[LABOURACOULTURA] Fascisti immaginari e sfascisti in carne e ossa
lunedì 6 ottobre 2008 | Scritto da Redazione - 3.456 letture |
di Antonello Cresti
“Fascisti immaginari” è il titolo di un libro che a lungo ha attirato le attenzioni di vasti settori della stampa vacanziera italiana. Il perché non è difficile comprenderlo… Una società che da decenni si trastulla coi “come eravamo” della sinistra più o meno estrema è adesso pronta a sorbirsi anche le tardive e soporifere rimostranze della destra postfascista.
Si, perché il libro in questione, una sorta di enciclopedia di riferimento del mondo destro, è certo scorrevole e qua e là divertente, ma fallisce miseramente in quelli che riteniamo essere i suoi obiettivi.
Portando avanti una operazione quantomeno avventata, si riesce infatti nell’impresa di assimilare qualunque cosa non sia strettamente etichettabile come “comunista” o “marxista”, e gli effetti sono spesso ridicoli…
Vantare nel proprio quadro di riferimento il Bagaglino, i film di Vanzina e i fumetti erotici, forse, oltre che una mistificazione, è un clamoroso autogol che giustifica totalmente la mitica preponderanza della intellettualità marxista in Italia.
Per il resto gli unico nomi davvero degni di considerazione (Gaber, De Andrè, Battiato, Bene…) , nemmeno col più acrobatico degli equilibrismi potrebbero essere associati ad una qualunque delle destre esistenti e d’altra parte ci incuriosisce l’imbarazzato silenzio su nomi che di quella parte si sono detti (Evola in primis). Riguardo agli altri usuali ed abusati nomi (Pound, Cèline etc…) ci limitiamo a dire che se costoro fossero vivi, getterebbero certe letture nel fuoco, assieme alla parte politica che le ha ispirate.
Tra i fascisti presunti ce n’è uno che turba le notti della sinistra bigotta, sorda e perbenista…Sto parlando di Alain de Benoist. Conoscendo ed apprezzando il tortuoso, inquieto e sincero itinerario intellettuale di questo pensatore, da tempo ci rammarichiamo che tante intuizioni siano da un lato screditate da una “sinistra” che non legge le sue tesi, dall’altro acriticamente accettate (e MAI realmente lette) da una destra semplicemente inqualificabile.
E’ dunque con grande piacere che accogliamo due saggi che di de Benoist trattano e che sono stati scritti da due autori la cui provenienza di sinistra non può certo essere messa in dubbio.
“Sulla Nuova Destra” di Taguieff, politologo francese, noto per i suoi studi sul fenomeno razzista, dimostra come si possa trattare sine ira ac studio un fenomeno complesso come quello incarnato dall’intellettuale francese. Riprendendo la bella introduzione di Danilo Zolo, apprezzato studioso di diritto, pacifista e collaboratore de “Il Manifesto”, ci pare assurdo e controproducente non voler confrontarsi fertilmente con un pensiero che oramai da svariati decenni ha molto da offrire e che una volta per tutte deve essere sottratto ai “fascisti immaginari” e inserito, assieme a Latouche, Goldsmith, Chomsky e pochi altri, nell’asfittico pantheon di riferimento del “movimento dei movimenti”.
Siamo molto lieti che anche uno studioso di Marx di caratura cristallina, come Costanzo Preve, si occupi con tanta considerazione di de Benoist. Purtroppo spesso le buone intenzioni cozzano con la realtà e pur condividendo in toto la prospettiva, le argomentazioni, ed anche gli spunti polemici di Preve, non possiamo non rilevare due grosse leggerezze che l’autore ha compiuto.
Il libro “Il paradosso de Benoist” esce infatti per le edizioni Settimo Sigillo, che di destra si professano…
Anche se è lungi da noi l’intenzione di censurare qualsiasi voce, ci chiediamo che senso abbia pubblicare presso tale uditorio un testo in cui si parla di de Benoist come del pensatore più a sinistra che possa esservi, in cui si sostengono con forza le cause del pacifismo e dell’antirazzismo, in cui si tenta un interessante dialogo col pensiero marxiano. Non sarebbe stato meglio lottare per vedere le proprie idee diffuse da una qualunque casa editrice di sinistra?
