Mi chiedo se il PD può arrivare al 40% – Intervista a Stefano Menichini
lunedì 4 febbraio 2008 | Scritto da Tommaso Ciuffoletti - 1.423 letture |
Stefano Menichini (Roma, 15 ottobre 1960) è un giornalista e scrittore italiano. Comincia a lavorare a il manifesto a 19 anni. Trascorrerà nella redazione del giornale comunista diciotto anni, iniziando come diffusore militante per passare a cronista politico, caposervizio, caporedattore centrale, editorialista.
Nel 1997 lascia il manifesto. Diventa capo, fino al 2000, dell’Ufficio per la comunicazione istituzionale del comune di Roma, durante la seconda giunta Rutelli. Dal 2000 al 2001 è consulente per la comunicazione e responsabile delle attività in rete della Presidenza del Consiglio (Governo Amato II).
Nel 2003, partecipa alla fondazione del quotidiano Europa, organo della Margherita, e ne diventa vicedirettore, con direttore Nino Rizzo Nervo. Quando quest’ultimo lascia per diventare consigliere d’amministrazione della Rai (2005), Menichini diventa direttore del quotidiano.
Ha scritto libri sulla nascita del movimento politico dei Verdi, sulle politiche economiche e sociali del governo Berlusconi e Quindici parole, con Francesco Rutelli.
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Innanzitutto grazie per la sua cortesia. Il solo aver risposto alla mail delirante che le ho spedito è conferma del suo coraggio. Questa intervista uscirà solo lunedì su web, al momento in cui le scrivo siamo al 30 di gennaio, quindi eviterò di chiederle previsioni che lunedì avranno già avuto esiti ufficiali.
Mi perdonerà quindi se salto direttamente alle urne, come tanto sembra desiderare Berlusconi. Secondo lei, se si voterà ad aprile o poco oltre, il Partito Democratico da solo può arrivare al 30%?
Mi chiedo se può arrivare al 40%, e non scherzo. Basta non fare errori.
Proprio solo soletto però, il PD non sarà. Secondo lei quali sono i possibili margini di alleanze elettorali? E scusi la curiosità, ma sarà proprio necessario “imbarcare” anche Di Pietro?
L’importante è che il simbolo del Pd e la sua proposta politica siano distinti da tutti gli altri. Su alcuni temi-chiave per rendere evidente la nuova fisionomia del Pd (sicurezza, opere pubbliche in-dis-pen-sa-bi-li), Di Pietro è un interlocutore più coerente di tanti altri.
Qual è il suo giudizio sul bipolarismo all’italiana? E quale ritiene possa essere la soluzione elettorale migliore per favorire un nuovo assetto del sistema politico?
Il bipolarismo degli ultimi 15 anni è stata una grande novità, poi una bella promessa, infine una brutta delusione. Un regime da caserma, dove chi parlava in libertà veniva richiamato all’ordine. Piacerebbe anche a me, come al Pd, un sistema elettorale a doppio turno di collegio, come in Francia.
In genere un partito ha a cuore un solo modello elettorale: quello migliore per sé. Il fatto che nel PD vi siano posizioni differenti in merito sembra la cartina di tornasole del fatto che vi siano prospettive diverse nell’intendere il ruolo futuro di questo partito. Quanti “partiti” ci sono dentro al PD?
Il Pd che piace a me è un partito unico, dove possano trovarsi a proprio agio persone che la pensano in modo diverso su alcuni temi, si confrontano, si contano, poi chi sta in minoranza accetta, aspettando di conquistare sulle proprie idee una maggioranza.
Siamo sinceri. Il PD non è un “compromesso storico bonsai”, ma non è nemmeno l’incontro fra liberali e socialdemocratici. La carenza di una cultura e di una pratica liberale come potrà essere colmata?
Ci penserà la dura realtà a colmare questo gap di cultura liberale, perché le ricette che risolvono tutto col solidarismo o con l’appiattimento falsamente egualitario vengono respinte da donne e uomini, soprattutto giovani, che pretendono di vedere riconosciuti i propri meriti.
Veltroni, comunista mai comunista e non fortunatissimo segretario del Pds, può apparire davvero come l’homo novus?
Homo novus: può apparirlo, anche se ovviamente non lo è. Ma chi lo è?
