[LABOURACOULTURA] Intervista a Vittorio Marinelli
lunedì 10 novembre 2008 | Scritto da Redazione - 895 letture |
Vittorio Marinelli, avvocato, è un uomo libero dalla straordinaria energia. Da anni si batte attivamente a favore di una serie di battaglie difficilmente classificabili. Dal momento che egli ben conosce l’adagio secondo cui “le cose si cambiano dall’interno” non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani; seppur figlio della mitica controcultura degli anni ’70 è iscritto al Partito Radicale da tanti anni e parallelamente si è candidato alle Europee e alle Comunali di Roma con l’Italia dei Valori prima e con i Verdi poi. L’ultima esperienza sempre con Di Pietro.
Sempre sopportato dai partiti ha combattuto una battaglia contro tutti senza riuscire a conquistarsi il mitico “posto”. Continueremo ad appoggiarlo perché è persona onesta, vulcanica… Ci farebbe davvero piacere trovarlo come compagno delle battaglie di Labouratorio. Questo è un invito Vittorio!
Antonello Cresti
D – Dato che tutte le volte che uno si candida per una carica pubblica l’italiano medio pensa che questa mossa sia fatta per interesse personale, ti chiedo, perché Vittorio Marinelli si è candidato al consiglio comunale di Roma?
R- Caro Antonello, in senso lato, un interesse personale ce l’ho…Ho fatto l’attivista nel Codacons per sette anni, quando era un’associazione molto attiva nella difesa dei diritti civili. Anni fa sono stato addirittura il legale rappresentante firmando le denunce più importanti d’Italia, tra cui una anche a Radio Vaticana. Cessata quest’attività -non per mia scelta ma perché ho dovuto subire un allontanamento forzato-, ora, facendo, sempre per così dire, il semplice avvocato, non ho più quelle soddisfazioni, almeno momentaneamente, che prima avevo…
D- L’italiano medio obietterebbe “E tu cosa ci guadagni”?
R- Guarda, sono e faccio l’avvocato con soddisfazione, e sono titolare insieme al mio socio di uno studio abbastanza avviato: se io svolgessi questa professione a tempo pieno, non dedicandomi più al volontariato, avrei certamente delle soddisfazioni economiche maggiori. Non è quello il punto, però. Essendo una persona abbastanza spartana, non ho bisogno di grandi spese per avere soddisfazioni, soprattutto in un’era come quella low -cost dove, da Roma, viaggi con poche lire. Poi ho pure appena cambiato moto, ho il mio mitico Renault 4 giallo col quale giro l’Europa, abito a casa di mia nonna in 70 metri quadri e non pago molto d’affitto, insomma, sto a posto come grana!
D- l’Italia e Roma in particolare sono viste nel mondo come esempi illustri di cultura passata però purtroppo da decenni si assiste a tutti i livelli ad un disinteresse congenito nei confronti delle cosiddette politiche giovanili e culturali. Leggo nel tuo programma che tu desidereresti una città dove la cultura avesse un posto preminente e fosse l’apripista verso l’amicizia verso popoli e nazioni. Potresti scendere nel dettaglio? Quali proposte portare avanti sotto questo aspetto se tu fossi eletto?
R- Guarda, credo regni l’incompetenza e l’inefficienza sotto tutti i vari aspetti di governo. Da sempre, in politica, si attua una selezione darwiniana dove vince non il migliore, come avviene ci dicono in natura, bensì il peggiore. Questo è dovuto ai tempi stessi della politica dove, chi ha un’alternativa perché capace, alla fine lascia perdere e si rimette a fare il musicista, lo scrittore, l’architetto, l’avvocato e così via. Solo chi non ha questa possibilità, rimane per fare poi danno non ponendo in essere politiche innovative e utili alla società. Credo, come sostiene Jeremy Rifkin, nella sua opera che per me è una bibbia, “L’era dell’accesso”, che solo la cultura determini il miglioramento dei rapporti tra popoli ma anche, in questi e all’interno, tra i consociati. La cultura è il collante e, allo stesso tempo, il carburante(…pulito naturalmente) che manda avanti la macchina del sociale. Credo che abbiamo già avuto degli esempi rari ma esistenti e di eccellenza, di politica diretta verso la cultura. Ricordo, per esempio, a Roma, il famoso Nicolini, l’inventore dell’estate romana. Nel mio operato, rivolgerei la direzione verso questa bussola e, anzi, non esiterei a contattarlo per avere delle “dritte”. Meno prosaicamente, credo occorra valutare assolutamente positivamente l’esperienza dei centri sociali dove, dal punto di vista musicale, si sono create le premesse per la produzione di ottimi prodotti musicali, a un prezzo politico che credo sia oltremodo giusto in quanto non tutti sono vincenti e possono spendere o sprecare 50.000 euro per una macchina o lo possono portare in detrazione. Questa è l’era dei precari e non della liberazione dal lavoro grazie al reddito di cittadinanza.