Ed inoltre, ci sarebbe piaciuto assistere ad una critica più in profondità del pensiero debenoistiano che non si estinguesse nei, pur brillanti e condivisibili assunti di cui sopra.
Qualsiasi picconata al muro di ipocrisia e conformismo è da noi, sempre e comunque, benedetta!
Una doverosa appendice… Nel Marzo scorso Preve e de Benoist si sono incontrati nella storica libreria di sinistra “Comunardi” di Torino.
Quello che segue è la ridicola chiamata alle armi degli stessi giganti del pensiero che fanno i sit in contro il noto filonazista di colore Spike Lee(ahahahaha).
Vi potete immaginare come è andata…
Venerdì 14 marzo, alla libreria Comunardi di via Bogino a Torino, Costanzo Preve, che alcuni anni fa si autodefiniva “filosofo marxista” oggi spostatosi verso la Nuova Destra, al punto da intrattenere una regolare collaborazione con Diorama Letterario , presenta la sua ultima fatica, un testo dedicato al guru della Nuova Destra, Alain De Benoist, il teorico del razzismo differenzialista.
De Benoist sarà presente alla serata organizzata nella libreria diretta da oltre un trentennio da Paolo Barsi. Nella locandina di presentazione gli organizzatori ringraziano la Libreria per l’ospitalità.
Sia Preve che De Benoist si proclamano oltre la destra e la sinistra, rinverdendo, l’uno da “sinistra”, l’altro da destra il mito tanto caro a tanti neofascisti di ieri e di oggi.
Un mito rossobruno duro a morire e che vede rinverdire i suoi fasti proprio tramite un lavoro di “infiltrazione” il cui successo è testimoniato da personaggi che hanno ormai mutato di campo come Preve e che oggi si pongono come ponte tra stalinisti e fascisti. (tutti, come è ovvio, rigorosamente “post”)
Il testo di Preve “Il paradosso De Benoist” è editato da Settimo Sigillo, ben nota casa editrice fascista.
Per chi volesse approfondire suggeriamo di visitare il sito delle edizioni Settimo Sigillo (da notare i numerosi testi dedicati a Mussolini, al cattolicesimo tradizionalista, ai gruppi rock neonazi, per non dire di testi come “Italia fascista in piedi!”). L’indirizzo è: http://sales.libreriaeuropa.it/default.asp
Vediamo un po’ di fare una breve genealogia della Nouvelle Droite francese ed della corrispettiva Nuova Destra italiana per capire chi sia De Benoist ed i suoi seguaci italiani.
In merito ci rifacciamo al recente testo di Pietro Stara uscito per le edizioni Zero in Condotta di Milano “La Comunità escludente – La Nuova Destra tra piccole patrie e Europa nazione” e ad alcuni articoli dello stesso Stara sul settimanale anarchico Umanità Nova.
Nel suo articolo – Differenzialismo razzista. La “nuova destra” di Alain de Benoist – comparso su Umanità Nova numero 31 dell’ottobre del 2006 Stara così descrive la Nouvelle Droite: “fenomeno politico-culturale, nato nel 1968, intorno all’organizzazione GRECE (Groupement de Recherches et d’Études pour la Civilisation Européenne) e il cui leader, nonché teorico indiscusso, è Alain de Benoist. Il termine “Nuova destra” fu fatto proprio dal gruppo a seguito dell’attribuzione che diede loro il giornalista di “Le Monde”, Thierry Pfister, all’interno di un articolo pubblicato il 22 giugno 1979.
La famiglia della Nuova Destra è composta oltre che dal GRECE e le sue pubblicazioni, “Élements”, “Nouvelle école” e “Krisis”, dai fiamminghi della rivista “Tekos”, dagli italiani legati a Marco Tarchi ed alle riviste “Trasgressioni” e “Diorama Letterario”, alle case editrici “La Roccia di Erec”, che pubblica le riviste citate precedentemente, ad Arianna editrice, che edita tra gli altri De Benoist, Preve etc, a “Il Cerchio Iniziative editoriali” spostato più sul versante storico e cattolico tradizionalista (tra gli autori contempla ad esempio Franco Cardini), dalla rivista argentina “Disenso” del peronista di sinistra Alberto Buela.”
