[Kosovo] Territori a “maggioranza sbagliata”
lunedì 24 marzo 2008 | Scritto da Redazione - 1.338 letture |
articolo di Elisa Benzoni
Possiamo continuare a ripetere che il bombardamento Nato (con il sostegno della risoluzione Onu) del 1999 contro la Serbia è stato un errore; possiamo continuare a parlare del fallimento della politica (in questo caso, attenzione, multilaterale) delle Nazioni Unite, della Nato e con loro dell’Europa; possiamo continuare ad analizzare e contestare il comportamento del governo D’Alema; e infine possiamo invocare a gran voce il Diritto internazionale. Ma a cosa serve tutto questo? A cosa serve, in una sorta coazione a ripetere, fare convegni su quello che avrebbe dovuto essere e non è stato?
O meglio: certe domande un senso lo hanno, nella definizione di errori e responsabilità, in un quadro però che è, e deve rimanere, tutto storico e d’analisi.
Diciamo questo perché, nonostante non fossimo allora particolarmente entusiasti dell’intervento bellico e delle relative modalità, non possiamo oggi non fare i conti con il presente continuando a formulare le teorie e le considerazioni di allora.
Ad oggi l’unica strada percorribile era quella percorsa: indipendenza per il Kosovo. Nessun’altra via era prospettabile; e non era altresì prospettabile neanche un nuovo aggiornamento a un futuro imprecisato della situazione. Oggi non si poteva che decidere e non si poteva che decidere per l’indipendenza del Kosovo.
Un’indipendenza certo di serie B e sottotutela: ma nei Balcani dove i simboli hanno significato che va ben oltre la realtà dei fatti, un’indipendenza simbolica è un’indipendenza nei fatti.
Avevamo evitato per anni di prendere una decisione nel merito, troppo complessa era la situazione e troppo paurosi gli scenari che potevano aprirsi. Ora è stata presa l’unica decisione che si poteva prendere. E ci dobbiamo certamente preparare all’eventualità, tutt’altro che remota, di incidenti, dimostrazioni, manifestazioni, attentati, prese di posizione internazionali. Mitrovica manifesta, la minoranza serba si sente in pericolo, Belgrado invoca il diritto internazionale, la Russia esprime la sua vicinanza alla Serbia (una vicinanza le cui motivazioni sono da ricercare non solo nella situazione “interna” all’ex Unione Sovietica, ma anche nel desiderio di confermarsi geopoliticamente e con forza nei Balcani). Questo è quello che è già cominciato ad avvenire.
Ad ora il problema serio, al di là dei timori, per un ipotetico effetto domino che coinvolgerebbe Vojvodina, Albania, Macedonia, Repubblica Sprska, sono le minoranze serbe su territorio kosovaro e le minoranze albanesi nella Valle di Presevo. Crediamo infatti che, più di un effetto domino generalizzato alla regione balcanica, siano possibili incidenti in queste due zone trovatesi intrappolate in territori a maggioranza etnica diversa e in situazione di vicinanza geografica all’etnia di appartenenza.
Insomma non sarebbe stato impossibile aggiungere la valle di Presevo al Kosovo, come non sarebbe stato impossibile sottrarre Mitrovica Nord dal Kosovo stesso. In questa possibilità reale sta il problema di queste due aree.
Se una logica di opportunità (che, in questo caso, rifiuta il principio) ci ha portato ad avallare l’indipendenza kosovara, una logica di opportunità avrebbe dovuto portarci a un esame serio delle possibilità di spartizione. Ma la spartizione è qualcosa che l’Occidente non accetta con facilità. La spartizione è il politicamente scorretto, è il deprecabile. Ci dimentichiamo che l’accordo di Dayton che ha garantito la fine del conflitto in Bosnia, è incontrovertibilmente accordo di spartizione, accordo che ha inevitabilmente portato all’esilio di molte popolazioni trovatesi nel territorio a “maggioranza sbagliata”.
Ora, non è dato sapere quali sviluppi prenderà la situazione a Mitrovica e a Presevo, ma è logico ipotizzare che in un Kosovo dove i serbi vivono in enclave protette dai militari, non sarà possibile garantire la sicurezza delle minoranze né la assertività delle stesse nei confronti della neonata nazione. Ed è altresì ipotizzabile che Presevo, terra di incidenti interetnici in questi ultimi anni, rivendichi la sua omogeneità etnica e geografica al territorio kosovaro.
Ecco queste due variabili erano quelle su cui realmente avremmo dovuto attivamente fare i conti.
Insomma potevamo sperare che Belgrado capisse o quantomeno prendesse una posizione un po’ meno netta, potevamo sperare che la Russia fosse in qualche modo un po’ più attenta anche alle logiche di opportunità che la situazione imponeva. Difficile certo, ma non impossibile. Mentre era francamente impossibile non considerare Mitrovica (e certo le altre minoranze serbe) e Presevo.
In questo quadro forse meritava un più attento ragionamento la possibilità di dividere le etnie e di rendere omogeneo etnicamente il territorio kosovaro.
Certo non è bello, certo non è un esempio fulgente, ma la logica dell’opportunità (la stessa logica, lo ripetiamo, che condusse a Dayton) proprio alla spartizione spingeva.
salvate la pace salvate il kosovo
L’affaire Kosovo è un bel nodo gordiano per la diplomazia occidentale. Certo, finchè l’Europa continuerà a mostrarsi così frammentata e divisa direi che soluzioni pertinenti ce le possiamo scordare.