Dica la verità, le è dispiaciuto almeno un po’ che la Rosa nel Pugno abbia fatto la fine che ha fatto? Che prospettive vede oggi per i Radicali? Emma Bonino e Marco Pannella hanno tenuto fede al promesso giapponesismo prodiano, ma Pannella ha anche cercato di candidarsi alle primarie del PD ed oggi mi sembra (anche dall’istinto di conservazione, perdoni questa mia malizia che so lei non gradisce) “incuriosito” da Veltroni …
Non m’è dispiaciuto che sia finita male perché era un’aggregazione nata solo per riesumare un’identità ormai superata, al fine di… superare un quorum. I radicali soprattutto possono fare molto meglio di così, e spero ancora lo facciano nel Pd.
La Costituente socialista: virtù, limiti e quali prospettive … se ne vede …
Una cosa dell’altro secolo.
Dal Manifesto ad Europa. Dove si è divertito di più finora?
Al manifesto debbo tutto quello che so fare, e 18 anni di vita intensa e grandi esperienze. Con un po’ di divertimento, tanta tensione, troppo fumo di sigarette e alcune delusioni, soprattutto verso la fine. A Europa mi diverto di più, ma è troppo facile dirlo: sono il direttore, e facciamo quello che ci pare…
Probabilmente scrivo una castroneria, ma il suo giornale sembra aver ereditato il testimone del fu Riformista di Antonio Polito (che invero ci piaceva di più come direttore che come senatore). Intendo che la vostra voce sembra una delle più sinceramente liberali dell’intero centrosinistra. Lo accetta come complimento?
Lo accetto. L’unico limite di quel Riformista era un eccesso di trasversalismo fra i poli e talvolta la ricerca dello scandalo e della trasgressione fini a se stessi. Bel giornale e ottimo direttore, comunque.
Il suo giornale non manca di prendere posizioni nette, spesso anche coraggiose. Di recente lei ha scritto un editoriale di fuoco (che io con grande “scandalo” di tanti amici e compagni condivido in pieno) intitolato “Il giorno nero in cui muore la laicità”, riferito al caso del mancato intervento del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico della Sapienza. “Quanti difensori della laicità hanno perso la patente per parlare di libertà di pensiero, di parola, d’insegnamento?”, si chiedeva in quell’editoriale. Io le chiedo: a che serve essere laici se non si è liberali? E se si ha la sfiga di essere naturalmente laici perché liberali basta dire né con Cini, né con Ruini?
La laicità nella quale credo io non ha paura di niente, tanto meno di ascoltare il Papa e interrogarsi se per caso non dice anche cose autentiche, profonde e vere sulla società contemporanea, come per esempio che la scienza non può essere un totem intoccabile, una religione assoluta. A me tra l’altro, che la scienza potesse essere contestata l’hanno insegnato proprio quelli come Cini, ed era il meglio delle posizioni della sinistra critica.
Lei è giovane. O meglio, lei è UN giovane, secondo i patrii standard. Per questo non l’abbiamo inserita nel nostro sondaggione sugli intellettuali nella categoria “direttori”, ma suppongo che sopravvivrà al dispiacere. Lei fra quelli in lizza chi voterebbe? (Bordin, Ferrara, Scalfari, Mieli, Sansonetti, Mentana, Feltri)
Lei si definirebbe UN intellettuale?
Voto Ferrara, a patto di poterlo stangare ogni volta che posso. Tecnicamente, ahimé, temo di essere un intellettuale, nel senso che mi guadagno la pagnotta con le idee e una professione più o meno creativa. Un intellettuale neanche laureato, però: ho cominciato a lavorare a 20 anni, ed è andata subito troppo bene perché rimanesse la voglia di faticare sui libri. Non me ne vanto, anzi ne ho sofferto parecchio.
La ringrazio sinceramente … ah! solo un’ultima cosa: quando lo licenziate Adinolfi?
Adinolfi non si tocca. Basta misurarsi con lui e non con il suo Ego.
l’ultimo sondaggio dice che se vanno da soli prendono il 62%…
Io gliel’ho scritto in risposta: troppo buono con i Radicali, troppo cattivo con i socialisti.