Prosegue Stara: “Il GRECE viene fondato nel 1968 da militanti provenienti da diverse organizzazioni dell’estrema destra, in particolare dal FEN (Federazione degli studenti nazionalisti costituitasi nel 1960) che pubblica i “Cahiers universitaires”, dal mensile “Europe-Action” e dall’insuccesso elettorale del REL (Rassemblement européen de la liberté) alle legislative del 1967, coalizione promossa dal movimento razzista, xenofobo ed anti-comunista denominato MNP (Movimento nazionalista del progresso). L’ideologia che fa da elemento costitutivo al GRECE poggia sostanzialmente su di un neo-nazionalismo europeo fondato su basi razziali – differenzialiste: “La Nazione determina talvolta un’etnia, ma non si confonde obbligatoriamente da essa. Essa è un dipartimento della razza. L’etnia è un’unità razziale di cultura.” Questo è per de Benoist ed i suoi seguaci il presupposto per una politica planetaria di sviluppo razziale separato: “Organizzare, con i differenti gruppi razziali del mondo, una politica di coesistenza pacifica e liberale che permetta a ciascuno di esprimere (…) le sue attitudini e i suoi doni. Sopprimere, in proporzione, ogni contatto mirante alla fusione, all’inversione o allo sconvolgimento dei dati etnici, o alla coabitazione forzata di comunità differenti.” Vedremo poi come, in modo variato, alcune di queste tematiche si ritrovino oggi nelle teorie neo-comunitarie e delle piccole patrie (Alain de Benoist è uno dei firmatari del manifesto di Massimo Fini – Movimento Zero. Manifesto dell’antimodernità )
La prima rottura esplicita con il nazionalismo tradizionale francese di Barrès o di Maurras, come abbiamo visto, avviene sulla questione del nazionalismo europeo; la seconda invece, si consuma sulla questione della metapolitica, o come detto da loro stessi, dalla lettura di Gramsci a destra. Gramsci viene letto dal GRECE come teorico del “potere culturale”: sta appunto alla destra organizzare questa controffensiva culturale conquistando ambienti politici, mediatici, universitari etc.: “L’economicismo liberale comincia allora ad essere fermamente denunciato quanto l’economicismo marxista, e l’‘americanismo’, forma moderna dominante dell’egualitarismo e del cosmopolitismo ‘giudeo-cristiano’, diventa la figura del nemico principale”
La prospettiva antiegualitaria radicale del movimento politico GRECE si risolve, naturalmente, in una prospettiva differenzialista altrettanto radicale, la quale nega, in maniera intelligente, la superiorità razziale richiamata dalle dottrine suprematiste fasciste o naziste, ma nega in maniera altrettanto potente la possibilità della costruzione di un meticciato che possa inficiare l’organicità presunta, naturalmente, con la quale si sono costruiti nei millenni popoli, etnie etc. In subordine a ciò, la supremazia di potenza viene relegata ad uno sviluppo storico in cui le disuguaglianze trovano a confrontarsi ed a scontrarsi in rapporti di forza per così dire “naturali”. Il presupposto teorico di tutto questo è negare innanzitutto come intere civiltà si siano costruite sicuramente attraverso lo scontro militare, ma anche attraverso lo scambio e la contaminazione, pure fisica, di meticciato, tra intere popolazioni, a loro volta prodotto di scambi avvenuti secoli prima. Il secondo presupposto è quello di ritenere la formazione sociale, politica e culturale di intere popolazioni come prodotto di rapporti forza esplicitati in natura, come se il corrispondente organico della società, a-conflittuale in questa ottica, fosse l’organicità del corpo umano. La società è specchio e riproduzione del corpo (spirito, fisicità, intelligenza etc); la teoria razziale torna prepotentemente da dove si pensava di averla fatta uscire: se il corpo è sano, forte, intelligente… allora la società, unione omogenea di interessi che in essa, come nella famiglia trovano la sua ricomposizione è sana, forte, intelligente e quindi predominante sul proprio territorio, ma anche su quello degli altri, inferiori (diversi direbbero loro) per “natura”.