D- Scendendo nel dettaglio, i giovani artisti sono strangolati da quella che è la politica portata avanti dalla SIAE; nelle elezioni politiche 2006 l’unico partito che con ammirevole incoscienza ha posto tra i suoi punti programmatici l’eliminazione della SIAE è stato la Rosa nel Pugno. Tu sei anche avvocato, come ti poni di fronte a questo problema?
R- Guarda, proprio come avvocato, il mio modo di lavoro è quello di studiare le cose vedendo fin da subito da dove provengono gli input per utilizzare una bussola che agevoli il compito. Seppure candidato e attivista dei Verdi, rinnovo la tessera ai radicali dal tempo dell’Università e sono d’accordo con loro su molte cose . Sulla SIAE penso che questa faccia una politica non in favore dei giovani artisti o degli artisti in generale ma sia probabilmente uno strumento in mano alle grandi major e alle case editrici per quanto riguarda gli scrittori. Con queste premesse, credo che sia una struttura da eliminare definitivamente e poi, eventualmente, da ricostruire avendo altri parametri che non siano quelli del mercato oligopolistico, che nel caso dell’arte, nonostante esempi di mercificazione, da Petrarca a Dalì, dovrebbero essere un po’ estranei all’artista. L’artista, infatti, è un patrimonio della collettività in quanto, attraverso egli, si esprime la società producendo quella che è la sensibilità espressa dal vivere quotidiano. Devo precisare, inoltre, che nel mio programma ho inserito il copyleft, con dei temperamenti, certo, ma nell’era di internet, dell’anarcoide libertà creativa, le dinamiche anche artistiche devono essere aiutate e aumentate di potenza anziché limitate.
D- Uno dei punti del tuo programma è di particolare impatto poiché recita “lotta all’usura e al sistema bancario che la determina”. Un simile linguaggio risulta sconosciuto alla sinistra storica italiana. Non temi di essere frainteso? Inoltre in un mondo che vira sempre più velocemente verso il liberismo economico, simili battaglie possono avere un valore che vada oltre la mera testimonianza?
R- Ho fatto opera di volontariato come avvocato nell’antiusura e ho visto e sentito persone ormai incapaci di fare qualsiasi cosa in seguito alla loro vita distrutta dai cosiddetti zii di quartiere: gli usurai. La sinistra probabilmente in una torre d’avorio è stata distratta e non si è accorta dell’intreccio criminale tra delinquenza organizzata e grande delinquenza finanziaria rappresentata dalle banche (che facevano usura, non l’ho detto io ma l’ha detto la Suprema Corte di Cassazione). Ricordo, ma anche a me stesso, che una delle ultime battaglie dopo le quali sono stato eliminato dal codacons, era proprio contro l’ABI, l’associazione bancaria italiana. Questi signori impediscono il mercato, altro che teorie liberali! Dalla Sicilia col pizzo, a ogni sportello bancario, esiste un’economia dello sfruttamento e del favoritismo. Chiunque abbia avuto a che fare con una banca, sa quello che dico. Piuttosto la cosa grave è che la sinistra abbia lasciato il campo libero alla destra populista scegliendo di allearsi con i poteri forti.
D- Pensando a Roma, è impossibile non riportarsi alla presenza incombente del Vaticano e ciò che esso rappresenta. Tu in passato ti sei scontrato con i potentati ecclesiastici italiani; ti volevo chiedere in quali occasioni ciò è accaduto e se pensi che possa essere possibile non essere cancellati dall’inquisizione del politically correct se ci si imbarca in tali campagne antipopolari e non consolatorie.
R- Beh, iniziando dalla fine anziché dall’inizio. Proprio antipopolari non direi. Pensa che in questi giorni sto distribuendo preservativi gratis a Trastevere come recupero di un’iniziativa che feci nell’ormai lontano 1998, anno in cui denunciai l’allora Ministro della Salute Rosy Bindi per il mancato inserimento dei preservativi nel prontuario medico nazionale a totale costo dell’erario, in quanto unico mezzo riconosciuto valido di profilassi contro l’AIDS. Proprio contemporaneamente, lo stesso ministro se uno si ammalava di AIDS dava 25 milioni delle vecchie lire per l’acquisto degli inibitori della proteasi, un costoso farmaco. Mi dissi: ma che logica è, questa? Se c’è un focolaio del colera, prima eliminalo e poi intervieni o anche contemporaneamente verso chi si è già ammalato. Bene, ogni sera, durante la distribuzione, c’è la ressa. Lo stesso direi quando ho firmato la denuncia contro Radio Vaticana, per l’elettrosmog a Cesano: c’è stato un grande consenso. Il Vaticano, dai tempi di Federico II ma anche prima, forse proprio da Costantino, ha sempre rappresentato un elemento destabilizzante nel quadro politico italiano. Questo oggi non è accettabile: torno a Cavour, libera Chiesa in libero Stato senza però che il secondo si faccia minimamente condizionare dalla prima che, da possibile risorsa per l’arricchimento spirituale, diviene invece un problema.
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