”? Non vi alcun motivo , se non ideologico, per cui le richieste delle Stato non dovrebbero essere considerate nel Mercato. Non si può dire infatti che la richiesta di un qualsiasi prodotto da parte di una serie di individui in carne ed ossa sia più razionale della richiesta di un altro bene da parte dello Stato.
b) l’esistenza di questo ente collettivo che va ad incidere su quel che dovrebbe essere il “libero mercato” non dovrebbe far ritenere che questo ente sia inevitabilmente connaturato allo stesso sistema di produzione che va sotto il nome “capitalismo” ? Se si vuole , si potrebbe utilizzare qualche ossimoro del tipo “socialismo capitalista” o “capitalismo socialista” per indicare la tendenza di elites economiche e popolazione inquadrata a formare , nella REALTA’ STORICA, un ente statale che interviene a falsare le regole del gioco.
E su questo falsare le regole del gioco ci sarebbe da aggiungere altre due cose su cui non mi trovo affatto d’accordo con l’economista austriaco, e cioè:
1) la presenza di barriere tra possessori e non-possessori di capitale . Barriera che diventa talmente alta da trasformare tali possessori in renditieri . Mises ritiene impossibile ciò in un regime capitalista. Il problema è che vediamo intorno a noi un gran numero di “ricchi rampoli” che sostanzialmente conservano la posizione socio-economica dei genitori indipendentemente dal proprio valore . Mises avrebbe ragione a ritenere che in regime capitalistico perfetto ciò non sarebbe possibile a lungo(e qui un altro problema:cosa significa a lungo? 200 equivalgono all’eternità per la vita umana!!) ma il problema è che il capitalismo perfetto non è più reale di un sistema burocratico perfetto dove il funzionario è onesto, lavoratore……..
2) la falsificazione del mercato tramite interventi per i ceti bassi. Mises sostanzialmente critica ciò che oggi chiamiamo stato sociale e per meglio dire alcuni aspetti della sindacalizzazione e delle pensioni. Intendendo le sue critiche come teorie a favore dell’ assoluta libertà economica e della razionalità di Sistema sarei d’accordo con lui però l’individuo etereo non esiste. Così come esistono falsificazione al Mercato da parte delle classi alti, così sono necessari (per contrappeso) delle falsificazioni-contentino pro-ceti bassi perchè altrimenti verrebbe meno la convenienza a seguire il Sistema o meglio questa non-convenienza diventerebbe predominante.
Le “masse” si ribellerebbero all’ordine seguendo qualche capo-popolo e qualche nuovo vangelo sociale.
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