Il terzo congetturato è che le teorie egualitarie siano per forza di cosa appiattenti, omologanti ed omogeneizzanti perché si fanno forza su dei presupposti “naturali” sugli esseri umani che partono dall’idea dell’unicità della razza umana, al di là delle differenze insite in processi di diversificazione biologica, le quali non alterano il carattere di eguaglianza tra le persone (un cuore,un cervello, due occhi etc.). Le teorie egualitarie, dalle moderate a quelle estreme (comunismo ed anarchismo), assumono al proprio interno che il prodotto della differenziazione sociale sia in senso economico che in senso culturale e politico sia passato a e passi attraverso processi storici contestuali (geografici, climatici, risorse, numero di abitanti e facilità di contatti….) nei quali un ruolo significativo ha assunto il fenomeno dello sfruttamento, fenomeno che in chiave moderna si può ascrivere alla lotta di classe. I ragionamenti sulle differenze, passano, per gli egualitari dal principio che comunque si debba fare riferimento alla singolarità dell’essere umano ed alla varianza dei prodotti storici, che per le destre assumono invece una forma di a-temporalità, questa sì univoca, insita nella tradizione, o meglio nella Tradizione.”
Chi volesse leggere la versione integrale dell’articolo la trova:
http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un31/a….html
Per approfondimenti sulla nuova destra consigliamo anche questi articoli:
“Nuova Destra. Identità e Comunità” è stato pubblicato su UN n. 35 del 2006
http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un35/a….html
“Contro l’uguaglianza. Nuova Destra e religione” è stato pubblicato su UN n. 40 del 2006
http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un40/a….html
La Nuova Destra e l’Europa. Tra piccole patrie e impero uscito su UN n. 41 del 2006
http://isole.ecn.org/uenne/archivio/archivio2006/un41/a….html
Il razzismo differenzialista di De Benoist, il suo antiamericanismo in nome dell’Europa nazione trovano in certe aree staliniste una discreta audience. La tentazione di indossare la camicia rossobruna, che ha visto in prima fila il Campo Antimperialista, sta trovando sempre nuovi adepti.
Per noi che siamo inguaribilmente antifascisti ed antirazzisti ci sono pochi dubbi: nessuno spazio per i fascisti vecchi e nuovi, nessuno spazio per chi in nome della Tradizione, sogna un’Europa etnicamente “pura” riecheggiando con altre parole teorie che si sono realizzate nel sangue, nei lager, nell’eliminazione di oppositori politici, ebrei, zingari…
Combattiamo il fascismo e chi ci collabora!
Boicottiamo Comunardi!
Federazione Anarchica Torinese – FAI
Corso Palermo 46 – Torino
La sede è aperta ogni giovedì dalle 21 in poi
338 6594361
fat@inrete.it
Related Link: http://www.federazioneanarchica.org
Sul pensiero di de Benoist ci auguriamo di tornare in maniera più approfondita presto…magari anche con una intervista.
Per quanto riguarda Costanzo Preve, oggetto di continui attacchi da parte di una serie di ottenebrati (probabilmente gli stessi giganti del pensiero che organizzano sit contro Spike Lee…) segnaliamo una sua intervista in cui egli chiarisce le sue attuali posizioni. Lontane per molti versi da chi scrive, ma non per questo meno rispettabili: http://www.antonellaricciardi.it/interviste.asp?id=52
E’ cosa di una settimana fa che il collettivo di Scienze Politiche di Roma Tre è stato fatto oggetto di intimidazioni fasciste, ma io oserei dire violente e basta, da parte di un gruppo nutrito di giovani estremisti studenteschi di destra. Mi è stato riferito che ci è voluto l’intervento della Digos per calmare le acque, allontanando gli energumeni con caschi alla mano e far uscire in seguito i membri del collettivo dalla loro aula. Riporto la notizia perché è in tema con l’articolo e perché per un pò di voti studenteschi (si lavora per il futuro) stanno già scalpitando, mentre la sinistra non esiste, anzi latita.