O meglio. Se uno ha in mente il socialismo in un’ottica post-marxista, allora ha ragione. Ma se uno ha in mente il socialismo in un’ottica solo post-marxista allora dovrebbe ricercare le radici del socialismo liberale dei Rosselli … giusto per fare un cognome. I Rosselli sono del secolo scorso? Sì … anche il New Labour lo è.
Quanto a Di Pietro, mi pare che la sua immagine non sia tanto quella del decisionista infrastrutturale, ma del giustizialista che ancora ricordo in maniche di camicia a condannare, in veste di PM, un decreto legge. Non nascondiamoci dietro un dito!
…insomma w il trasformismo!
No, trasformismo (a parte i connotati storici della parola, che sono molto precisi) è quando si cambia per convenienza.
Poi c’è il “dimaleinpeggismo”, che è quando si cambia, ma forse era meglio non cambiare.
Poi c’è l'”eralorismo” che è quando si cambia perchè era veramente l’ora!
il pd è un chiarissimo caso di “dimaleinpeggismo” ma tanto tra dieci anni quando cambieranno nuovamente nome (per esempio in DP democratic party o democrazia proletaria, per riscopire le origini) lo diranno anche loro…nel frattempo noi però dobbiamo costruire l’alternativa…
Esagerato. Il sommo padre però, oggi in una lettera al Corriere interviene in mio (ovviamente inintenzionale) soccorso:
Il socialismo liberale
Caro Romano, mi riferisco alla risposta sull’ircocervo di crociana memoria. Il socialismo liberale, cioè quello di cui parlava e scriveva Carlo Rosselli, non andrebbe confuso con il liberalsocialismo. In un libro che ho dedicato al pensiero politico di Rosselli (“Contro lo statalismo. Il socialismo federalista liberale di Carlo Rosselli”, Manduria, Lacaita, 1999) metto in evidenza ciò che di nuovo l’antifascista fiorentino proponeva rispetto alla socialdemocrazia. Rosselli si richiamava esplicitamente a Bernstein, e accentuava la critica la marxismo, anche sulla scorta del pensiero di De Man. Ma l’elemento più originale che proponeva era la critica allo statalismo di cui il comunismo e il fascismo rappresentavano le forme più alte e totalitarie. L’originalità del socialismo liberale sta nella piena fiducia nel metodo liberale, nella valorizzazione delle forme aggregative dal basso e nella critica all’interventismo dello Stato in materia economica e sociale. Non vorrei fare il pedante, ma la parte più avanzata del socialismo contemporaneo in Inghilterra come in Francia, sebbene il socialismo francese sia alquanto arcaico, si muove in questa direzione.
Zeffiro Ciuffoletti, | ciuffolettirisorgimento@hotmail.com
io forse sono esagerato, però accetto scommesse…in ogni caso quando il PD scoprirà rosselli ti offrirò una cena…
Se il PD scoprirà Rosselli cambierà il nome in PSI!!!
Grande il Prof.Ciuffoletti quando definisce il socialismo francese arcaico…
Menichini è veramente di un’arroganza imponderabile. Ma crede che il progetto del PD sia così innovativo, al di là di quello che si può far credere agli elettori ? E’ un partito liberale di centro, mica una nuova e innovativa idea di Mondo. Anzi, non ce l’ha proprio un’idea di Mondo, di società, di qualunque cosa. Ostenta “pragmatismo” quando in realtà usa cinismo.
No dai Manfrè, arroganza imponderabile no! A parte che ha risposto con grande cortesia ad una mail realmente delirante in cui gli chiedevo questa intervista.
Io del merito di molte questioni do una lettura molto vicina a quella che trovo negli articoli di Menichini e di alcune pagine di Europa.
C’è però una cosa che non mi nascondo. Quando capita di confrontarsi con tanti amici liberali o “liberal”, come gli piace definirsi, del PD mi accorgo che la sensibilità nel leggere di alcuni fenomeni politici non è perfettamente sovrapponibile alla mia.
Io credo sia dovuto al fatto che da sempre ho inteso il dirsi “socialista” inscindibile dal dirsi “liberale”. L’una parola non può andare senza l’altra, per quel che mi riguarda. Socialismo per me non è Marx, o Pci, o vecchio Psi.
