[Proposte] Labouratorio torna a scuola
giovedì 3 luglio 2008 | Scritto da Plex - 1.423 letture |
Labouratorio progetta il futuro. Sarà perché è costernato per il presente e non ama indulgere nello sguardo del passato, fatto sta che Labouratorio è sempre Avanti! E siccome questa cosa del declino proprio non gli va giù, Labouratorio avanza proposte, concrete, su come e dove ripartire. E ritorna a scuola, in tutti i sensi.
Gli esami di maturità di questi giorni, come anche le polemiche sulla questione degli esami di riparazione a settembre, lo hanno insospettito molto sullo stato dell’istruzione in questo paese. Scettico nel giudicare i roboanti propositi del ministro Gelmini sulla “scuola del merito”, Labouratorio non si limita ad aspettare fatti concreti dal ministro di turno ma ritiene sia giunta l’ora di avviare un profondo ripensamento del sistema scuola, rimettendone in discussione obiettivi e metodi, partendo dall’analisi dei risultati, assai deludenti, che essa produce.
Tanto per cominciare, il livello degli studenti che esce da Licei ed Istituti tecnici continua costantemente a peggiorare. Se l’apprendimento delle lingue straniere è sempre stato sostanzialmente una chimera, le conoscenze matematiche e scientifiche degli studenti italiani iniziano a rasentare il ridicolo, con l’ovvia conseguenza che sarà un’infima minoranza a scegliere il proprio percorso universitario nella facoltà di Scienze o Ingegneria…
Non che nelle materie umanistiche le cose vadano molto meglio come si evince da una rapida occhiata al sempre più inflazionato mondo dei blog: tutti scrivono (male) e nessuno legge.
Eppure leggere, scrivere, fare di conto e parlare le lingue ci sembrano essere il minimo che si possa chiedere a uno studente al termine del suo percorso. Minimo senza il quale, a nostro parere, non si dovrebbe poter arrivare al diploma. D’altronde, se ci si mette nei panni di uno studente italiano (e a chi scrive la cosa riesce palesemente facile) appare chiaro che tutto si fa a scuola meno che tendere a questo (poco) ambizioso obiettivo.
Il problema principale cui occorre far fronte è quello di una scuola che insegna (male) troppe cose, molte delle quali sostanzialmente inutili, e non cura in modo particolare l’insegnamento di pochi task fondamentali. Il diabolico sistema dei debiti formativi era un ottimo sistema per concludere il proprio ciclo di studi senza sapere un accidenti di talune materie, nemmeno nel caso fossero matematica allo scientifico o latino al classico. Anche la pretesa maggiore severità che investirà la scuola con i famigerati esami di riparazione sembra una misura, lodevole negli intenti, ma sostanzialmente tardiva e dalla dubbia efficacia. Se applicata con rigore penalizzerebbe troppo chi, per motivi vari e lacune pregresse, non è in grado di recuperare le proprie carenze. Più probabilmente, come nella migliore tradizione italiota, le commissioni esaminatrici affette da buonismo veltroniano (e presumibilmente timorose di reazioni familiari irate) tenderanno a salvare
il salvabile, magari condonando qui e lì a chi doveva recuperare parecchie materie.
Labouratorio prende dunque di petto la questione e amando i doppi sensi dice: aboliamo il greco per imparare a contare.
Da quando gli attuali corsi di studio sono stati concepiti, molta acqua è passata sotto i ponti (una curiosità su tutte, lo studio della trigonometria all’ultimo anno del liceo classico risale ai tempi in cui il regno sabaudo necessitava un consistente numero di artiglieri…) e molte sono le materie che oggettivamente poco aggiungono al bagaglio di conoscenze in qualche modo spendibili da parte dello studente, disperdendone però tempo e risorse intellettuali. Questo vale per il greco scritto al classico tanto quanto per l’educazione tecnica alle medie o il disegno allo scientifico.
Sarebbe più che sensato introdurre una distinzione tra materie obbligatorie e propedeutiche alla promozione (su tutte italiano, matematica e inglese) e materie facoltative da scegliere tra le attitudini dello studente (che senso ha obbligare all’educazione artistica chi, come chi scrive, non è mai stato in grado di tracciare una linea dritta?). Così avrebbe anche un senso pretendere requisiti minimi di conoscenze nelle materie di base evitando l’ipocrisia di studenti che arrivano alla maturità senza saper tradurre una riga di versione o risolvere un’equazione di secondo grado, permettendo anche di esorcizzare i temuti diplomifici privati che sfornano ogni anno un consistente numero di ragazzi che tutto sommato avrebbero potuto impiegare gli anni della scuola in modo più proficuo. Insomma una rivisitazione dell’offerta di materie all’insegna dello slogan “studiare meno, studiare meglio, studiare tutti”.