Come noto estremismo di sinistra e di destra molto spesso hanno in comune uno stantio e ideologico antiamericanismo. De Benoist è stato spesso definito fiancheggiatore dei terroristi etc… Mi sembra illuminante, nella sua nettezza, questo suo recente articolo. Buona lettura.
Gli americani s’appassionano alle elezioni presidenziali che in novembre opporranno John McCain e Barack Obama. Dall’investitura ufficiale, i candidati si prodigano, ma non si creda che le opposizioni, in America, si riducano al confronto fra democratici e repubblicani, divisi su molte cose, uniti sull’essenziale. Ci sono varie Americhe e, fra loro, ce n’è una che amo. Non quella del Capitale, né quella dei «nativisti» iperpatriottici, dei telepredicatori fondamentalisti e dei creazionisti deliranti. Non quella del New Deal, né quella del maccarthysmo. E nemmeno quella di golden boy, winner e money maker, né quella dei red neck e dei veterani del Vietnam, meno ancora quella delle cheerleader, dei bimbos e dei body-builder.
L’America che amo ha facce e sfaccettature diversissime. Innanzitutto l’immensa letteratura: da Mark Twain e Jack London a Herman Melville, Edgar Allan Poe, Howard Phillips Lovecraft, John Dos Passos, William Faulkner, Henry Miller, John Steinbeck, Ernest Hemingway e tanti altri. Poi naturalmente il grande cinema, prima che degenerasse tra effetti speciali e idiozie stereotipate. Anche il jazz, sola vera creazione culturale del Paese. L’America delle vaste distese naturali e delle piccole comunità. Quelle evocate, a diverso titolo, dai nomi di Jefferson Davis e Scarlett O’Hara, di Thomas Jefferson e Ralph Waldo Emerson, di Henry David Thoreau e Aldo Leopold, di Sacco e Vanzetti, del giovane Elvis Presley e di Ray Charles, di Henry L. Mencken e William Burroughs, di Jack Kerouac e Bob Dylan, di Cassius Clay e Woody Allen, di E. F. Schumacher e Christopher Lasch, di Susan Sontag e Noam Chomsky.
Nel campo delle idee, gli Stati Uniti non sono poi solo il Paese dove le grandi università offrono condizioni di lavoro che in Europa si possono solo sognare e dove, nonostante il politicamente corretto, regna una libertà d’espressione che da noi non c’è (o non c’è più). Colpisce anche la qualità dei dibattiti: molti autori, per esempio nella scienza politica, pensano le loro dottrine partendo dalle basi; l’opposto di quel che accade in Francia, dove la scienza politica, quasi in estinzione, si riduce essenzialmente a meteorologia elettorale. Sui concetti di federalismo, di «populismo» e comunità, l’apporto teorico degli americani è stato considerevole.
Ma c’è il rovescio della medaglia. Dall’inizio, gli Stati Uniti si sono voluti portatori del concetto di libertà. Concetto positivo, sùbito inteso come se significasse «ogni cittadino è re». Da loro, esso ha dato il meglio: entusiasmo, frutto della possibilità d’agire senza ostacoli; volontà creatrice e ideale d’autonomia (self-reliance); istituzione di piccole comunità d’uomini liberi, immuni dal dispotismo (il «senso dell’organizzarsi in sodalizi umani» di Maritain). Ha dato anche il peggio, rovesciandosi in semplice egoismo, in glorificazione dell’affarismo e della brama di denaro – desiderio standardizzato per eccellenza -, o in alibi per nuove forme di conquista e oppressione. Parallelamente il pragmatismo s’è mutato in puro materialismo, in culto della prestazione e del successo (William James diceva: «Datemi quel che garantisce il successo e ogni uomo ragionevole l’adorerà»), in ottimismo tecnologico, in culto delle comodità («l’ideale animale» di cui parlava Keyserling), in arrogante fierezza d’aver colmato il mondo d’oggetti nuovi. E il senso della comunità è degenerato in uniformità mentale (like-mindedness ), nel conformismo straordinariamente volgare già constatato da Tocqueville.