Dico di più, sono proprio un socialista antiquato io! Per me vale ancora l’idea che il fine è niente … anzi, il fine non esiste! Esiste solo il movimento!
indubbiamente ai liberali/liberal del pd, e prima di ds e margherita è sempre mancato, per l’appunto, il socialismo. Ma anche in fatto di liberalismo, beh, gli effetti pratici delle loro politiche non sono stati un pò scarsini negli ultimi 15 anni?
Cmq rimango dell’idea che il problema principale del PD è di puntare al bipartitismo. E’ quasi ovvio e naturale che se i partiti sono solo due, le loro identità politico-culturali siano più sfumate e le politiche le facciano gli uomini che li rappresentano nelle date circostanze. Dunque il problema non è tanto l’assenza di identità del PD, almeno fino a quando questo ricerca l’assetto bipartititico. Io ce l’ho invece a morte col sistema bipartitico in quanto tale!questo infatti si deve reggere su una competizione reale per la leadership dei partiti per poter preservare il diritto di scelta dell’elettore. Questo in America sono le primarie durissime che stiamo osservando. Ma in Italia sono le primarie farlocche del 14 ottobre. E se nel PD almeno fanno finta di farle, nel centrodestra la situazione è tragica. Vogliamo puntellare il bipartitismo all’italiana con quel partito a vocazione dittatoriale che è FI?dov’è a destra la competizione per la leadership?dove va a finire la democrazia italiana in questo modo?piddini vi prego pensateci prima di andare appresso a Walter…
Sarà che io son pessimista per natura, ma tutta questa spocchia da 40% rischia di finire male secondo me …
Il PD alle prossime elezioni è grasso che cola se prenderà il 30%…fidateve de Zio Fabio…
A me ciò che infastidisce moltissimo dei liberal del PD è la loro storia: quasi tutti provenienti dall’ultrasinistra comunista, ci hanno berciato dietro per anni che eravamo manutengoli socialfascisti del Capitale…e poi ci scavalcano a destra, dandoci degli “antiquati” e facendosi promotori di un reaganismo ben poco credibile. E’ un sentimento comunque che estendo anche più in là del PD, a gente come Marcenaro o Bondi di FI.
Non mi dà fastidio il cambiare idea, in politica: cribbio, io stesso ero a favore della guerra in Iraq quando avevo 15 anni. Quello che mi dà fastidio è il volersi mettere in cattedra e puntare il ditino, quando non si conosce nemmeno l’ABC del liberalismo. E sopratutto, non digerisco il rinnegare ciò che si è stati: si dovrebbe essere orgogliosi del proprio percorso personale, anche se ci si converte sulla via di Damasco. Ogni riferimento alle “ricette superate dalla natura umana perchè non prendono in considerazione il merito” (e le liste bloccate ? e gli ordini professionali qualcuno li ha toccati ? ) di Menichini del Manifesto e al “non sono mai stato comunista” del dirigente trentennale del PCI Uolter Ueltroni è puramente voluto 😉
No, non è così. La storia di molti di loro è quella dei miglioristi del PCI. Non ti confondere Manfredi!
Il gruppo che si è trovato intorno a LibertàEGUALE (da cui veniamo sia io che Lanfranco) era ed è composto in buona parte da ex-miglioristi del Pci, gente come Macaluso, Ranieri, Morando … non mi risulta che nessuno di loro venisse dall’ultrasinistra.
Sono gli stessi amici che spero sapranno rinnovare davvero il Pd.
Argh, si è persa una “i” in fondo a liberal- ! 😀 Morando è una persona degnissima, e conosco bene il meritorio lavoro culturale e politico di Libertà Eguale. Mi riferivo ai presunti “liberali” del PD, quali appunto Menichini, quelli che una volta ci davano lezioni di lotta al capitalismo imperialista di cui ora sono appassionati (e spesso corporativi e monopolistici) cantori. Gente alla Rutelli, per intenderci 😉
Mitico Francesco! Rutellone ci dava lezioni “arrembanti” (potrei raccontare un giorno di mitiche scene che lo avevano per protagonista ai tempi radicali) di antivaticanismo.
Ci si optrebbe fare un video elettorale 😀
Una cosa tipo “Siamo d’accordo, ma non finiremo così” con chiusura in dissolvenza sul duo Ruini Montezemolo ghghghgh