[Noartrismo] Revisionismi ad uso e consumo
lunedì 15 settembre 2008 | Scritto da Andrew Nat - 1.676 letture |
La politica nostrana è ricca di avvenimenti, nei cui riguardi sento il bisogno di far mio il detto “laisser faire, laisser passer”, visto a volte il basso profilo di alcune tematiche. Quando però siamo di fronte a posizioni campanilistiche che cercano di cancellare la memoria storica di questo paese, non si può e non si deve lasciar correre. E’ come se un qualcosa interiormente si smuovesse dal cuore e raggiungesse direttamente il cervello per far scaturisce involontariamente un moto di protesta e di sdegno. Non per fare il solito fazioso che si barrica dietro a delle gaffe mostruose di altri per far propaganda alla propria parte politica, ma il ricordo dell’8 Settembre emerso da alcuni esponenti politici di destra è a dir poco singolare e creativo. Il punto della diatriba è questo: per alcuni italiani “democratici” – facenti parte della Repubblica italiana sancita tramite una Costituzione – coloro che hanno partecipato alla Repubblica di Salò dovrebbero essere ricordati alla stessa stregua di coloro che per sono morti per aver liberato l’Italia dalle truppe naziste. Il pretesto per aver detto questo è stato la celebrazione dell’8 Settembre, cioè il giorno dell’armistizio italiano nella Seconda Guerra Mondiale.
Quale sarebbe il sottile gioco che si cela dietro parole probabilmente così poco avvedute nella manifestazione dell’8 Settembre a Roma? Quale sarebbe allora lo scopo di sottolineare la similitudine tra un resistente e uno di Salò? Sanno bene i nostri governanti che a Roma esattamente in quel punto a Piazzale Ostiense, dove hanno fatto la cerimonia, molti nostri cittadini si sono battuti contro l’avanzata dei carri tedeschi? Sanno allora che molti di Salò hanno volontariamente voluto combattere affianco dei tedeschi per difendere un’ideologia sbagliata e far rimanere nel suolo italiano l’invasore? Questo percorso teorico è stato rimarcato, a mio avviso in maniera sbagliata, anche negli ultimi libri da un noto scrittore: con la sua teoria della Guerra Civile. La volontà di voler affossare i propositi della Resistenza, relegandola a fenomeno comunista, qui mi pare abbiano raggiunto livelli mostruosi; come se si volesse, insomma, dire che la lotta in Italia fosse un regolamento di conti tra fascisti e comunisti. Lasciando a fuori dal gioco, i gruppi cattolici, i repubblicani, gli azionisti (Partito d’Azione) e i tanti socialisti delle Brigate Matteotti. La Liberazione è una festa nazionale di tutti gli italiani, soprattutto perché non è stato un fenomeno solo di sinistra ma della società italiana dopo la guerra nel suo complesso, con la ferma volontà di liberarsi dall’oppressione di una volontà schiacciante e di un pensiero unico deleterio.
Credo che esistono, quindi, fatti nella mente collettiva che non possono essere cancellati con una dichiarazione, una frase fuori posto o una teoria fatta ad hoc. Non si può ricordare un vecchio regime (ovvero un sistema istituzionale precedente a quello attuale) dal quale i nostri Padri Costituenti hanno preso le distanze, senza ricevere un’ondata di protesta. Soprattutto non si può riscrivere la storia con i propri giudizi di valore, indipendentemente dalla propaganda e quindi da ciò che è sinistra e ciò che è destra.
Il problema del sistema italiano è che a molti ricercatori e studiosi in generale non è data la possibilità di competere, nel gioco della comunicazione, con i politici e con i giornalisti. Tutti possono essere all’occorrenza filosofi, scienziati nucleari, medici e in questo caso storici, recando un danno enorme a coloro che ricevono una tale notizia, come fosse un proiettile sparato da una pistola molto potente. In questo esempio siamo di fronte a una enorme disinformazione culturale, vista poi la complessità del messaggio, che cerca una strana equivalenza tra coloro che sono morti per la libertà e coloro che in un precedente regime l’ha negata. Vorrei ricordare, qualora ce ne fosse bisogno, che la libertà non ha colore o bandiera politica per essere usata e sventolata da qualcuno come suppellettile utile solo nel periodo elettorale.