Non basta. La diminuzione nella richiesta di artiglieri da parte dello Stato italiano si è accompagnata ad altre notevoli innovazioni nel corso degli anni. Ad esempio ci risulta che nel mondo odierno quasi nessuno adoperi più la penna per scrivere lunghi testi, così come sempre più spesso non si ricorre alle matite per disegnare e ai pallottolieri per contare. Pure le lavagne ci sembrano un po’ desuete ed in effetti all’università, dove sono un po’ più svegli (ma non troppo) in molti casi vengono sostituite da proiezioni di animazioni in power point.
L’avrete capito, stiamo parlando di informatizzare la scuola italiana, dotando tutti gli studenti di moderni computer portatili su cui fare lezione, da acquistare con contributi dello Stato e da adoperare a scuola durante tutte le lezioni.
Animazioni, video, programmi e strumenti di calcolo, le potenzialità dello strumento sono limitate solo dalla fantasia del docente che disporrebbe tra l’altro di un formidabile cavallo di troia per entrare nel mondo degli adolescenti, vieppiù inaccessibile per gli attempati insegnanti.
Fare lezione col computer sarebbe una vera e propria rivoluzione nel modo di concepire l’insegnamento e per ciò stesso costituirebbe una scossa non indifferente a un mondo altrimenti avvitato sui suoi problemi atavici (uno su tutti: convincere imberbi adolescenti della necessità imprescindibile di conoscere a memoria i confini dell’Uzbekistan senza usare googlemaps).
Già che ci siamo aggiungiamo carne al fuoco dell’ultimo Labouratorio prima dell’Estate con un’esortazione accorata: ci vuole molto più sport nella scuola italiana! Più sport perché fa bene, insegna il rispetto delle regole ed è un buon antidoto al bullismo. Anche qui si tratta di un’innovazione non da poco in termini di infrastrutture spesso completamente assenti e di tecnici specializzati. Certo è che non sarebbero investimenti sprecati. L’unica strada seria è guardare al modello statunitense ed istituzionalizzare seri e competitivi campionati studenteschi, magari in collaborazione con le stesse società sportive che potrebbero legare il loro nome a quello delle scuole vicine con un immediato ritorno in termini di praticanti.
Sarebbe già parecchio ma non siamo ancora paghi e ci permettiamo un ultimo umile suggerimento a quel che resterà dopo il congresso di Montecatini dei giovani socialisti (e quindi anche chi scrive) nelle più varie forme organizzati. Per una volta non parliamo di contenitori ed incarichi, forme organizzative e padrini veri e presunti. Per una volta non parliamo di quanto è giovane tizio, vecchio Caio, di chi è salito e chi è sceso dal carro del vincitore. Per una volta parliamo di qualcosa di concreto, parliamo di qualcosa di politico. Parliamo oggi di scuola, cosicché domani ne potremo parlare a scuola.
Pare brutto che sull’articolo di Tommaso ci siano infiniti commenti mentre su quello di Andrea non ce ne sia nemmeno uno.
Questo potrebbe essere un sintomo del fatto che a tutti (me compreso) piace discutere di “fantapolitica”, ma sono pochi quelli che si occupano dei problemi che la politica “vera” deve risolvere.
Sono completamente d’accordo con l’articolo di Andrea. Sull’ispirarsi al modello statunitense, nell’ambito sportivo nulla da eccepire; attenti però alla questione scuola pubblica-privata. Al modello USA si può trarre ispirazione anche per l’Università e per la ricerca in generale. Fondamentale è incentivare le imprese ad investire nella ricerca ad alti livelli, in modo da spezzare il binomio Ricerca = Università.
io le scuole private in Italia le abolirei tutte tranne rare perle bianche. Nella migliore delle ipotesi sono scuole più scadenti delle pubbliche, nella peggiore sono diplomifici a pagamento. Non è un fatto di anticlericalismo, almeno per me…
Purtroppo Ale siamo talmente abituati a non vedere risolto alcuno dei problemi di questo paese che si è portati a discettare maggiormente di formule politiciste…nei paesi dove il sistema politico è collaudato e funzionante, credo non succeda…