Tara originaria dell’America, la cui storia si confonde con quella della modernità, è essersi costruita essenzialmente sul pensiero puritano e sulla filosofia dei Lumi. Di qui la pretesa di non aver antenati, la volontà proclamata da Thomas Paine fin dal 1776 di «cominciare da capo il mondo» sotto lo sguardo di Dio, l’assillo della novità, l’inalterabile fede nel progresso (l’ideale dell’illimitato). E l’ideocrazia messianica che guarda gli Stati Uniti come nuova Terra promessa e il resto del mondo come spazio imperfetto, da convertire al modo di vita americano per divenire comprensibile e conforme al Bene. Scopo: realizzare una società ideale, modello per l’umanità, la cui adozione da parte di ogni popolo concluderebbe la storia. Per Francis Fukuyama «gli americani hanno sempre considerato le loro istituzioni politiche non come semplici prodotti della loro storia, adatte solo ai popoli dell’America del nord, ma come incarnazione stessa di ideali e aspirazioni universali, destinate a estendersi un giorno al resto del mondo». E per Samuel Huntington «i valori americani si fondano sul protestantesimo, sull’individualismo, sulla morale del lavoro e sulla fede che gli uomini possano creare il paradiso in terra».
Nel 1863 Thoreau scriveva: «Quasi sempre i modi per guadagnare denaro portano in basso». S’è visto com’è andata. C’è un’altra America.
Guarda d’accordo sull’analisi ultima, tanto che Adorno diceva che tra Usa e Germania nazista non c’era nessuna differenza ideologica entrambe poi all’epoca stavano sviluppando un sistema di idee politico-economiche da esportarle nel mondo.Pensa quanto questa provocazione possa essere calzante con la tua frase cito testualmente:
” l’ideocrazia messianica che guarda gli Stati Uniti come nuova Terra promessa e il resto del mondo come spazio imperfetto, da convertire al modo di vita americano per divenire comprensibile e conforme al Bene. Scopo: realizzare una società ideale, modello per l’umanità, la cui adozione da parte di ogni popolo concluderebbe la storia. Per Francis Fukuyama «gli americani hanno sempre considerato le loro istituzioni politiche non come semplici prodotti della loro storia, adatte solo ai popoli dell’America del nord, ma come incarnazione stessa di ideali e aspirazioni universali, destinate a estendersi un giorno al resto del mondo». E per Samuel Huntington «i valori americani si fondano sul protestantesimo, sull’individualismo, sulla morale del lavoro e sulla fede che gli uomini possano creare il paradiso in terra»”.
-Non sarebbe stato meglio lottare per vedere le proprie idee diffuse da una qualunque casa editrice di sinistra?-
difficile visto che Preve ha ormai aderito al comunitarismo e l’unica cosa che ha di Sinistra e la fuffologia identitaria di matrice comunista . Nulla nella sostanza del Campo e di Preve è di Sinistra.
certo le Sinistre comunista ed anarchica non è che si siano accorte che la sostanza di Preve e del Campo non è di Sinistra , altrimenti sarebbero anche in grado di rivedere gran parte delle proprie(delle Sinistre) posizioni come ad esempio quel chiudere gli occhi di fronte ad alcuni movimenti (ehmm…) di liberazione terzomondisti e non.
Loro hanno fatto semplicemente l’analisi del sangue ai membri del Campo o alla storia di deBenoist e hanno colto l’occasione per “indignarsi” e fare del razzismo politico ,negando agli altri la libertà di propagandare delle idee in nome…. della libertà di propagandare le proprie idee .