Se si è quindi libertari e democratici nella quotidianità, indipendentemente da sfaccettature politiche di ogni genere. Cercare di cambiare momenti di storia con una rivalutazione soggettiva, nell’evento cardine della Seconda Guerra Mondiale italiana, solo per legittimare e consolidare una vittoria culturale che vede la destra in questo momento vincente nel panorama politico italiano, mi sembra francamente un episodio poco consono a figure istituzionali che hanno giurato sulla Costituzione nostrana. Norma fondamentale poi, che è nata proprio per allontanare la furia violenta e nefasta di un vecchio regime improntato su un collettivo armonico, standardizzato e unito che stritolava ogni forma di differenziazione ad esso, con la naturale soppressione dei diritti personali. Allora la domanda vera sarebbe: come si può governare cercando di abbinare una politica che vede nell’Italia istituzionale l’affiliazione alle culture liberali, facendo propaganda nelle sezioni la si cerca alla cultura fascista, mentre in Europa alle culture cattoliche (PPE) ? Mi sembra che qui di politico non ci sia molto, ma non si può ridurre solo alla destra questo problema di confusione nel sistema dei valori, perché tale confusione è da ascrivere anche alla sinistra che in Italia fa la cattolica, nelle sezioni fa la comunista con l’esaltazione al vecchio PCI e in Europa fa la mezza socialista (PSE) e la mezza liberal-democratica (ALDE) e una parte scalpita per entrare in quella cattolica (PPE). Il revisionismo nostrano credo che sia la sola cosa che accomuna veramente questa destra e questa sinistra: serve per legittimare il posto che occupano i nostri gruppi dirigenti, rispettivamente al governo e all’opposizione, avendone la storia decretato la fine delle ideologie.
Totalmente d’accordo anche se mi fanno ridere quelli che non accettano nessuna critica alla storia sopratutto della resistenza.La storia è una scienza e come tale si aggiorna e la si ridiscute su tesi fondate su prove e fonti quindi dire che alcuni partigiani si sono comportati come dei criminali di guerra dopo il 25 aprile non è come negare l’olocausto ma è semplicente scoprire una nuova sfaccettature di quei avvenimenti.
Ma questo stupida reazione avviene a chi vive la storia in modo fanatico martirizzando e mitizzando i propri predecessori politici non riguarda certo chi si pone empiricamente e laicamente di fronte ad un fenomeno.Molto spesso la Storia viene sfrtuttata ad uso e consumo di una parte politic in questa interminabile compagna elettorale che in sordina sta demolendo pezzo pezzo i cardini della Repubblica.
Bravo gionny! Stavolta condivido, alcuni partigiani comunisti – delle Brigate Garibaldi, non di roma e del centro, ma del nord est – avevano in mente di far aderire parte del territorio italiano nella Jugoslavia comunista, mentre altri direttamente far diventare l’Italia una succursale dell’URSS,quindi questo dimostra che c’era maretta anche nelle tante voci della Resistenza comunista.
il problema è che da tangentopoli dal 1992 l’sntifascismo non è più il collante ideologico di questa nazione, che, non avendo più un collante ideologico, procede spedito verso la disgrezione…in ogni caso non sono mai andato pazzo per la mitizzazione della resistenza, fenomeno che ha riguardato una ristretta minoranza del paese ed è stato purtroppo egemonizzato in molti casi da comunisti che preferivano la rivoluzione alla liberazione
No sbagli Andre…la Resistenza è vero che non è stata un fenomeno di massa, ma dire che è solo comunista è dire il falso. E’ vero che c’è stata e poi si è realizzata un’egemonia del comunismo italiano sulla Resistenza, così come del ’68. Diciamo che il comunismo italiano per esistere si è appoggiato su molte cose che non gli appartenevano del tutto.