Ipocriti come al loro solito.
per chi volesse leggere qualcosa di Preve , qui(unire le due parti):
http://www.
comunitarismo.it/
per chi voglia leggere l’impostazione di quei fuffaioli delCampo, qui(unire le tre parti):
http://www.
antiimperialista.org/index.php?
option=com_content&task=view&id=5477&Itemid=68
per uno sfottò sul(contro il) Campo, cliccare sul mio nick
Trovo Preve un comunista a pieno titolo, poi se questo sia di “sinistra” o meno non saprei… Del resto uno dei libri più ficcanti del Preve recente e quel “Destra e Sinistra” che tanto deve proprio alla rottura degli schemi opearata da de Benoist. Io stesso faccio continuo uso di questi termini, ma onestamente non si può negare quanto essi siano svuotati del loro significato originario.
Quindi…di sicuro Preve NON è un fascista, E’ un comunista. Poi progressista o conservatore? Opterei sicuramente per la seconda ipotesi.
Sul comunitarismo… Purtroppo quel comunitarismo a cui molti si richiamano e gerarchico e stantio, ma se facciamo riferimento alla (interessante) scuola americana troveremo delle salde radici liberal in molti dei suoi autori di spicco.
io invece penso che Preve non sia più comunista , almeno di non considerare comunista anche Bombacci.
Credo abbia sostituito la questione nazionale alla questione sociale e ridotto Marx a poco più di un moralista . Per questo gode del favore di certi ambienti fasci.
Certo lui probabilmente non si rende conto che lo stanno sfruttando in funzione “reazionaria” : laddove egli vede l’anti-capitalismo , i suoi amici fasci vedono il ritorno alla Tradizione.
Sul comunitarimo del Campo , che poi è l’ambiente di Preve… beh io non metterei la mano sul fuoco sul suo liberalismo . Ho visto agire quelli del Campo come gruppo con la peggior estremizzazione del “centralismo democratico” e , a livello teorico, giustificano pressocchè ogni chiusura (in ambito islamico) alla libertà ed al benessere degli uomini se questa è funzionale alla battaglia anti-“occidentale”.
(se non erro fu proprio questo intendere l’individuo nella comunità in maniera così organica, il motivo teorico della rottura con Rivista Indipendenza)
cmq per rimanere in certi ambienti antagonisti …. proprio in questi giorni è in atto una forte rottura tra Preve e LaGrassa, che si può seguire sul blog ripensaremarx . splinder . com
ciao
Carissimo,
mi fa piacere trovare una persona così informata anche su ambienti così ultraminoritari come quelli di cui andiamo discorrendo.
Ti svelo un retroscena che la dice tutta sulle capacità di analisi del mondo destroide: Preve ha tutto questo spazio presso la destra radicale semplicemente perchè è l’UNICO pensatore proveniente dalla sinistra estrema che accetti (nel suo caso con entusiasmo) una tale contaminazione. Dubito seriamente che i suoi libri vengano minimamente letti.
Sul Campo Antimperialista… certo in quel caso ci troviamo a che fare con il mitico settarismo nucleare di tradizione trotzkista dunque non v’è traccia di liberalismo ed il comunitarismo di cui essi vanno parlando proviene in maniera massiccia dal piccolo gruppetto della rivista “comunitarismo” che dall’estrema destra proviene e dunque è quanto di meno autoctono per quell’ambiente. Detto questo il sottoscritto NON crede nella favola delle infiltrazioni fasciste in tali ambienti: ne fa prova il fatto che un bel giorno il sottoscritto è comparso in alcune improbabili liste di “nostalgici delle SS” proprio perchè interessato alle attività del Campo. Come disse Paul McCartney ai giornalisti che lo interrogavano sulla sua (di lui) morte “Non capisco come mai sono sempre l’ultimo a sapere le cose”.
Infine: trovo La Grassa attualmente un pensatore ben più centrato di Preve duqnue non mi stupisce affatto una rottura tra i due.
Ribadisco il piacere di avere interlocutori così informati.
Ciao
…Uè…comunque la discussione sul Campo Antimperialista esula dal discorso fatto nell’articolo. Ci torneremo magari un’altra volta. In verità anni fa avrei voluto intervistare Pasquinelli (l’unica persona umanamente interessante di tutta la altrimenti noiosissima combriccola), ma è sparito dopo i fattacci giudiziari dunque ho desistito.
Ciao